Manovra nel caos al Senato

by redazione | 20 Dicembre 2014 7:43

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ROMA Con ventiquattr’ore esatte di ritardo, segnate dalle continue proteste dell’opposizione in Aula, con Forza Italia che lascia i lavori ed invita le altre opposizioni a fare altrettanto, il governo ha presentato ieri sera in Senato il maxiemendamento «interamente sostitutivo» della legge di Stabilità, sul quale il ministro Maria Elena Boschi ha subito chiesto la fiducia, le cui votazioni sono iniziate alle due di notte.
Il testo del governo, accolto in Senato dalle urla della Lega Nord, di Sel e del M5S, con il presidente Pietro Grasso a richiamare l’ordine con un perentorio «la ricreazione è finita» che ha innescato altre bagarre , conferma le principali modifiche concordate dai gruppi politici in commissione Bilancio, ma non tutte. «Il governo accetta e si scusa per gli errori commessi anche nella relazione tecnica ma abbiamo cercato di rendere più leggibile il testo» spiega il viceministro dell’Economia, Enrico Morando. Dal maxi emendamento sono saltate alcune norme «marchetta», come le avevano definite i cinque stelle e ieri lo stesso Renzi.
Nel testo, che arriverà in Aula alla Camera per l’approvazione definitiva e senza ulteriori modifiche entro il 23 dicembre, sono dunque confermati il congelamento della Tasi per il 2015, che non potrà salire oltre il 2,5 per mille, e del Canone Rai, il credito d’imposta del 10% sull’Irap per i lavoratori autonomi che non hanno dipendenti, e che dovrebbe riguardare quasi un milione e mezzo di piccole partite Iva. Il testo su cui il governo ha posto la fiducia alleggerisce, ma solo parzialmente l’aggravio della tassazione sui rendimenti dei fondi pensione, portata dall’11,5 al 20%. Per quelli che investono in economia reale è previsto un credito d’imposta del 9%, che viene ridotto al 6% per i medesimi investimenti delle casse previdenziali professionali.
Il pacchetto messo a punto dal governo, la cui presentazione è slittata nel corso della giornata almeno cinque volte, complicando anche l’iter della riforma elettorale, interviene anche sul personale delle Province, che da giorni, temendo tagli selvaggi, sta occupando sedi in mezza Italia. Per le Province montane e di confine il taglio del personale sarà del 30 e non del 50%. Per due anni i dipendenti delle Province manterranno il posto di lavoro e scatterà il ricollocamento in altre amministrazioni. Solo dal 2017, per chi non avrà trovato un posto, partirà la mobilità, con l’80% dello stipendio.
Il sottosegretario alla Presidenza, Graziano Delrio, ha spiegato che «il personale delle Province non rimarrà per strada, ma verrà riassorbito con il blocco di tutte le assunzioni in tutte le amministrazioni dello Stato».
Tra le misure che erano state concordate in commissione Bilancio, ma che poi non sono state approvate formalmente (il lavoro della commissione si è chiuso, per motivi di tempo, senza mandato al relatore), ci sono quelle per incentivare il disboscamento delle partecipate degli enti locali, con l’obbligo di chiudere entro il 2015 quelle che hanno più amministratori che dipendenti, quelle non indispensabili alle finalità istituzionali e i «doppioni», la cessione della rete elettrica delle Fs a Terna e la riduzione dei tagli a carico dei patronati, che scendono a 35 milioni nel 2015. C’è anche la costituzione del registro nazionale dei donatori, che di fatto consente l’avvio della fecondazione eterologa nelle strutture pubbliche italiane.
Nel maxiemendamento sono confermate misure come l’aumento dell’Iva sul pellet da riscaldamento, l’esclusione dell’Expo dall’obbligo delle gare Consip, il finanziamento ad Italia Lavoro, di cui il M5S chiedeva la cancellazione. Ma mancherebbero alcune norme concordate a livello politico. E sarebbe in assoluto la prima volta.
Mario Sensini
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