Quanto basta per peggiorare ancora di più l’umore di Putin — che ha dovuto incassare anche il divieto Usa di commerciare con la Crimea — che ieri ha riunito il suo vero consiglio di guerra, con l’occasione della tradizionale cena di fine anno con imprenditori, supermanager e il fior fiore della Confindustria russa. Una cena per almeno cento persone tra ori e stucchi della sala di Caterina al Cremlino. Un’occasione per dare una strigliata e qualche carezza agli oligarchi di riferimento, nervosi per l’effetto delle sanzioni personali, e tentati dal contestare alcune scelte compiute dal presidente negli ultimi mesi. Tra champagne e chele di granchio della Kamchatka, Putin ha tastato il polso ai suoi uomini più importanti. Li ha sollecitati ad aiutarlo una buona volta a diversificare l’economia cominciando a rischiare investimenti su qualcosa che non sia gas e petrolio. Li ha rassicurati sulla tenuta delle banche illustrando il nuovo piano da 17 miliardi di dollari per metterle in sicurezza. Ma li ha anche invitati ad appoggiarlo nella difficile operazione di dividere la Ue, rafforzando la posizione dei governi più scettici sulle sanzioni.
Insieme hanno constatato che il momentaneo arresto del crollo del rublo è solo una frenata tecnica dovuta alla contingenza della scadenza del pagamento delle tasse di fine anno. Già da lunedì la caduta riprenderà, bisogna compattarsi. Forse, proprio per questo, alla cena brindava anche Vladimir Evtushenkov, magnate del petrolio, sorprendentemente scarcerato appena giovedì dopo un arresto sospetto che aveva scatenato la paura di una faida interna tra i Grandi Ricchi di Russia. A dare l’esempio del nuovo spirito di solidarietà ci ha provato Aljshev Usmanov, l’uomo più ricco di Russia (petrolio, gas, telefonia, acciaio), che proprio ieri ha annunciato di aver riportato in patria gran parte dei suoi asset all’estero, paradisi fiscali compresi. E’ il primo ad obbedire all’appello di Putin che adesso conta sugli altri. E intanto tiene d’occhio la piazza che potrebbe esplodere davanti a una crisi irrimediabile. Non a caso ieri, a sorpresa, il pubblico ministero ha chiesto ben dieci anni di carcere per corruzione contro Aleksej Navalnyj, il leader assoluto delle contestazioni del 2012. Pena spropositata perfino per un processo che sembra “costruito” come tanti altri contro l’opposizione. La sentenza arriverà il 15 gennaio. Molti giurano che sarà determinante la quotazione del rublo per allora.