« Mattarella al quarto voto »
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ROMA Mentre indica in modo ufficiale Sergio Mattarella, ne difende la storia e la carriera, lo presenta come esempio di buona politica, Matteo Renzi definisce il passaggio come «la vicenda istituzionale più rilevante che la Costituzione prevede», rivendica il ruolo che si è ritagliato, che «non è arroganza, tocca a noi l’hanno detto gli altri partiti».
Davanti a senatori e deputati democratici, di prima mattina, Renzi scopre le carte, accompagna la scelta definendola «occasione per cancellare lo smacco del 2013», l’affossamento della candidatura di Romano Prodi, chiarisce che si attende il massimo di compattezza e trasparenza dal suo partito: «Non ci deve essere spazio per i giochini del dopo. Se si sceglie un candidato lo si vota».
A chi avesse dei dubbi, a chi pensa che magari l’indicazione possa essere ancora una mossa tattica, Renzi — che in mattinata riceve il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone — risponde: «Il Colle non è un passaggio per cui ci divertiamo a fare i nomi. Chi vuole bruciare i nomi fa i falò. Chiedo la massima franchezza».
Se da Forza Italia accusano che la scelta significa la violazione di un patto, quello del Nazareno, è Debora Serracchiani, vicesegretario dem, a ricordare che l’accordo politico con Berlusconi «riguarda la legge elettorale e le riforme. Se Berlusconi ha cambiato idea lo vedremo, ma è certo che Renzi non ha violato alcun patto».
Mattarella sarà votato alla quarta votazione, sabato mattina, aggiunge Renzi, tracciando un ritratto del politico siciliano che non ha sfumature, se non positive: uomo dalla «schiena dritta, della battaglia contro le mafie e della politica con la P maiuscola». Ma non solo: Mattarella «uno dei pochi che ha avuto il coraggio di dimettersi». E poi «è giudice costituzionale e noi stiamo cambiando la Costituzione. Mattarella è difensore della Carta che non significa imporne l’intangibilità, ma essere capace di valorizzare i processi di transizione».
Il Pd si esprime all’unanimità, anche Bersani elogia la scelta, e c’è anche da aggiungere, è sempre Renzi a farlo, che il candidato ha anche un solido profilo internazionale: come ministro della Difesa, «visse momenti difficili nella politica estera, nei Balcani gestimmo le missioni internazionali vicino a casa, un tema importante, perché una delle caratteristiche richieste a un capo dello Stato è la condivisione con gli alleati delle scelte di fondo».
E l’uomo ha avuto anche «il grande merito», con la legge elettorale definita Mattarellum, «di inserire almeno parzialmente i collegi, che impongono al politico di metterci la faccia». Insomma la scelta avrebbe il merito di schiudere «un settennato» all’insegna della «serenità». Dentro un percorso, conclude Renzi, «che ci porterà alla fine naturale della legislatura». Ieri la prima fumata nera, con il quorum a 673 voti. Le schede bianche (indicate da Pd, FI e Area popolare) sono state 538, meno del previsto. Ma nel Pd si dicono convinti che il quorum di 505 voti, sufficiente a eleggere Mattarella domani alla quarta votazione, sarà largamente superato.
Marco Galluzzo
Davanti a senatori e deputati democratici, di prima mattina, Renzi scopre le carte, accompagna la scelta definendola «occasione per cancellare lo smacco del 2013», l’affossamento della candidatura di Romano Prodi, chiarisce che si attende il massimo di compattezza e trasparenza dal suo partito: «Non ci deve essere spazio per i giochini del dopo. Se si sceglie un candidato lo si vota».
A chi avesse dei dubbi, a chi pensa che magari l’indicazione possa essere ancora una mossa tattica, Renzi — che in mattinata riceve il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone — risponde: «Il Colle non è un passaggio per cui ci divertiamo a fare i nomi. Chi vuole bruciare i nomi fa i falò. Chiedo la massima franchezza».
Se da Forza Italia accusano che la scelta significa la violazione di un patto, quello del Nazareno, è Debora Serracchiani, vicesegretario dem, a ricordare che l’accordo politico con Berlusconi «riguarda la legge elettorale e le riforme. Se Berlusconi ha cambiato idea lo vedremo, ma è certo che Renzi non ha violato alcun patto».
Mattarella sarà votato alla quarta votazione, sabato mattina, aggiunge Renzi, tracciando un ritratto del politico siciliano che non ha sfumature, se non positive: uomo dalla «schiena dritta, della battaglia contro le mafie e della politica con la P maiuscola». Ma non solo: Mattarella «uno dei pochi che ha avuto il coraggio di dimettersi». E poi «è giudice costituzionale e noi stiamo cambiando la Costituzione. Mattarella è difensore della Carta che non significa imporne l’intangibilità, ma essere capace di valorizzare i processi di transizione».
Il Pd si esprime all’unanimità, anche Bersani elogia la scelta, e c’è anche da aggiungere, è sempre Renzi a farlo, che il candidato ha anche un solido profilo internazionale: come ministro della Difesa, «visse momenti difficili nella politica estera, nei Balcani gestimmo le missioni internazionali vicino a casa, un tema importante, perché una delle caratteristiche richieste a un capo dello Stato è la condivisione con gli alleati delle scelte di fondo».
E l’uomo ha avuto anche «il grande merito», con la legge elettorale definita Mattarellum, «di inserire almeno parzialmente i collegi, che impongono al politico di metterci la faccia». Insomma la scelta avrebbe il merito di schiudere «un settennato» all’insegna della «serenità». Dentro un percorso, conclude Renzi, «che ci porterà alla fine naturale della legislatura». Ieri la prima fumata nera, con il quorum a 673 voti. Le schede bianche (indicate da Pd, FI e Area popolare) sono state 538, meno del previsto. Ma nel Pd si dicono convinti che il quorum di 505 voti, sufficiente a eleggere Mattarella domani alla quarta votazione, sarà largamente superato.
Marco Galluzzo
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