Torino, via i profughi dalle palazzine occupate: 750 rischiano di finire in strada

by redazione | 15 Gennaio 2015 15:25

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TORINO – La notizia ha colto un po’ tutti di sorpresa, tanto che anche in comune, sulle prime, qualcuno ha pensato potesse trattarsi di una boutade. Ma il Tribunale di Torino ha appena disposto il sequestro preventivo delle palazzine dell’ex Moi (mercato ortofrutticolo all’ingrosso), ristrutturate nel 2006 per ospitare gli atleti delle Olimpiadi invernali e occupate due anni fa da centinaia di profughi e richiedenti asilo provenienti da Libia e Nord Africa.

Stando ai dati diffusi dal Comitato rifugiati, composto prevalentemente da attivisti dell’antagonismo torinese, al momento nella struttura dormirebbero circa 750 migranti. La maggior parte di loro è arrivata in Italia durante il crollo del regime libico o con le precedenti ondate migratorie arrivate da Ghana, Senegal, Niger, Nigeria o Etiopia: come spesso accade, allo scadere dei rispettivi progetti d’accoglienza, molti di loro si erano trovati senza un’occupazione stabile o un tetto sulla testa, e per mesi erano stati quindi costretti a ripiegare sulla strada. Proprio questa è una delle ragioni che hanno permesso all’occupazione di resistere tanto a lungo: di fatto, come per altri edifici occupati, il complesso dell’ex Moi  è stato finora parte di un complesso e fragile equilibrio, che ha fatto si’ che centinaia di profughi non si riversassero in strada da un giorno all’altro.

Per questo, mentre gran parte della destra cittadina esprime soddisfazione per le disposizioni del tribunale, in molti già temono lo scoppio di una rivolta: negli ultimi tempi, le tensioni attorno alla struttura sono andate moltiplicandosi, in seguito a una serie di iniziative partite dai gruppi consiliari di Lega Nord e di Fratelli d’Italia e appoggiate da formazioni dell’estrema destra locale. Lo scorso 17 novembre, su proposta dei due partiti, la Giunta ha autorizzato un sopralluogo nelle palazzine: subito dopo, però, qualcuno in comune dev’essersi accorto che la tempistica non era delle migliori, dal momento che a Roma la guerriglia contro i rifugiati di Tor Sapienza stentava ancora a fermarsi; e così, all’ultimo momento, l’iniziativa era stata revocata. Ma il capogruppo FdI, Maurizio Marrone, non ha voluto starci; e davanti all’ex Moi ha portato comunque una delegazione di militanti leghisti e dell’estrema destra. Ad attenderli, assieme ai rifugiati, c’erano gli attivisti dei centri sociali: tra i due schieramenti sono volati insulti e spintoni, ma presto la tensione è andata scemando, anche in virtù del notevole spiegamento di forze dell’ordine.

Da allora, però, i consiglieri di Lega e Fratelli d’Italia sono andati rimpallandosi iniziative per denunciare il degrado che i profughi avrebbero portato nel quartiere: la mattina del 24 novembre, dal suo profilo Facebook, il capogruppo del Carroccio torinese, Fabrizio Ricca, ha segnalato che all’interno dell’ex Moi “si spaccia, e ne abbiamo le prove”. La prova sarebbe contenuta in un video che Ricca afferma di aver girato di fronte alle palazzine: volti e località sono oggettivamente irriconoscibili; tutto ciò che si può distinguere è la voce del consigliere mentre si accorda per comprare qualche grammo di marijuana da alcune persone con accento presumibilmente africano. Sull’onda delle accuse di Ricca, nei weekend del 13 e del 20 dicembre, Fratelli d’Italia e Lega hanno indetto altre due manifestazioni, la seconda delle quali guidata dal neosegretario leghista Matteo Salvini: entrambe sono state sostanzialmente disertate degli abitanti della zona, e duramente criticate dal presidente di circoscrizione Giorgio Rizzuto (Pd), che durante la visita di Salvini ha apertamente parlato di “una strumentalizzazione non più tollerabile”.

“Sono anni che vivo nella paura, e ora non ne posso più” ci aveva confidato in quell’occasione Souleymane, nigeriano arrivato durante il crollo del regime libico, tra gli occupanti della struttura. “Io stavo in un campo d’accoglienza della Croce rossa, a Settimo Torinese. Un bel giorno mi hanno detto che il progetto era finito, e dovevamo andarcene. Per un po’ sono stato in strada, poi finalmente siamo arrivati qui. E ora ho di nuovo paura, perché da un mese continuano a dire che siamo pericolosi. In Libia è stata la stessa storia: facevo il meccanico, finché un giorno, mentre tornavo a casa, i militari mi hanno preso e portato in un accampamento, a lavorare come facchino. Due settimane dopo ci hanno preso tutti i soldi, ci hanno caricato in un furgone e condotti al porto di Tripoli, dove siamo stati praticamente costretti a imbarcarci. Venire qui non è stata neanche una mia scelta, io non vedo la mia famiglia da undici anni, ormai”.

E ora – mentre in una nota ufficiale Marrone si dice soddisfatto della “sconfitta del buonismo del Pd”, invitando la maggioranza “ad assumersi le proprie responsabilità, collaborando allo sgombero” – si attendono ancora dichiarazioni ufficiali da parte della Giunta e degli attivisti del Comitato rifugiati, che stanno cercando di decidere il da farsi. Stando a informazioni trapelate nelle scorse ore, alla Questura sarebbe già stato ordinato di mettere a punto un piano per lo sgombero, al fine di arginare prevedibili contestazioni da parte degli occupanti. Per i quali, mentre le temperature cominciano sempre più spesso a scendere sotto lo zero, l’eventualità di un ritorno in strada sembra farsi di ora in ora più vicina. (ams)

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