Libia, è caccia ai cristiani d’Egitto: venti rapiti

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Ancora cristiani vittime perseguitate in Medio Oriente. Obiettivi relativamente semplici da colpire. Civili indifesi aggrediti per motivi religiosi, ideologici, a scopo di riscatto, ma anche con fini politici. L’ultimo episodio di una serie ormai lunghissima è avvenuto a Sirte, in Libia, ieri mattina presto, per mano di gruppi estremisti islamici ai danni degli egiziani copti i quali, nonostante tutto, sino a ora vedevano nelle opportunità di lavoro in Cirenaica e Tripolitania un’alternativa alla povertà dominante in Egitto.
In tredici sono stati sequestrati in un blitz brutale. Si aggiungono ai sette presi pochi giorni fa nello stesso luogo, oltre al medico assassinato con la moglie (una figlia diciottenne forse rapita) il 24 dicembre, ai sette uccisi con un colpo alla testa a Bengasi in marzo e alle altre decine di persone sparite, aggredite dal tempo della rivoluzione libica «assistita» dalla Nato nel 2011.
Il film del rapimento lascia intuire che si tratti di un’operazione ben pianificata. Ore due e trenta, è ancora piena notte, a Sirte pioviggina. È la città costiera posta 500 chilometri a est di Tripoli, dove nell’ottobre 2011 venne linciato Gheddafi e oggi imperano le milizie islamiche, specialmente la più qaedista: Ansar al Sharia, responsabile di crimini efferati, tra cui l’assassinio dell’ambasciatore americano Christopher Stevens a Bengasi nel 2012.
Una quindicina di rapitori mascherati irrompe su quattro gipponi, vanno a colpo sicuro, brandiscono un foglio di carta con l’elenco dei nomi dei cristiani, verificano i passaporti di decine di lavoratori egiziani alloggiati in alcune palazzine, in certi casi controllano se abbiano tatuaggi di croci sul corpo. Quindi la selezione: scartano i musulmani e portano via i cristiani. «Li ho sentiti gridare. Sono stati spinti sui mezzi con le canne dei mitra» ha detto alla stampa Hanna Aziz, una copta riuscita a nascondersi.
L’ennesima testimonianza del caos in cui è precipitata la Libia. Un Paese con due governi, paralizzato dalla guerriglia influenzata dall’Isis, dove è quasi impossibile viaggiare, la cui produzione petrolifera è precipitata in pochi mesi da un milione e 600 mila barili quotidiani agli attuali 200 mila o poco più. Le milizie islamiche di Sirte cooperano oggi con quelle relativamente più moderate di Misurata e compongono il fronte di forze che appoggia il governo islamico di Tripoli contro quello più «laico» basato a Tobruk e sostenuto dall’Egitto. È in questo quadro che viene letto dai commentatori locali l’attacco contro i copti: colpisce contemporaneamente due obbiettivi, l’Egitto e i cristiani. Erano un milione gli egiziani in Libia nel 2011, ora sono meno di 200.000, si stima che il 15 per cento siano copti. La loro ambasciata a Tripoli ha chiuso in circostanze drammatiche un anno fa. Forse presto dovranno partire tutti.
Lorenzo Cremonesi
Il film del rapimento lascia intuire che si tratti di un’operazione ben pianificata. Ore due e trenta, è ancora piena notte, a Sirte pioviggina. È la città costiera posta 500 chilometri a est di Tripoli, dove nell’ottobre 2011 venne linciato Gheddafi e oggi imperano le milizie islamiche, specialmente la più qaedista: Ansar al Sharia, responsabile di crimini efferati, tra cui l’assassinio dell’ambasciatore americano Christopher Stevens a Bengasi nel 2012.
Una quindicina di rapitori mascherati irrompe su quattro gipponi, vanno a colpo sicuro, brandiscono un foglio di carta con l’elenco dei nomi dei cristiani, verificano i passaporti di decine di lavoratori egiziani alloggiati in alcune palazzine, in certi casi controllano se abbiano tatuaggi di croci sul corpo. Quindi la selezione: scartano i musulmani e portano via i cristiani. «Li ho sentiti gridare. Sono stati spinti sui mezzi con le canne dei mitra» ha detto alla stampa Hanna Aziz, una copta riuscita a nascondersi.
L’ennesima testimonianza del caos in cui è precipitata la Libia. Un Paese con due governi, paralizzato dalla guerriglia influenzata dall’Isis, dove è quasi impossibile viaggiare, la cui produzione petrolifera è precipitata in pochi mesi da un milione e 600 mila barili quotidiani agli attuali 200 mila o poco più. Le milizie islamiche di Sirte cooperano oggi con quelle relativamente più moderate di Misurata e compongono il fronte di forze che appoggia il governo islamico di Tripoli contro quello più «laico» basato a Tobruk e sostenuto dall’Egitto. È in questo quadro che viene letto dai commentatori locali l’attacco contro i copti: colpisce contemporaneamente due obbiettivi, l’Egitto e i cristiani. Erano un milione gli egiziani in Libia nel 2011, ora sono meno di 200.000, si stima che il 15 per cento siano copti. La loro ambasciata a Tripoli ha chiuso in circostanze drammatiche un anno fa. Forse presto dovranno partire tutti.
Lorenzo Cremonesi
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