Bloc­kupy Francoforte chiama Atene e viceversa

Bloc­kupy Francoforte chiama Atene e viceversa

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«First we take Athens, then we take … Let’s meet in Frank­furt 18 March». Dome­nica pome­rig­gio, gra­zie a un’azione a sor­presa, que­sto grande stri­scione cam­peg­giava sul sim­bolo dell’euro a Fran­co­forte, ai piedi della sto­rica sede della Banca Cen­trale Euro­pea. A piaz­zarlo su una delle più note icone della crisi sono stati oltre due­cento tra atti­vi­ste e atti­vi­sti della coa­li­zione Bloc­kupy, che hanno sospeso per mezz’ora i lavori dell’incontro di coor­di­na­mento in corso, a poche cen­ti­naia di metri, nella sede della Dgb.

«Prima pren­diamo Atene, poi … Tutti a Fran­co­forte il 18 marzo» dun­que, che, accom­pa­gnato da una mano di vivace ver­nice rossa a rico­prire la prima delle stelle del fir­ma­mento mone­ta­rio, sin­te­tizza effi­ca­ce­mente il mes­sag­gio lan­ciato da due giorni di discus­sione e orga­niz­za­zione in vista del Day X.

Poco è finora tra­pe­lato sui det­ta­gli logi­stici della ceri­mo­nia d’inaugurazione della nuova Euro­to­wer il pros­simo 18 marzo.

Con ogni pro­ba­bi­lità essi saranno cali­brati sulla valenza poli­tica che le élite euro­pee inten­de­ranno attri­buire all’occasione. Sce­glie­ranno il basso pro­filo, con la pre­senza «tec­nica» dei soli gover­na­tori delle Ban­che nazio­nali, mem­bri del Con­si­glio diret­tivo della Bce? Par­te­ci­pe­ranno solo i ver­tici isti­tu­zio­nali dell’Unione — Com­mis­sione, Con­si­glio e Par­la­mento – a mar­care il carat­tere di pre­sunta «indi­pen­denza» della Banca dalle logi­che intergovernative?

O si trat­terà piut­to­sto del primo vero sum­mit dei capi di stato e di governo, teso a rap­pre­sen­tare, a bene­fi­cio di tele­ca­mere, un’artefatta coe­sione euro­pea all’indomani dei risul­tati delle ele­zioni in Grecia?

A oggi nes­suno può dirlo, pro­prio per­ché molto dipen­derà dalla pre­senza o meno, tra quei capi di governo, di un gio­vane inge­gnere ate­niese, Ale­xis Tsi­pras. Dalla forza del risul­tato elet­to­rale che avrà otte­nuto Syriza, dalle carat­te­ri­sti­che del governo che sarà riu­scito a for­mare, dai primi passi che pro­verà a com­piere. E soprat­tutto dalle dina­mi­che reat­tive che quest’evento avrà messo in movi­mento. Su ogni piano.

Ne è per­fet­ta­mente con­sa­pe­vole la coa­li­zione tede­sca di Bloc­kupy, che vede la cre­scente par­te­ci­pa­zione, lungo un cam­mino che conta ormai più di tre anni, di orga­niz­za­zioni e reti di movi­mento come la Inter­ven­tio­ni­sti­sche Linke e Ums Ganze!; di gruppi fem­mi­ni­sti, asso­cia­zioni attive nella soli­da­rietà inter­na­zio­nale e di realtà come Attac; di strut­ture sin­da­cali di set­tore (come i ser­vizi pub­blici rap­pre­sen­tati daVer.Di.); di un par­tito come Die Linke, ma anche di sezioni ed eletti locali di Pira­tenGrü­nen.

E, non a caso, Bloc­kupy ha preso parola pro­prio dome­nica sulle ele­zioni in Gre­cia del 25 gen­naio: «Una mag­gio­ranza di sini­stra e un nuovo governo che rompe con i dik­tat dell’austerità che ven­gono da Ber­lino e Bru­xel­les sem­bra fat­ti­bile. Per milioni di per­sone che hanno perso il lavoro, l’assistenza sani­ta­ria e il red­dito, que­sto rap­pre­senta un motivo di spe­ranza. E ciò vale non solo in Gre­cia, ma ben oltre».

Ma è anche par­tita la cam­pa­gna, dalla Ger­ma­nia in par­ti­co­lare, di minacce e ricatti nei con­fronti dell’elettorato greco.

La rispo­sta non può che essere il rifiuto di ogni ripie­ga­mento nazio­na­li­sta e il soste­gno incon­di­zio­nato ai «com­pa­gni greci» nella lotta alle poli­ti­che di impo­ve­ri­mento e inde­bi­ta­mento: «Insieme ai movi­menti di tutta Europa difen­de­remo il diritto del popolo a rom­pere con la poli­tica della crisi». Anche per­ché l’ascesa di Syriza stessa non potrebbe essere com­presa senza tener conto dei «mol­te­plici approcci verso l’autorganizzazione del comune oltre il mer­cato e lo stato, senza le lotte sociali di massa con­dotte negli ultimi anni».

Lo ha pun­tual­mente ricor­dato Chri­stos Gio­va­no­pou­los, della rete di espe­rienze auto­ge­stite di mutua­li­smo e coo­pe­ra­zione «Soli­da­rity for All», inter­ve­nendo insieme ad atti­vi­sti pro­ve­nienti da una decina di diversi paesi all’incontro di coor­di­na­mento euro­peo: «La pos­si­bi­lità di sol­le­varsi viene dalle strade, dalla forza e dall’autonomia dei movi­menti e delle reti, dall’iniziativa delle per­sone, che non vogliono essere solo vit­time delle poli­ti­che della crisi, ma vogliono pren­dere la sto­ria nelle loro mani».

Per que­sto l’apertura della pos­si­bi­lità offerta da un’eventuale vit­to­ria elet­to­rale di Syriza non può essere pra­ti­cata nei clas­sici ter­mini di una pur dove­rosa «soli­da­rietà al popolo greco». È invece occa­sione per porre in que­stione, in tutta Europa, la sta­bi­lità del regime dell’austerity con tutto ciò che com­porta in ter­mini di inte­grale pre­ca­riz­za­zione delle vite dei molti.

Il pro­cesso riguarda, sep­pur in diverse pro­por­zioni, ogni paese. Come testi­mo­niato in Ger­ma­nia dalla ver­tenza dei grandi cen­tri di stoc­cag­gio e distri­bu­zione delle merci di Ama­zon, là dove le lotte per la con­qui­sta di diritti con­trat­tuali minimi si sono pro­fi­cua­mente intrec­ciate, nelle scorse set­ti­mane, con il per­corso di Bloc­kupy: pre­sto per dire se, come pro­po­sto da diversi gruppi di lavo­ra­tori del colosso dell’e-commerce, i magaz­zini scio­pe­re­ranno il 18 marzo. In ogni caso il dibat­tito sulla pos­si­bile tra­du­zione su scala trans­na­zio­nale della potente sug­ge­stione dello «scio­pero sociale» attra­versa e inter­roga tutta la coalizione.

Così come è dal fronte sin­da­cale che pro­viene una delle novità più signi­fi­ca­tive in vista della «gior­nata d’azione» del 18, con l’adesione per la prima volta della stessa orga­niz­za­zione con­fe­de­rale Dgb e dei metal­mec­ca­nici della Ig Metall nella regione dell’Assia.

Ade­sione che dev’essere intesa come attiva par­te­ci­pa­zione all’intera gior­nata, con la con­di­vi­sione dell’ampio con­senso, rag­giunto dal coor­di­na­mento nello scorso fine set­ti­mana, intorno a forme e moda­lità delle ini­zia­tive: dai bloc­chi annun­ciati fin dalle prime ore del mat­tino, fina­liz­zati a impe­dire la tran­quilla cele­bra­zione del potere finan­zia­rio rap­pre­sen­tato dalla nuova torre di vetro, cemento e acciaio e a scon­vol­gere l’ordinaria cir­co­la­zione di merci e per­sone nella city delle prin­ci­pali isti­tu­zioni eco­no­mi­che, pub­bli­che e pri­vate, d’Europa, fino alla grande mani­fe­sta­zione del pomeriggio.

Obiet­tivo di tutte le com­po­nenti di Bloc­kupy è la com­bi­na­zione di atti effi­caci di «disob­be­dienza civile» con la capa­cità di comu­ni­care e di coin­vol­gere la metro­poli a tre­cen­to­ses­santa gradi.

Il supe­ra­mento delle tra­di­zio­nali, e ormai limi­tanti divi­sioni tra movi­menti sociali, par­titi e sin­da­cati viene visto, da molti nel dibat­tito di Bloc­kupy, come un’urgente neces­sità per avviare quel pro­cesso poli­tico trans­na­zio­nale, capace di «cogliere l’occasione» nella fine­stra che si apre per il cam­bia­mento in Europa. In que­sto senso s’inserisce, ad esem­pio per l’Italia, a fianco del pro­ta­go­ni­smo di diverse reti di movi­mento e cen­tri sociali, l’annunciata par­te­ci­pa­zione al 18 marzo sia della Lista Tsi­pras sia di Sel, che ha uffi­cial­mente ade­rito e ne discu­terà anche nel work­shop dedi­cato alle que­stioni euro­pee di Human Factor.

La mobi­li­ta­zione di Fran­co­forte potrebbe così costi­tuire un primo banco di prova per la volontà di molti a con­ver­gere verso quell’«anticipazione della pri­ma­vera», di cui tutta Europa ha dram­ma­ti­ca­mente bisogno.



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