Renzi irritato prepara la controffensiva Delrio: è il surplus tedesco a frenare l’Ue

Renzi irritato prepara la controffensiva Delrio: è il surplus tedesco a frenare l’Ue

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ROMA A una decina di giorni dal Consiglio europeo di Bruxelles in cui Matteo Renzi intende tornare a battere sul tasto della flessibilità e della crescita, il presidente del Consiglio preferisce non alimentare una polemica diretta con Angela Merkel. A Bruxelles il premier vuole anche sottolineare a Juncker che il suo «piano» è sì un «passo avanti», ma non è ancora «sufficiente»: «È al di sotto delle nostre aspettative».
E dato che queste sono le sue intenzioni, meglio evitare lo scontro diretto con la potente Germania. Anche se è chiaro che Renzi ha mal digerito le parole di Merkel al Die Welt . «Io chiedo e pretendo rispetto per l’Italia — si è sfogato con i fedelissimi — anche perché ho sempre rispettato gli altri. Del resto, anche la Germania ha i suoi problemi, tant’è vero che l’Europa l’ha già invitata con specifiche raccomandazioni a ridurre i propri squilibri macroeconomici. E poi dovrebbero ricordare che se non ci fosse stata la flessibilità la prima a saltare sarebbe stata la Germania dell’unificazione».
Comunque, niente polemiche ufficiali in prima persona. Perciò la replica viene affidata dal premier al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, che in un’intervista al Tg1 invita la Cancelliera a guardare in casa propria prima di dare lezioni agli altri. «Qui — osserva il rappresentante del governo — non c’è nessuno che dà compiti e nessuno che li esegue. Piuttosto, l’eccesso di surplus della Germania crea problemi che frenano gli altri Paesi. Ognuno metta ordine a casa propria prima di giudicare. Quanto alla nostra crescita è timida per i vincoli di austerità». Qualche ora prima c’era stata anche la replica del sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi: «Non sta ai capi di governo interpretare le opinioni della Commissione europea. Il governo italiano non si è mai permesso di dare pagelle su un Paese membro dell’Unione e chiediamo lo stesso rispetto. I tempi e la logica sbagliata dei “compiti a casa” sono dietro di noi».
Già, perché è questo un altro aspetto delle dichiarazioni di Merkel che Renzi ha mal sopportato: «Non siamo degli scolaretti a cui bisogna sempre impartire lezioni», ha sottolineato ai collaboratori e quindi ha aggiunto: «Bisogna che tutti capiscano che a questo punto l’unica vera priorità è quella di cambiare la politica economica europea. La questione della crescita è un punto fondamentale su cui non insistiamo solo noi, come si è visto al G20 in Australia. Se ci dobbiamo attenere solo alla rigidità dei numeri e delle regole, allora tanto vale che smettiamo di fare politica e lasciamo l’Europa in mano ai tecnocrati».
Ma Renzi sa anche che «per chiedere flessibilità bisogna essere credibili». E perciò occorre accelerare al massimo sui decreti attuativi del Jobs act. Il primo, quello sulle tutele crescenti, il governo intende vararlo entro pochi giorni, sperando che il Parlamento sia poi altrettanto veloce nel licenziarlo, dando il suo parere, in modo che possa entrare già in vigore dal primo gennaio. Poi si andrà avanti con gli altri.
Ma ci sono due punti sui quali il presidente del Consiglio è d’accordo con la Germania, o meglio, con le richieste degli imprenditori tedeschi. Ossia sulla necessità di accelerare al massimo i tempi della giustizia civile e di smantellare la mastodontica burocrazia italiana. Due ostacoli che rendono difficile alle imprese straniere (ma pure a quelle italiane) lavorare nel nostro Paese. Questa è, e non da ora, anche la convinzione di Matteo Renzi.
Maria Teresa Meli



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