La Rete No Expo prepara il maggio milanese

La Rete No Expo prepara il maggio milanese

Loading

La chiu­sura dell’Università Sta­tale di Milano per impe­dire un’assemblea ha fun­zio­nato alla grande. Si chiama auto­gol, e in rove­sciata. La Rete Atti­tu­dine No Expo non avrebbe saputo fare di meglio per “recla­miz­zare” l’appuntamento nazio­nale con­vo­cato per pre­pa­rare le mobi­li­ta­zioni in vista dell’esposizione universale.

Una dop­pia pagina sul Cor­riere della Sera, pole­mi­che che con­ti­nuano ai ver­tici delle isti­tu­zioni mila­nesi, insomma una visi­bi­lità mai otte­nuta prima. Ma sem­bra acqua pas­sata ormai, com­prese le pre­ci­sa­zioni del ret­tore Gian­luca Vago che difende la sua scelta pun­tando il dito con­tro gruppi aggres­sivi e vio­lenti, e il cer­chio­bot­ti­smo del sin­daco Giu­liano Pisa­pia secondo cui la libertà di opi­nione è fon­da­men­tale così come il rispetto delle regole. Amen.

Il pro­blema ormai è un altro. Lo sanno bene le cen­ti­naia di per­sone che hanno riem­pito per ore le stanze di via Masca­gni 6. La que­stione sem­brerà banale ma è que­sta: l’Expo ci sarà, e adesso che si fa? Facile dire mobi­li­ta­zione ad oltranza, per­ché una par­te­ci­pa­zione demo­cra­tica e oriz­zon­tale la si può garan­tire solo dopo un lungo per­corso di con­fronto (e cri­tica) tra i diversi sog­getti che hanno deciso di gio­carsi la par­tita fino in fondo. Insieme. Si comin­cia il primo mag­gio, ma non basta ragio­nare su quella data. L’Expo durerà sei mesi e il dopo Expo, con la sua coda di spe­cu­la­zioni e imman­ca­bili scan­dali, potrebbe durare anni. Si deve ragio­nare sul futuro. Per il momento si sa con cer­tezza che mag­gio comin­cerà con tre o quat­tro giorni di mobi­li­ta­zione, se sarà May Day è ancora pre­sto per dirlo. Ma sicu­ra­mente sarà molto più.

Come mobi­li­tarsi? In quali forme? E con quali prio­rità? E ancora. Come è pos­si­bile tenere le fila di un movi­mento che vuole carat­te­riz­zarsi per la sua por­tata inter­na­zio­nale, pur sapendo che a volte ci sono realtà diverse che fati­cano anche solo a con­di­vi­dere un pezzo di mar­cia­piede? I nodi si scio­glie­ranno strada facendo, ma la sen­sa­zione è che il “movi­mento” abbia comin­ciato nel modo migliore. Guar­darsi in fac­cia è il primo passo. I mila­nesi hanno dovuto fare gli onori di casa a sog­getti pro­ve­nienti da tutta Ita­lia: Torino, Napoli, Roma, Abruzzo. E com­pren­dere anche altri lin­guaggi: c’erano mili­tanti dalla Gre­cia, dalla Spa­gna, dalla Fran­cia e della Ger­ma­nia. Forse la prima pic­cola avan­guar­dia internazionalista.

Ci sono tre o quat­tro que­stioni diri­menti che pos­sono reg­gere l’impalcatura di un nuovo sog­getto ancora da defi­nire. L’Expo è un inve­sti­mento che usa soldi pub­blici in piena crisi eco­no­mica strut­tu­rale; è un espe­ri­mento dal punto di vista delle poli­ti­che del lavoro, con­si­de­rando che migliaia di finti lavo­ra­tori pre­ste­ranno la loro mano­do­pera gra­tis; è, o potrebbe essere, il cavallo di Troia delle mul­ti­na­zio­nali che cer­che­ranno di imporre gli Ogm; e, più in gene­rale, è la “madre” di tutti i grandi eventi, con il suo ine­vi­ta­bile corol­la­rio di malaf­fare e pes­sima gestione del territorio.

Gli inter­venti e le assem­blee sono stati decine. Impos­si­bile darne conto con com­ple­tezza. Si è par­lato anche di Expo al fem­mi­nile, sma­sche­rando la reto­rica poli­ti­ca­mente cor­retta di “Women for Expo” per met­tere l’accento sulle migliaia di pro­sti­tute che sod­di­sfe­ranno i milioni di visi­ta­tori. “Io non lavoro gra­tis per Expo” invece è una cam­pa­gna già avviata per con­te­stare quei finti 18 mila posti di lavoro magni­fi­cati dall’evento. Quasi ovvia la par­te­ci­pa­zione del movi­mento No Tav della Val di Susa, che per vici­nanza geo­gra­fica ben cono­sce l’esito delle Olim­piadi di Torino 2006. E ancora. Ci sono i movi­menti di soste­gno all’agricoltura con­ta­dina che con­te­stano l’agrobusiness.

E poi la testi­mo­nianza di tante espe­rienze già attive nei ter­ri­tori, come La For­nace di Rho, dove si stanno costruendo i padi­glioni del luna­park pla­ne­ta­rio per ali­men­tare il pia­neta. Ancora, il movi­mento per il diritto alla casa, che dà voce alla dispe­ra­zione di chi è desti­nato a non rac­co­gliere nem­meno le bri­ciole dell’evento. Il tutto con l’obiettivo di smon­tare non solo l’esposizione uni­ver­sale in sé ma soprat­tutto la sua reto­rica di rilan­cio e rina­scita di un paese mori­bondo: la nuova Milano da sgra­noc­chiare, la crea­zione di posti di lavoro che non ci sono o chissà quale il pre­sti­gio inter­na­zio­nale. Forse già adesso non ci crede nes­suno, ma è bene che ci sia qual­cuno che si sta attrez­zando a dirlo ad alta voce.



Related Articles

La scoperta della guerra coperta

Loading

La «Visione 2020» delle forze speciali Usa esso prevede «la costruzione di una rete globale di forze per le operazioni speciali» comprendente quelle di paesi alleati, tra cui l’Italia. Su tutte comanderebbe Washington

No Tav? Sono un intero popolo

Loading

 Foto di Francesco Anselmi per l Espresso Foto di Francesco Anselmi per l’Espresso
Sbaglia chi crede che a battersi contro l’alta velocità in Valsusa siano solo i grillini, gli ambientalisti e magari i black bloc. Qui, giusto o sbagliato che sia, c’è una comunità di 40 mila persone (famiglie, operai, contadini) in lotta da vent’anni

THOMAS PIKETTY. Oltre alla sicurezza per battere l’odio serve una vera lotta alle disuguaglianze

Loading

Thomas Piketty. Per l’economista “al di là degli scontri religiosi, il sistema politico e sociale del Medio Oriente è determinato e reso vulnerabile dalla concentrazione delle risorse petrolifere in alcune piccole zone spopolate”

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment