Don Ciotti alle Coop: «Cacciamo i ladri»

Don Ciotti alle Coop: «Cacciamo i ladri»

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«Cac­ciare i diso­ne­sti, i furbi e i ladri». Arriva da don Ciotti l’invito più diretto e sen­tito al mondo della coo­pe­ra­zione scosso dallo scan­dalo di mafia-capitale nel primo giorno del 39esimo con­gresso nazio­nale di Legac­cop. Orfana del men­tore Giu­liano Poletti, il mondo delle coo­pe­ra­tive rosse si ritrova all’Auditorium di Roma in bilico fra rimo­zione e presa di coscienza della sua per­duta ver­gi­nità e delle sue ori­gini mutualistiche.

Già nella rela­zione del pre­si­dente — e unico can­di­dato — Mauro Lusetti l’argomento aveva tro­vato largo spa­zio. «Noi siamo per­sone per bene, ma la nostra fidu­cia può essere stata tra­dita. La vicenda di Roma ci ha pro­cu­rato rab­bia e scon­certo, ci ha ferito pro­fon­da­mente per­ché sap­piamo di essere altro. Rifiu­tiamo con forza le vol­gari gene­ra­liz­za­zioni e le stru­men­ta­liz­za­zioni che sono state fatte da avver­sari e pre­sunti amici», sot­to­li­nea Lusetti in rispo­sta alla pro­vo­ca­zione di Mau­ri­zio Gasparri che ieri ha «decli­nato l’invito a par­te­ci­pare al con­gresso per evi­tare di finire foto­gra­fato con gente tipo Buzzi», in rife­ri­mento all’immagine che ritrae il mini­stro Poletti con il “boss” della coop 29 giu­gno, affi­liata a Legacoop.

«Potremmo dire che sono epi­sodi iso­lati o mariuoli — ha ripreso Lusetti citando Craxi su Mario Chiesa — ma non lo fac­ciamo. Accet­tiamo il con­fronto per capire dove miglio­rare». Qua però arriva una distin­zione impor­tante a difesa delle dimen­sioni delle coo­pe­ra­tive ade­renti a Lega­coop: «Riba­diamo con forza però che il discri­mine è tra one­sti e diso­ne­sti e non tra grandi e pic­cole coo­pe­ra­tive, tra coo­pe­ra­tive sociali o società pub­bli­che. Il discri­mine è tra chi delin­que e chi no. Abbiamo la coscienza a posto, ma nes­suno può sen­tirsi immune. Dob­biamo alzare la guar­dia, miglio­rare l’azione di con­tra­sto alle ille­ga­lità per­ché viviamo in uno dei paesi più cor­rotti d’Europa».

Al riguardo della coo­pe­ra­tive 29 giu­gno gui­data da Buzzi, Lusetti riven­dica di aver «espulso chi ha tra­dito la fidu­cia, resti­tuito i con­tri­buti frutto di atti­vità ille­cite, costi­tuiti parte civile, preso con­tatto con il com­mis­sa­rio per sal­va­guar­dare occu­pa­zione e con­ti­nuità azien­dale, avviato una fase di rin­no­va­mento di Lega­coop Lazio».

Parole apprez­zate da don Luigi Ciotti, salito sul palco subito dopo. La sua Libera è infatti essa stessa una pic­cola Lega­coop — «coor­di­niamo 1.600 aziende e in que­sti anni come voi abbiamo dovuto inter­ve­nire, vigi­lare e avere il corag­gio di fare scelte sco­mode: non può essere la magi­stra­tura a chie­derci conto, dob­biamo sco­prirlo prima noi» — e «assieme a voi abbiamo costruito Libera Terra che gesti­sce le terre con­fi­scate alle mafie pro­du­cendo agri­col­tura di qua­lità». Il suo sen­tito appello è stato dun­que «a sce­gliere la lega­lità non solo con la bocca, a non pra­ti­carla solo all’accorrenza, a non essere mal­lea­bili per­ché i diritti non pos­sono essere sosti­tuiti dai favori», «le mafie vivono fra noi e il pro­blema è anche in chi vede e lascia fare».

La medi­cina pro­po­sta da don Ciotti per affron­tare la «dif­fi­cile situa­zione» è «la cul­tura della respon­sa­bi­lità, darci da fare tutti insieme per gene­rare voglia di cam­bia­mento per­ché la riforma più impor­tante è l’autoriforma delle nostre coscienze». Poi arriva l’applauso più forte, quello alla cita­zione di Enrico Ber­li­guer sulla «que­stione morale che è il cen­tro del pro­blema ita­liano». Ma il “don” è guar­dingo e non manca di sot­to­li­neare: «Sì, applau­dite, ma non dimenticatelo».

E all’idea di «un codice coo­pe­ra­tivo» come impresa del nuovo mil­le­nio», Don Ciotti risponde dicendo che «l’etica non è solo scrit­tura di codici, ma non fare mai com­pro­messi, anche quelli più pic­coli». La chiu­sura è tutto un richiamo «alle radici, all’identità, al dna che dopo 170 anni di mutua­li­smo deve essere un punto di fermezza».

Pas­sando ai temi di attua­lità poli­tica, la rela­zione di Lusetti — che ha dun­que che­tato le vec­chie pole­mi­che fra emi­liani e toscani, e le nuove tra mode­nesi (fra cui lui) e la vec­chia guar­dia bolo­gnese — non ha rispar­miato cri­ti­che al governo. Pur dando un giu­di­zio posi­tivo del Jobs act, Lusetti non ha man­cato di rimar­care come «inter­ve­nire ancora sulla fles­si­bi­lità in uscita non sia prio­ri­ta­rio e rischi di incri­nare inu­til­mente i rap­porti con le parti sociali».

L’altra stoc­cata — che ha pro­vo­cato i con­vinti applausi di Susanna Camusso, pre­sente in prima fila — ha riguar­dato la neces­sità di «rein­tro­durre il reato di falso in bilan­cio». L’ultima parte della rela­zione è stata tutta dedi­cata all’orizzonte dell’Alleanza con Con­f­coo­pe­ra­tive — il com­pro­messo sto­rico delle coop, «distin­guerle fra rosse e bian­che è ormai una desci­zione anti­sto­rica» — e le altre cen­trali. Lusetti chiede di acce­le­rare per rispet­tare la sca­denza del «primo gen­naio 2017».

La varie­gata pla­tea applaude con­vinta. Oggi e domani arri­vano i mini­stri — Poletti com­preso — vedremo se il tono cambierà.



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