Spunta la grande sanatoria per favorire giochi e Fisco

by redazione | 23 Dicembre 2014 10:21

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Incalzato dai grillini al Senato, Matteo Renzi tuonò: «Adesso basta con le marchette in Parlamento!». Sentendosi rinfacciare sulla «Stampa» da uno del suo partito, il presidente della commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia: «Veramente il primo a fare le marchette è stato il governo. Al Senato ha presentato novanta emendamenti…». Alcuni del quali con nome e cognome.
Per esempio, quello sui giochi messo a punto dagli uffici delle Finanze, che ha un destinatario preciso: la Sisal, società concessionaria presieduta dall’ex ministro delle Finanze ed ex commissario dell’Alitalia Augusto Fantozzi, controllata dalla holding lussemburghese Gaming invest. L’obiettivo è rianimare il Superenalotto, ormai da tempo in caduta verticale. La ragione è che si vince troppo poco in rapporto con altri giochi d’azzardo. Per metterci una pezza non resta che consentire di aumentare la percentuale di vincita con, testuale, «l’adozione di ogni misura utile di sostegno della offerta di gioco». Interventi che però potrebbero anche avere ripercussioni sul gettito erariale: in un senso positivo, ma come pure nel senso opposto. Che fare, allora? Siccome nessuno ha la palla di vetro, ecco che nell’emendamento salta fuori una innovazione formidabile, tenuto conto dell’inflessibilità con cui i guardiani dei nostri conti dispensano il prezioso bollino. Qui, infatti, il problema della copertura non solo non viene preso in considerazione, ma si precisa che considerati «obiettivi e ineliminabili margini di aleatorietà» delle scelte che saranno fatte, «i provvedimenti adottati ai sensi del presente comma non comportano responsabilità erariale quanto ai loro effetti finanziari». Un capolavoro.
In quell’emendamento, in realtà, c’è anche una specie di sanatoria per le migliaia di negozi di scommesse privi di concessione statale ai quali verrebbe offerta «una opportunità di redenzione nella direzione del circuito ufficiale e legale di raccolta di scommesse». In che modo? Pagando una certa somma entro la fine di gennaio 2015 come tassa di ingresso nel sistema alla luce del sole. La questione ha almeno una decina d’anni e non è mai stata risolta: nasce da una serie di ricorsi presentati a Bruxelles da soggetti che si ritenevano discriminati, e per questo hanno ritenuto di poter operare anche senza aver ottenuto (ma neppure chiesto) la prevista autorizzazione. Parliamo di un fenomeno che negli anni ha raggiunto proporzioni enormi, se si pensa che il volume delle scommesse raccolte da costoro è dell’ordine di 2 miliardi e mezzo l’anno contro i 3,7 miliardi dei negozi regolari: semplicemente astronomica l’evasione fiscale connessa a questo sistema parallelo. La relazione tecnica quantifica lo stima in circa 7 mila punti, a fronte dei 7.400 legali, distribuiti sull’intero territorio nazionale. Anche se «dagli accertamenti condotti dalla guardia di Finanza emerge che la rete degli operatori non autorizzati è principalmente localizzata nelle grandi aree urbane e nelle zone meridionali, dove la raccolta media è di gran lunga più alta». Accertamenti che peraltro hanno innescato una forma di intimidazione senza precedenti nei confronti dei dirigenti dell’Agenzia dei Monopoli e dei finanzieri incaricati dei controlli e del recupero delle imposte non pagate presso questi negozi non autorizzati, che si sono visti recapitare almeno 160 cause e atti di diffida individuali.
Tutto questo avviene sullo sfondo di un passaggio cruciale. È quello del rinnovo delle concessioni in scadenza sia per i giochi numerici cosiddetti «a quota fissa» che per il lotto. E qui gli emendamenti del governo contengono un’altra sorpresa. Non per la durata delle concessioni, fissata in nove anni, né per la base d’asta stabilita in 700 milioni di euro, e neppure per il livello degli aggi o per gli altri obblighi imposti agli eventuali partecipanti. Ma per la composizione della commissione di gara: che dovrà essere «composta di cinque membri di cui almeno il presidente e due componenti scelti tra persone di alta qualificazione professionale (e i due rimanenti?, ndr ), inclusi magistrati o avvocati dello Stato in pensione». Ricordiamo male o il governo aveva deciso di vietare l’affidamento di incarichi pubblici ai pensionati statali? Verissimo. Salvo poi concedere, com’è stata concessa, una deroga per i componenti delle commissioni. La ragione? Che si fa fatica a convincere i dipendenti pubblici a farne parte, causa la modestia dei compensi. Allora, porte aperte ai pensionati…
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