Grecia, un com­pro­messo «dignitoso»

Grecia, un com­pro­messo «dignitoso»

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Alle 7.30 di ieri sera dal Megaro Maxi­mou, sede del governo greco, è arri­vata la buona noti­zia: «Sem­bra ci sia un accordo alla riu­nione dell’Eurogruppo». Il con­te­nuto non era ancora noto, molti i dubbi, — la riu­nione di Bru­xel­les era ancora in corso-, ma la sod­di­sfa­zione era già evidente. Ale­xis Tsi­pras, intanto, aveva pre­an­nun­ciato poche ore prima che nel caso che le cose sareb­bero andate male, «noi chie­de­remo imme­dia­ta­mente un ver­tice dell’Ue per dome­nica pros­sima». Su que­sto almeno sem­bra che Ber­lino fosse d’ accordo. Due ore più tardi non era ancora chiaro se Atene insi­steva sul ver­tice e l’attenzione si era spo­stata sul tipo delle riforme che saranno pro­mosse in base all’accordo – a que­sto pro­po­sito fonti gover­na­tive dicono che entro lunedì pros­simo ci sarà una lista -, e sulle misure uni­la­te­rali che il governo greco potrà – o non potrà — appli­care per far fronte alla crisi umanitaria. Si rea­liz­ze­rano per esem­pio le nuove misure annun­ciate ieri dal vice mini­stro dell’economia, Nadia Vala­vani, che per­met­te­ranno ai cit­ta­dini che hanno accu­mu­lato debiti verso lo stato di poter rego­la­riz­zare la loro posi­zione ricor­rendo sino a cento rate men­sili? Oppure saranno blo­catte dai cre­di­tori inter­na­zio­nali? «Nel momento in cui non aggra­vano il bilan­cio dello stato, la rispo­sta è posi­tiva» affer­mano i mini­stri di Syriza, senza aspet­tare i det­ta­gli dell’ accordo all’Eurogruppo. Intanto cre­sce il dibat­tito sull’arroganza dimo­strata dalla Ger­ma­nia: «Noi abbiamo fatto tutto quello che era pos­si­bile… Biso­gna che cia­scuno si prenda le pro­prie respon­sa­bi­lità», aveva com­men­tato poche ore prima della riu­nione dell’Eurogruppo il vice-premier greco, Yanis Dra­ga­sa­kis, respon­sa­bile della poli­tica eco­no­mica del nuovo esecutivo. Atene di fronte all’ultimatum dei suoi part­ner e al peri­colo di un tra­collo finan­zia­rio – le ultime set­ti­mane sono state cri­ti­che per l’economia — ha voluto fare un passo indie­tro per otte­nere un com­pro­messo «digni­toso». Il governo «ha get­tato acqua nel suo vino», come si dice in Gre­cia quando qual­cuno fa un com­pro­messo. Si è reso conto che Ber­lino lo tra­sci­nava in un nego­ziato senza fine con l’obiettivo di inde­bo­lire il suo potere con­trat­tuale. Più si avvi­ci­nava il 28 feb­braio, più la posi­zione di Atene si sarebbe inde­bo­lita. Ecco per­ché Tsi­pras ha deciso di chiu­dere a tutti i costi il nego­ziato nella riu­nione di ieri. Il mini­stro delle Finanze greco aveva chie­sto un emen­da­mento dell’attuale pro­gramma, poi, invece, ha pro­po­sto un’estensione di sei mesi. Del pro­gramma nella sua tota­lità, come vor­reb­bero Ber­lino e altri part­ner euro­pei? No di certo. Varou­fa­kis ha chie­sto l’estensione del Master Finan­cial Assi­stance Faci­lity Agree­ment, il ter­mine legale con cui viene defi­nito l’attuale pro­gramma eco­no­mico, il memo­ran­dum, che scade il 28 feb­braio, senza asso­ciarlo alle misure spe­ci­fi­che di auste­rity. A sca­dere è l’accordo di finan­zia­mento, non le con­di­zioni ad esso asso­ciate, fanno notare fonti di Bru­xel­les. Non si tratta quindi come è stato scritto di una guerra di parole, è una que­stione di sostanza. Atene, inol­tre, aveva chie­sto un forte hair-cut del debito pub­blico, per­ché inso­ste­ni­bile (180% del Pil), il dimez­za­mento dell’obiettivo dell’ avanzo pri­ma­rio (dal 4% al 1,5% per il 2015) in modo da «otte­nere un po’ di soldi» e far fronte alla crisi uma­ni­ta­ria, la sosti­tu­zione del dia­logo tra i rap­pre­sen­tanti della troika (Fmi, Ue, Bce) e i mini­stri greci con una super­vi­sione poli­tica, ovvero con un dia­logo tra il governo e le isti­tu­zioni europee. Nella sua let­tera all’Eurogruppo Varou­fa­kis lascia da parte per ora la richie­sta di ridurre il debito, dice sem­pli­ce­mente che dovrà essere soste­ni­bile, parla in modo gene­rico della neces­sità di ridurre l’obiettivo dell’avanzo pri­ma­rio, accet­te­rebbe il moni­to­rag­gio delle isti­tu­zioni inter­na­zio­nali, pro­mette di pun­tare al risa­na­mento del bilan­cio, mette l’accento sulla lotta all’evasione fiscale, pro­mette di non pren­dere misure unilaterali. «Un segnale posi­tivo» in vista di «un com­pro­messo ragio­ne­vole» ha defi­nito la richie­sta greca il pre­si­dente della Com­mis­sione Jean-Claude Junc­ker. Stesso soste­gno indi­retto anche da Roma e da Parigi. Quello forse che non è noto è il fatto che la let­tera con la richie­sta di Atene era il frutto di una stret­tis­sima col­la­bo­ra­zione tra la Com­mis­sione euro­pea e il governo di Syriza in vista della riu­nione deci­siva. Sem­bra quindi che da parte dei cre­di­tori inter­na­zio­nali c’è la volontà di essere fles­si­bili, di dare tempo e spa­zio ad Atene e il suo neo-governo di orga­niz­zare il suo piano di risanamento. Ber­lino e lo schie­ra­mento degli «irri­du­ci­bili», invece, cia­scuno per motivi diversi, sono stati cate­go­rici die­tro al nein tede­sco. Temono l’eventualità di un con­ta­gio delle idee “sov­ver­sive” gre­che per i paesi che hanno subito l’austerity. Ber­lino vor­rebbe schiac­ciare Atene. Se ci riu­scirà si vedrà pre­sto, dal con­te­nuto dell’accordo.



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