Caos totale sui contratti

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Il Jobs act è ancora una sca­tola piena di decreti pre­sen­tati ma non appro­vati, testi non defi­ni­tivi, pareri par­la­men­tari che li vor­reb­bero cam­biare e che spac­cano la mag­gio­ranza, pos­si­bili leggi di ini­zia­tiva popo­lare e refe­ren­dum per cam­biar­gli dia­me­tral­mente faccia.

Oggi dovremmo saperne qual­cosa di più alla fine dell’incontro fra mini­stro Poletti e sin­da­cati — ore 15,30 a via Veneto — con la pro­messa di spie­gare alle parti sociali almeno alcuni dei con­te­nuti dei nuovi prov­ve­di­menti. Ma niente di defi­ni­tivo. Così come solo annunci — e pochi testi — dovreb­bero arri­vare venerdì dal con­si­glio dei mini­stri con troppa carne al fuoco — fisco, libe­ra­liz­za­zioni, Libia — in cui Renzi ha pro­messo di «can­cel­lare i coco­pro». Lì dovreb­bero essere decise le pic­cole modi­fi­che defi­ni­tive ai primi due decreti — con­tratto a tutele cre­scenti e scia­rada di nuovi ammor­tiz­za­tori — e i testi di altri due decreti: tipo­lo­gie con­trat­tuali e con­ci­lia­zione dei tempi di vita con — final­mente — pro­ba­bile esten­sione di un minimo di mater­nità alle par­tite Iva.

Men­tre quello sull’Agenzia unica per le ispe­zioni sul lavoro che dal 2016 uni­fi­cherà gli attuali uffici del mini­stero, Inps e Inail (rispar­miando e tra­sfe­rendo 1.748 lavo­ra­tori ora nelle strut­ture ispet­tive) è già stata fre­nato dalle pro­te­ste dei sin­da­cati («ser­vizi a rischio, gravi ini­quità per i lavo­ra­tori degli enti coin­volti e nes­suna cer­tezza sulle atti­vità da svol­gere, sulle retri­bu­zioni e sulla for­ma­zione del per­so­nale», denun­ciano in una nota uni­ta­ria Cgil, Cisl e Uil). In più è certo che slit­terà a marzo il decreto sulla riforma degli ammor­tiz­za­tori sociali: il governo non ha ancora tro­vato i soldi per le coperture.

Un’indeterminatezza che costringe i tanti attori in gioco a par­lare sem­pre al con­di­zio­nale. Le uni­che — tri­sti — cer­tezze sono la can­cel­la­zione dell’articolo 18 e quella sostan­ziale del con­tratto a tempo inde­ter­mi­nato, sosti­tuito da quello ad inden­nizzi crescenti.

Ieri intanto è andata in scena la spac­ca­tura della mag­gio­ranza alla Camera sul parere al primo decreto attua­tivo sulle tutele cre­scenti. Il pre­si­dente della com­mis­sione Cesare Damiano — reduce da un incon­tro vis a vis con Mat­teo Renzi lunedì in Dire­zione Pd — ha riba­dito le richie­ste di modi­fi­che al testo: can­cel­la­zione dei licen­zia­menti col­let­tivi dal campo di appli­ca­zione del nuovo arti­colo 18 e degli appalti dall’applicazione del nuovo con­tratto, aumento degli inden­nizzi in caso di licen­zia­mento. Una posi­zione che ha pro­dotto il voto con­tra­rio di Ncd — che invece a votato a favore della rela­zione di Sac­coni al Senato che in pra­tica chiede l’approvazione del testo senza sostan­ziali modifiche.

La mossa ha pro­vo­cato la deci­sione di aste­nersi da parte di Sel e M5s. «Noi ave­vamo una rela­zione di mino­ranza ma aste­nen­doci abbiamo voluto sot­to­li­neare la spac­ca­tura nella mag­gio­ranza — spiega Gior­gio Airaudo di Sel — . Il nostro mes­sag­gio al governo è: “Volete ridurre l’enorme danno pro­vo­cato? Modi­fi­cate i testi come chiede Damiano”. Ma io non credo che Renzi lo ascol­terà, appro­vando il testo senza modi­fi­che e dimo­strando alla sini­stra Pd che la lotta andava fatta prima». Damiano, da parte sua, invece sot­to­li­nea «l’unità del par­tito sulle pro­po­ste di modi­fica che miglio­rano il testo».

Il bor­sino delle pre­vi­sioni sui nuovi decreti del governo ieri indi­cava “caos com­pleto”. A parte il vespaio inne­scato dalla bozza sull’Agenzia unica, le riu­nioni for­mali e infor­mali — anche con i sin­da­cati — vanno avanti a getto con­ti­nuo. Pro­ba­bili le can­cel­la­zioni dell’associazione in par­te­ci­pa­zione — usato in alcuni casi per le com­messe delle catene di cal­zi­fici — e del job sha­ring. La can­cel­la­zione dei co?.co?.pro. invece potrebbe essere posti­ci­pata alle calende gre­che — anche metà 2016 — men­tre per le par­tite Iva mono­com­mit­tenti sotto una deter­mi­nata soglia di red­dito (30mila euro) potreb­bero scat­tare tutele minime: malat­tia, mater­nità e ulte­riori bonus fiscali.

La Cgil invece oggi discu­terà il futuro della sua mobi­li­ta­zione. Que­sta mat­tina Susanna Camusso al Diret­tivo lan­cerà la pro­po­sta di un nuovo sta­tuto dei diritti dei lavo­ra­tori, uno sta­tuto inclu­sivo che, a dif­fe­renza del Jobs act, allar­ghi i diritti a pre­cari e par­tite Iva invece che ridurli a tutti. La Cgil quindi non si limita a con­te­stare il Job­s act, ma rilan­cia. La stra­te­gia di Corso Ita­lia sarà duplice: da una parte una pro­ba­bile pro­po­sta di legge di ini­zia­tiva popo­lare per un nuovo Sta­tuto, dall’altra la pos­si­bi­lità di ricorsi in Ita­lia e in Europa e di un refe­ren­dum abro­ga­tivo delle parti più retro­grade del Jobs act: can­cel­la­zione dell’articolo 18, apar­theid fra gio­vani al primo con­tratto e attuali tempi inde­ter­mi­nati. Il par­la­men­tino di Corso Ita­lia sarà chia­mato a deci­dere se imboc­care una strada più “poli­tica” della mobi­li­ta­zione che potrebbe sfo­ciare in una legge di ini­zia­tiva popo­lare su cui ini­ziare pre­sto a rac­co­gliere firme. Una pro­po­sta che non dovrebbe incon­trare alcuna oppo­si­zione interna.



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