Quel patto di sangue tra il Rosso e il Nero “I miei soldi sono i tuoi”

by redazione | 5 Dicembre 2014 9:40

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ROMA . Per arrivare al cuore del Mondo di Mezzo , illuminarne le complicità e pesarne gli interessi, conviene sapere cosa dica di Massimo Carminati il cassiere e Grande Elemosiniere di Mafia Capitale, Salvatore Buzzi, in una delle sue tante confidenze catturate dalle cimici del Ros dei carabinieri nel marzo dello scorso anno. «Il rapporto che c’ho con Massimo? Io c’ho i soldi suoi. E lui sai cosa m’ha detto quando c’aveva paura che l’arrestavano? Viene da me e dice “Guarda, qualunque cosa succede, i soldi ce l’hai te, li tieni te e li gestisci te. Non li devi da’ a nessuno, a chiunque venisse qui da te. Nemmeno mia moglie”. Non so’ soddisfazioni?». E ancora: «Massimo si fida al punto tale di me che se io muoio, neanche viene a chiederli i soldi. E se muore lui, già me l’ha detto che devo fare».
Massimo Carminati e Salvatore Buzzi sono dunque la stessa cosa. Non fosse altro perché “il Cecato”, invecchiando, ha ormai una sola ossessione: il grano. Quello che muove e anima gli ingranaggi del suo Mondo tripartito — di Sopra, di Mezzo e di Sotto — e che Buzzi gli porta. A palate. Il tipo è capace di moltiplicare i pani e i pesci e ha messo insieme un giocattolo da stropicciarsi gli occhi. Un castello di 68 società controllate, con complessi incroci azionari, da due holding: la “Cooperativa 29 giugno” e la “Sarim Immobiliare srl”. Una roba che, solo tra il 2011 e il 2013, vede salire il fatturato da 32,6 a 50,9 milioni di euro. Con punte di “eccellenza” come la “Eriches” che, nello stesso periodo, moltiplica del mille e cinquecento per cento le entrate: da 1 a 15 milioni di euro. Una giostra che gira a pieno regime grazie anche alle “cure” del braccio destro di Buzzi, tale Carlo Maria Guarany, vicepresidente della Cooperativa 29 giugno e azionista all’1% della “Sarim”, la società da cui, per altro, partiranno parte dei 75 mila euro versati alla fondazione Nuova Italia di Gianni Alemanno in concomitanza con l’assegnazione di lucrose commesse. Un tipo, questo Guarany, per il quale il gip Flavia Costantini spende, nelle pagine della sua ordinanza di custodia cautelare, la certezza dell’indicativo: «È stabilmente inserito nell’associazione a delinquere di stampo mafioso e partecipa consapevolmente alla commissione dei reati», tanto da preoccuparsi di attivare il jammer che dovrebbe rendere impossibile alle cimici ascoltare le “riunioni di lavoro” che Carminati, Buzzi e, appunto Guarany, apparecchiano negli uffici della “Cooperativa 29 giugno” in via Pomona.
I LEGAMI CON FINMECCANICA
Sappiamo bene ormai quale sia il segreto di tanta fortuna imprenditoriale e di tanto ascolto in Campidoglio. Ma c’è qualcosa di più. Perché, aprendo le scatole della galassia societaria di Buzzi, non si rintraccia solo la linfa degli affari, ma, innanzitutto, la storia di Carminati e il peso del suo sistema di relazioni e interessi. Con qualche nome più importante e curioso di altri. Accade per esempio che, sfogliando la margherita delle compartecipazioni della holding “Sarim”, si inciampi nelle figlie dell’ex capo delle Relazioni istituzionali di Finmeccanica, Lorenzo Borgogni, già perno del “Sistema Guarguaglini” e oggi “in esecuzione pena” nei cinque ettari della sua tenuta “la Madonna nera”, in quel di Siena. Attraverso la società “Total Care”, Salvatore Buzzi, risulta infatti socio della Renco Health Care in cui, appunto, figurano al 5% del capitale Elisabetta e Benedetta Borgogni. Renco Health Care che — vale la pena ricordare — fa capolino nell’inchiesta sui fondi neri e la corruzione di Finmeccanica per gli appalti pilotati della società Selex, già guidata da Marina Grossi, moglie dell’ex ad Guarguaglini.
LA SORELLA DI MOKBEL
“Un caso”, si potrebbe dire. E invece, ecco che spunta in un diverso angolo della ragnatela societaria di Buzzi un secondo cognome del coté Finmeccanica e dei suoi rapporti con il mondo dei Neri, di cui il “facilitatore” e collezionista di mirabilie naziste Lorenzo Cola era il passepartout. Parliamo di un altro fascista con i fiocchi: Mokbel. Gennaro, si intende (unico sopravvissuto alla tempesta giudiziaria di martedì scorso, ma già travolto dall’indagine sulla frode carosello da 1 miliardo e 200 milioni di euro conosciuta come caso Telekom Sparkle-Fastweb e da quella del caso Digint-Finmeccanica). Ma non da solo. È di sua sorella Lucia, infatti, la società “Luoghi del Tempo”, una srl partecipata dalla “Cooperativa 29 giugno” e a sua volta azionista e proprietaria del 25% della Rogest, altro ingranaggio societario chiave della galassia 29 Giugno. La “Luoghi del Tempo” ha un particolare interesse. Perché è qui che finiscono i 16 milioni di euro ottenuti dalla “Banca di Credito Cooperativo” per la gestione di un punto verde a Roma. Un finanziamento che la Mokbel non ha mai restituito e per il quale ha risposto in solido e con la propria cassa il Comune di Roma.
L’UOMO DELLA PALESTRA
Le coincidenze Nere non finiscono qui. Lasciando per un momento da parte infatti la galassia di Buzzi, ma continuando a tirare il filo di Mokbel e quello delle società coinvolte nell’affare Telecom Sparkle, si finisce infatti di nuovo al nostro Carminati. Il proprietario di una delle società coinvolte nella truffa carosello (I-Globe) è infatti tale Manlio Denaro. Un manager, si dirà. Quantomeno un commercialista. No. Un personal trainer. Che, per un periodo, gestisce la palestra “Flex Appeal” di via Marco Besso, una stradina che ci riporta nel cuore della Terra del “Cecato”: Corso Francia. In quella palestra, infatti, si ritrovano dopo anni di galera Carminati e Riccardo Brugia. E in quella palestra nasce il loro nuovo patto. “Pijiamose Roma”.
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