Il Pd si divide sulla Palestina il governo blocca il riconoscimento “Non è il momento migliore”

Il Pd si divide sulla Palestina il governo blocca il riconoscimento “Non è il momento migliore”

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ROMA . Due mozioni per il riconoscimento dello Stato di Palestina, il Pd spaccato e il governo che frena. «Lo capite da soli. Quantomeno la tempistica è completamente sbagliata», confida il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ad alcuni deputati amici. Con l’Isis a 200 miglia dalle coste italiane, con la complicatissima mediazione sulla Libia, il voto sulla legittimità di un’autorità palestinese in questo momento sarebbe stato veramente il colmo. Ci ha pensato un po’ il destino e un po’ la contrarietà di Palazzo Chigi a risolvere il problema salvando anche il Pd dalla storica frattura tra filo-israeliani e filo-arabi. Oggi infatti gli ordini del giorno saltano per via della fiducia sul Milleproroghe (che si approva stasera interrompendo i lavori in aula) e slittano a chissà quando, perché non sono provvedimenti urgenti. Finiranno in fondo a un fitto calendario, forse tra un mese. O più.
Il caso comunque scoppia e non evita la divisione nel Pd. All’assemblea del gruppo il deputato di religione ebraica Emanuele Fiano avvisa: «Se si vota questa roba, rivendico la libertà di coscienza ». Walter Verini chiede il rinvio. Pippo Civati invece si schiera a favore del riconoscimento: «Lo chiedo anche intellettuali ebrei come David Grossman ». L’ambasciata israeliana, con un comunicato, avverte: «Rischiate di incoraggiare i palestinesi a rifiutare i negoziati. State allontanando la pace». Ma il Pd, a quel punto, ha già raggiunto il punto di rottura. Sono 15 le firme di deputati dem sotto la mozione di Sel che invoca un riconoscimento pieno della Palestina. E addirittura 31 deputati Pd sostengono il testo della socialista Pia
Locatelli che impegna l’esecutivo a un via libera «definitivo» alla Palestina. Ci sono, tra gli altri, la bindiana Miotto, i bersaniani Fassina, Zoggia, Damiano e Giorgis, Civati e Sandra Zampa.
Palazzo Chigi e la Farnesina ufficialmente non intervengono. «È una materia parlamentare», spiega Renzi ai suoi collaboratori. Aggiungendo:«La materia è molto scivolosa». In realtà, il governo corre ai ripari e affida la “toppa” al responsabile Esteri Enzo Amendola. Amendola riceve il mandato a scrivere una mozione del Pd, che escluda il voto alle altre. Una mozione che usi i toni felpati della diplomazia e si muova cautamente sulla linea di “due popoli, due stati”. Alla fine, il voto salta e così il testo. Se ne riparla tra qualche settimana.
Resta una certezza. Il governo Renzi non ha alcuna intenzione di impegnarsi al riconoscimento della Palestina. Negli uffici del ministro Gentiloni si fa notare che i parlamenti di molti Paesi europei hanno votato risoluzioni sul Medioriente, dal Regno unito alla Francia, dallo stesso Europarlamento all’Onu. Ma solo in Svezia, tra le nazioni del nucleo storico Ue, quel tipo di mozione è stata poi adottata dal potere esecutivo. Come dire: Montecitorio agisca a suo piacimento, poi il governo non compirà alcuna scelta affrettata. Non è la linea di Massimo D’Alema che a Otto e mezzo invita a tenere conto del voto di quei parlamenti: «Se non diamo speranza alle leadership arabe moderate, non stupiamoci se lì vincono fondamentalismo e terrorismo».


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