Char­lie Hebdo, il cadavere della modernità

by redazione | 10 Gennaio 2015 9:01

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È netta l’impressione che con l’attentato di Parigi la bar­ba­rie abbia infine col­pito al cuore il suo obbiettivo.

Quando hanno ucciso Char­lie ci hanno strap­pato col­le­ghi e fra­telli. Ucci­dere gior­na­li­sti può sem­brare come spa­rare sulla croce rossa, una puli­zia etnica con­tro le ultime bande ran­dage di una pro­fes­sione estinta – ma non è casuale. In que­sto caso si trat­tava di com­pa­gni di strada su quel sen­tiero incerto ini­ziato per molti versi pro­prio nella loro città — quale miglior luogo della Ville Lumièreper imporre il buio di un nuovo oscurantismo.

Il per­corso di Char­lie come quello di molti di noi è stret­ta­mente asso­ciato con un’altra sta­gione pari­gina, un mag­gio che segnò la pri­ma­vera libe­ra­to­ria della con­te­sta­zione, della cri­tica poli­tica e men­tale un labo­ra­to­rio di libertà, di anar­chie e lai­ci­simi — ana­tema dei fascismi.

Fu a sua volta un pezzo impor­tante di quel cam­mino liber­ta­rio comin­ciato, sem­pre in quella città, ancora molti anni prima, con la rivo­lu­zione dei dise­re­dati sui potenti e ancora di più della ragione sulla super­sti­zione. L’illuminismo della rivo­lu­zione fran­cese è atto fon­da­tivo di una moder­nità di cui fa parte il ’68 e anche le vignette di Wolin­ski e com­pa­gni con la loro carica di mera­vi­gliosa e “infan­tile” irriverenza.

Per que­sto abbiamo la sen­sa­zione che gli eser­citi che vogliono il sonno del ragione non pote­vano sce­gliere vit­time migliori da immo­lare sull’altare di una nuova fana­tica restau­ra­zione. Nell’era in cui ci vor­reb­bero tra­sci­nare, le deca­pi­ta­zione cari­cate su you­tube e le tor­ture “stra­te­gi­che” scritte nei rap­porti CIA sono armi dello stesso arse­nale. L’asse rigido della nuova età dei fana­ti­smi col­lega fatal­mente le poli­ti­che di Ryahd e Tel Aviv ai risor­genti popu­li­smi euro­pei e occidentali .

In que­sto cre­pu­scolo, il coro degli oppo­sti inte­gra­li­smi ci ripete che la ragione cri­tica è un ana­cro­ni­smo, ci incita a lasciare l’infanzia delle vignette e di tor­nare alla reli­gione, all’odio adulto e ata­vico – alla sto­ria che, è utile ricor­darlo, è durata ben più che la corta sta­gione della ragione.

È utile ricor­dare anche che l’era della “ragione” e andata a brac­cetto con quella dell’imperialismo colo­niale più rapace a cui si pos­sono ricon­durre i mali con­ge­niti di que­sta moder­nità che oggi minano forse mor­tal­mente gli ideali dello stato libe­rale e della società pluralista.

La moder­nità ha semi­nato i semi della pro­pria distru­zione; della libertè, éga­lité, fra­ter­nité rimane poco. Della fra­tel­lanza hanno fatto enne­sima strage il Kala­sh­ni­kov di Rue Nico­las Appert, l’uguaglianza è un mirag­gio sem­pre più fle­bile in una società di mer­cato avan­zato di cui è pro­prio la dispa­rità la prin­ci­pale cifra. Della libertà non resta che un simu­la­cro espor­tato a colpi di mis­sili Hell­fire spa­rati da droni telecomandati.

Di tutto que­sto la lai­cità, l’irriverenza e la somma sov­ver­sione della risata erano – sono — nemici natu­rali. È quello che ha fatto di Char­lie Hebdo una vit­tima essen­ziale dei car­ne­fici della modernità.

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