Russia in ginocchio per l’incubo del rublo Borsa di Mosca giù del 19%, file alle banche

Russia in ginocchio per l’incubo del rublo Borsa di Mosca giù del 19%, file alle banche

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MOSCA . I primi segnali del panico li vedi nella miriade di cambiavalute che tappezzano le città russe di insegne luminose con le quotazioni del rublo rispetto a euro e dollaro. I tabelloni a 4 cifre non bastano più, qualcuno ne ha già ordinati di nuovi a cinque. Ieri la moneta nazionale è arrivata a oltre 100 rubli per un euro prima di attestarsi a 97,02 e risalire ancora in serata fino a 84,55. Numeri che comunque fanno paura se si pensa che solo ai primi di settembre il cambio si aggirava sui 40 a 1. Risparmi e stipendi sono dunque crollati e i russi cominciano a rivivere l’incubo del 1998, l’anno del default, il punto più basso sul piano economico e sociale della breve storia della Russia post- comunista. La paura dilaga e, per la prima volta, anche lo Stato entra in confusione, intrappolato in una congiuntura diabolica che mette insieme le sanzioni economiche di Stati Uniti e Ue e il calo inesorabile del prezzo del petrolio, ma anche una apparente lentezza di ri- flessi della Banca Centrale e la ritrosia dei grandi oligarchi a riportare in patria i tesori ben nascosti nei paradisi fiscali. E non è finita qui. Obama è pronto a firmare la legge del Congresso che imporrà nuove sanzioni ai colossi russi dell’energia, ritorsione per la vicenda Ucraina.
Tutto si svolge in maniera irrituale e concitata. Elvira Nabjullina, governatrice della Banca di Russia, ha deciso in piena notte di alzare il tasso di interesse di riferimento dal 10,5 al 17% in un tentativo disperato di frenare l’inflazione. Il rublo ha continuato ad andar giù trascinando la Borsa che ha chiuso con un inquietante meno 19. Economista di grande valore e pupilla di Putin, la Nabjullina rischia adesso di pagare il suo fallimento. Rispolverando il linguaggio di un tempo il Partito Comunista, terza forza del Paese, la accusa di “crimini contro la nazione”. Nel mezzo di un’altra frenetica riunione nell’ufficio del premier, già presidente, Dmitrj Medvedev, molti la rimproverano di «provvedimenti tardivi». Un riferimento che allude a più pesanti sospetti: aver ritardato l’aumento dei tassi per poter prima concedere finanziamenti agevolati al colosso energetico Rosneft di un altro grande amico del Presidente come Igor Sechin che ieri smentiva indignato ogni illazione.
Ma sono polemiche che interessano poco i cittadini investiti da una sequenza impressionante di cattive notizie. La Sberbank, la più grande banca del Paese, ha deciso di sospendere mutui e prestiti. Il gigante energetico Gazprom annuncia di avere allo studio tagli del 40% del suo budget che comporteranno anche tanti licenziamenti. A poco servono gli appelli della Duma e del governo a «non lasciarsi pren- dere dall’ansia e non prelevare i propri risparmi ». Le code davanti alle banche sono sempre più numerose. Si estinguono i conti in rubli e si prova a salvare il salvabile. Molti corrono a comprare qualcosa, soprattutto articoli elettronici e automobili i cui prezzi sono ancora vincolati fino al primo gennaio. Tv, tablet, telefoni cellulari e auto di media cilindrata sono già in esaurimento in molti negozi e concessionarie. Altri cambiano il proprio denaro in euro e in dollari. In alcuni negozi infatti si può già pagare direttamente in valuta americana anche se teoricamente è contro la legge. Sui cartellini dei prezzi viene indicata una sigla (e.u.) che vuol dire “unità convenzionale” e che altro non è che il prezzo in dollari. I commercianti spiegano la cosa in modo sconfortante: «Se dovessimo segnare il prezzo in rubli, dovremmo cambiare i cartelli tre volte al giorno».
Non tutti i rincari sono però spiegabili. Seppure fra le righe, i giornali cominciano ad ammettere che i grandi ricchi stanno arricchendosi sempre di più sfruttando la crisi. I rincari di molti generi alimentari e della benzina non hanno alcuna spiegazione logica. E si nota come i proprietari delle aziende chimiche, delle acciaierie, delle industrie meccaniche continuino a vendere i loro prodotti in cambio di valuta forte senza subire danni dalla crisi. Nel suo ufficio al Cremlino Putin tace. Prepara la tradizionale conferenza stampa di fine anno prevista per domani e affida al ministro degli Esteri Lavrov l’analisi della situazione: «E’ tutto frutto di un’azione americana ed europea per ribaltare il nostro governo». Una revoca delle sanzioni non risolverebbe tutti i problemi ma darebbe ossigeno all’economia russa. Anche per questo Putin sta affrettando i tempi per la soluzione pacifica della questione ucraina. Il segretario di Stato Kerry con tono benevolo gliene dà atto (mentre Obama non desiste da nuove sanzioni). D’altra parte si può accettare una concessione americana dopo mesi di discorsi patriottici? E’ questo il dilemma tra i consiglieri del Presidente che cercano soluzioni per fermare il panico e dare qualche speranza al Paese.


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