«L’evacuazione non è riuscita» Gli errori dell’equipaggio nell’atto d’accusa della Procura

by redazione | 31 Dicembre 2014 9:49

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ROMA Ritardi, omissioni, negligenze: con il trascorrere delle ore il naufragio del Norman Atlantic assume sempre più i contorni di una tragedia che poteva essere evitata, almeno per quanto riguarda il numero delle vittime. La conferma emerge dal decreto di sequestro firmato dai magistrati di Bari che ieri hanno disposto il trasferimento del relitto nel porto di Brindisi mentre era già in viaggio verso Valona, in Albania, trainato dai mezzi di un’impresa contattata dall’armatore Carlo Visentini, indagato assieme al comandante. Il provvedimento evidenzia proprio le carenze che ci sarebbero state al momento di far scattare l’allarme per mettere in salvo i passeggeri. E poi la necessità di verificare il corretto funzionamento dei dispositivi che, almeno secondo quanto testimoniato da chi era a bordo, in parte non hanno funzionato.
Il decreto dei pm
Nell’atto notificato alla Visemar viene sottolineata l’urgenza di avere a disposizione il relitto «per ricostruire l’esatta dinamica dell’incendio e dell’evacuazione non riuscita secondo quanto doveva essere previsto». È il passaggio chiave che rende espliciti i dubbi degli inquirenti sulla gestione delle fasi più delicate: il rogo e l’assistenza alle persone.
Non a caso nel decreto si parla esplicitamente delle verifiche da effettuare sulle dotazioni di bordo. Oltre ai sistemi di sicurezza, bisognerà infatti stabilire come mai non si sia riusciti a calare una parte delle scialuppe ritardando così di molte ore l’abbandono della nave e mettendo a rischio la vita delle persone o addirittura provocando la morte di alcuni.
L’allarme e il May Day
La scansione degli orari rappresenta la chiave per capire che cosa è accaduto. Un aiuto potrà arrivare da fotografie e filmati archiviati nei telefonini dei passeggeri con la registrazione dell’ora in cui sono stati effettuati. Al momento si sa che l’incendio è divampato nel garage alle 4.30 di domenica, circa dodici ore prima dell’arrivo previsto nel porto di Ancona. Dopo poco il comandante Argilio Giacomazzi ha lanciato il May Day.
Numerosi passeggeri già interrogati hanno raccontato di non aver sentito alcuna sirena. Qualcuno ha sostenuto di essere rimasto in cabina addirittura fino alle 5.20 prima di essere svegliato dal trambusto e dal fumo che a quel punto saliva dal garage. E questo avvalora l’ipotesi che l’allarme sia scattato in ritardo, pregiudicando per molti la possibilità di mettersi in salvo.
Mezzi e passeggeri
Secondo la lista ufficiale a bordo del Norman Atlantic c’erano 128 camion, di cui almeno quattro pieni di olii, 90 auto, 2 autobus e una moto. Ma si tratta appunto di quanto registrato al momento dell’imbarco, è possibile che i mezzi fossero di più. La perizia già disposta dai magistrati dovrà stabilire se il peso del carico fosse adeguato, ma soprattutto se è vero — come raccontato da alcuni passeggeri — che il tetto di alcuni camion sfiorava il soffitto del garage e con il movimento causato dal mare in tempesta, lo sfregamento tra le due superfici potrebbe aver causato le scintille all’origine del rogo.
Su questo tutte le ipotesi rimangono aperte, compresa quella dell’incendio scatenato involontariamente da uno dei clandestini nascosti proprio nella stiva.
Nel decreto si parla di «dotazioni di bordo» e nell’elenco sono comprese le scialuppe che non hanno funzionato, impedendo a numerosi passeggeri di mettersi subito in salvo.
Ma anche delle verifiche da effettuare sull’impianto antincendio, visto che le fiamme si sono propagate velocemente dal garage fino ai ponti superiori e nel giro di pochissimo tempo il traghetto è diventato rovente e ingovernabile.
Il team legale
Una famiglia di tre persone sopravvissute alla tragedia ha deciso di presentare una denuncia affidandosi al team di legali che già assistono un gruppo di circa cento naufraghi della Costa Concordia. L’esposto sarà depositato nelle prossime ore e, come anticipa l’avvocato Alessandra Guarini, «chiederà la verifica delle dotazioni di bordo e della funzionalità di tutti i sistemi di sicurezza, ma riguarderà anche l’attività del Rina, il registro navale italiano».
Aggiunge il legale: «Come abbiamo già segnalato alla magistratura di Grosseto sarebbe opportuno mettere fine a questo mercato delle certificazioni a scapito dell’incolumità dei passeggeri. Le ispezioni in realtà sono una farsa, anche di fronte a palesi violazioni le imbarcazioni non vengono fermate. E di fronte a ogni naufragio torniamo a interrogarci su come vengano effettuati i controlli».
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