Jobs Act, Cgil: «Più precari e meno pagati, non è una riforma, è “ammuina”»

Jobs Act, Cgil: «Più precari e meno pagati, non è una riforma, è “ammuina”»

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Sul Jobs Act ci sono idee chiare. E incon­ci­lia­bili. All’indomani dell’approvazione defi­ni­tiva dei decreti su fles­si­bi­lità e ammor­tiz­za­tori sociali il governo Renzi ha emesso un comu­ni­cato dove sostiene che il prov­ve­di­mento avrà un impatto sul Pil addi­rit­tura del +1% nel 2020. Il tam tam ha messo di buo­nu­more le truppe ren­ziane che hanno esi­bito l’ottimismo d’ordinanza: «Dopo 20 anni alla flex si aggiunge secu­rity: ammor­tiz­za­tori, mater­nità, basta cococo coco­pro» ha scritto la mini­stra della fun­zione pub­blica Marianna Madia in un tweet cele­bra­tivo. Il sotto-segretario all’Istruzione Davide Faraone, che ha l’abitudine di inter­ve­nire su tutto, ha preso la mira con­tro la Cgil: «Il Jobs act è una riforma del lavoro seria e coe­rente. Ci dispiace che ci sia un atteg­gia­mento di resi­stenza. Quello schema di gioco che ci ha pro­po­sto la Cgil in que­sti anni non ha fun­zio­nato — dice — tanto è vero che la disoc­cu­pa­zione è aumen­tata. Noi stiamo pra­ti­cando un altro schema di gioco e pen­siamo che si vin­cente. I segnali che ci arri­vano sull’economia sono inco­rag­gianti, ma arri­vano per­ché c’è un governo che opera».

Dun­que, a metà del pome­rig­gio, dal fronte ren­ziano è spun­tata la seguente teo­ria: se dal 2078 a oggi, la disoc­cu­pa­zione è rad­dop­piata la colpa è della Cgil e non dei governi Ber­lu­sconi, Monti, Letta e Renzi. Gli ultimi tre gui­dati dalle «lar­ghe intese», con il Pd in prima fila. La rispo­sta del sin­da­cato è stata ispi­rata dall’ironia ed è stata affi­data a twit­ter con l’hashtag «solo ammuina»: i decreti attua­tivi del Job­sAct «non cam­bia­no­verso». Segue una serie di mes­saggi dove, in breve, si rias­su­mono le cri­ti­che ad un prov­ve­di­mento rite­nuto inef­fi­cace, inco­sti­tu­zio­nale e pro­dut­tore di nuova pre­ca­rietà a misura delle aziende– Quelle che hanno festeg­giato l’impresa ren­ziana. «Restano i cococo e si somma la mone­tiz­za­zione cre­scente. La pre­ca­rietà aumenta non dimi­nui­sce». Si cam­bia il nome del nuovo con­tratto a tempo inde­ter­mi­nato intro­dotto da uno dei prov­ve­di­menti varati dal Cdm da «tutele cre­scenti» in «mone­tiz­za­zione crescente».

E ancora: «Più pre­ca­riz­zati, meno pagati», si legge ancora il pro­filo del sin­da­cato. «Sei a ter­mine, som­mi­ni­strato, a chia­mata, P. Iva, acces­so­rio, oppure sei inde­ter­mi­nato ma non più tute­lato. E se riven­di­chi i tuoi diritti sei deman­sio­nato o licen­ziato». Come si vede, sono idee dif­fi­cil­mente con­ci­lia­bili con quelle del fronte renziano.

Il sin­da­cato di Corso Ita­lia non è rima­sto da solo nel gioco delle dichia­ra­zioni con­trap­po­ste. Il segre­ta­rio della Uil Car­melo Bar­ba­gallo ha le idee chiare: «Hanno detto che avreb­bero tolto tutti i con­tratti di pre­ca­rietà, ma poi non l’hanno fatto. Sono dei bugiardi». Più pru­dente la rea­zione di Anna Maria Fur­lan, segre­ta­ria della Cisl: su alcune cose sono stati «fatti passi avanti» come per il con­tratto a tutele cre­scenti, men­tre su altre come lo sfol­ti­mento del numero dei con­tratti «il risul­tato è delu­dente». «Ci sono stati anche anche dei pareri non favo­re­voli da parte delle com­mis­sioni di Camera e Senato e forse sarebbe stato oppor­tuno tenerli nel dovuto conto» ha detto la pre­si­dente della Camera Laura Boldrini.

Rin­cara la dose il lea­der di Sel Ven­dola: «Que­sta è una con­tro­ri­forma. Con­ferma, nono­stante la volontà con­tra­ria del Par­la­mento, i licen­zia­menti col­let­tivi, non chia­ri­sce quali siano le risorse utili ad ali­men­tare gli ammor­tiz­za­tori sociali, con­ferma la spa­ri­zione dell’art.18, spa­ri­sce il diritto al lavoro e avanza il diritto al licen­zia­mento, restano 45 con­tratti ati­pici su 47». «Di cre­scente resta solo la pre­ca­rietà, culla della depres­sione eco­no­mica; riman­gono, per l’appunto, forme iper-flessibili come il lavoro a chia­mata e viene inco­rag­giata la »som­mi­ni­stra­zione» attacca il blog 5 Stelle di Grillo. Mau­ri­zio Sac­coni, gamba destra del governo, ha invece illu­strato i pros­simi passi dell’esecutivo: can­cel­lato lo sta­tuto dei lavo­ra­tori, creare un nuovo «Sta­tuto dei lavori» dove «rico­no­scere la pari dignità di tutti i lavori, dipen­denti e indi­pen­denti, con alcune tutele comuni».



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