La sinistra dem si divide Civati e Fassina in piazza ma Damiano non ci sta

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ROMA . Cesare Damiano, il presidente della commissione Lavoro di Montecitorio, che il 25 ottobre era sceso in piazza con la Cgil e la Fiom, oggi non ci sarà. «Ho lavorato al compromesso sul Jobs Act, il sindacato lo critica, devo essere coerente», spiega. Ma la dice lunga su quello che sta accadendo in casa dem. La sinistra del partito si è spaccata. Lo scontro con Renzi si è inasprito, ma riguarda solo una parte della minoranza del Pd.
Chi sarà oggi nelle piazze dello sciopero generale è in polemica aperta con il premier e le politiche economiche del governo. Uno scontro “senza se e senza ma”. Stefano Fassina ritiene sia il segnale di ulteriore chiarimento e attacca il ministro Maurizio Lupi per la precettazione dei ferrovieri: «È una forzatura, ci ripensi. È un vulnus che rende il clima più pesante». Lupi infatti ci ripensa e la ritira. Per Fassina – ex vice ministro dell’Economia che si dimise dopo l’ironia di Renzi su “Fassina, chi?” – non si può non stare con il sindacato: «Quanti di noi non hanno condiviso la legge delega sul lavoro continuano la battaglia insieme con i lavoratori e i sindacati». Contro l’articolo 18 abolito – eccetto che per discriminazione e indisciplina – sulla barricate restano quindi in pochi nel Pd. In prima linea ci sono Pippo Civati e la sua corrente. Civati con la senatrice Lucrezia Ricchiuti sarà alla manifestazione di Milano. «C’è molto spaesamento tra i lavoratori e tra chi manifesta. Credo che occorra soprattutto andare per ascoltare, per capire come stanno davvero le cose, dal momento che i politici tra l’altro non scioperano…». Attacca alzo zero la mossa di Lupi sulla precettazione e, insieme, il premier: «Mi sembra che il ministro non avrebbe contribuito a un clima diverso, si cerca la contrapposizione e in questo Lupi è molto renziano…». È la frecciata a proposito dello scontro in atto tra Renzi e la sinistra dem.
Non sarà in piazza Roberto Speranza, il leader della corrente “Area riformista” e capogruppo alla Camera, che a ottobre andò a salutare i compagni lavoratori della Cgil in partenza con i pullman dalla Basilicata. Del resto è impegnato a Montecitorio in commissione Affari costituzionali sulle riforme. Però Gianni Cuperlo, leader di Sinistra dem, anche lui in commissione affari costituzionali, dice: «Un saluto vado sicuramente a darlo». Niente manifestazioni per Pierluigi Bersani. L’ex segretario del Pd non partecipò neppure il 25 ottobre, e mantiene la linea: «A ciascuno il suo mestiere, il sindacato fa la sua parte ». I “filo governo” sperano che lo sciopero generale non abbia successo. La minoranza dem in piazza tifa per una buona riuscita. Barbara Pollastrini annuncia che sarà alla manifestazione di Roma e chiede che il governo ci ripensi sul Jobs Act: «E’ un dovere per il governo riaprire il confronto e ascoltare quelle piazze. Anche la metastasi criminale e morale non si sconfiggerà senza quel popolo che reclama dignità, diritti, legalità. Ho grande solidarietà per lavoratori, donne e precari, domani in sciopero generale. Sono convinta che l’adesione sarà massiccia».
Per i renziani della prima ora come il senatore Andrea Marcucci lo sciopero non deve bloccare l’Italia: «È sacro il diritto alla sciopero così come è sacro il diritto a non rimanere a piedi per tre giorni – commenta – Le manifestazioni contro il governo Renzi non possono avere anche l’obiettivo di bloccare la maggioranza degli italiani che non scenderà in piazza». In piazza ci sarà Sel e il suo leader Nichi Vendola: «Ci sarò perché quella è una pizza pulita, se c’è lo sciopero generale vuol dire che c’è un’Italia che non è rassegnata».


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