La lista della maxi evasione Identificati i primi 351 nomi
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MILANO «La situazione emersa è particolarmente grave e denota, da parte dei clienti italiani titolari delle disponibilità estere, la marcata intenzione di occultare al Fisco italiano la loro reale situazione patrimoniale ed economica». Così ha scritto il direttore centrale dell’Agenzia delle entrate, Aldo Polito, ai responsabili delle Direzioni regionali, il 12 dicembre scorso. Una comunicazione dettagliata in cui li informa dell’indagine della Procura di Milano su un’ipotetica frode fiscale «per svariate centinaia di milioni di euro» commessa da almeno 351 persone attraverso il sistema di polizze assicurative della succursale italiana di una società del gruppo Credit Suisse, banca con sede a Zurigo. E 351 sono soltanto i nomi già identificati dagli investigatori della Guardia di Finanza e comunicati agli inquirenti, che tutti insieme avrebbero nascosto un miliardo di euro; all’esame di pubblici ministeri e Fiamme gialle ci sono altre polizze cifrate — per un totale di mille — che hanno consentito di celare all’erario circa otto miliardi complessivi.
Cifre che i finanzieri hanno calcolato dopo aver esaminato i documenti trovati nella sede milanese della società Credit Suisse Life & Pension Aktiengesellschaft (Cslp); carte dalle quali «è stato possibile ricostruire un’attività di promozione di strumenti finanziari denominati “polizze assicurative” rivolte a clienti italiani e non confluita nella contabilità ufficiale della Clsp», scrive Polito.
Ipotesi riciclaggio
Fra i 351 nomi di clienti indiziati di voler nascondere le proprie ricchezze, ce n’è uno già noto alle cronache giudiziarie e che fra due settimane comparirà davanti al tribunale di Messina per rispondere, insieme a una ventina di altri imputati, di associazione per delinquere finalizzata al peculato, truffa, falso in bilancio e altri reati: è il deputato del Pd (ex Dc, Cdu, Udr, Ppi e Margherita) Francantonio Genovese, arrestato lo scorso maggio su richiesta della Procura siciliana e del gip dopo l’autorizzazione concessa dalla Camera. Mandato quasi subito agli arresti domiciliari, un mese fa la corte di Cassazione l’ha rispedito in carcere. Genovese s’è quindi rivolto al tribunale per tornare ai domiciliari che però gli sono stati negati; la parola è ora al Riesame. Nel frattempo la Procura ha ricevuto da Milano gli atti sul coinvolgimento del deputato nella sospetta maxi-evasione orchestrata attraverso la filiale della banca svizzera. Nel solo 2005, anno per il quale l’Agenzia delle entrate ha inviato la segnalazione ai sospetti evasori in modo da evitare la prescrizione, Genovese avrebbe portato all’estero poco più di 16 milioni. Una somma spropositata rispetto a redditi e attività ufficiali, che ha fatto aprire a suo carico un nuovo fascicolo penale con l’ipotesi di riciclaggio.
Il grosso dell’indagine resta a Milano ed è quella di cui ha fatto cenno il procuratore Bruti Liberati nel «bilancio sociale» di fine 2014: inchiesta guidata dall’aggiunto Francesco Greco su «circa mille clienti italiani che hanno investito, al di fuori del rispetto delle norme sul monitoraggio fiscale, in polizze vita di Paesi black list ». Ora la comunicazione dell’Agenzia delle entrate fornisce ulteriori dettagli. Gli «strumenti finanziari finalizzati a occultare capitali all’estero sarebbero stati commercializzati in Italia da dipendenti di società del gruppo Credit Suisse, ovvero da soggetti terzi esterni», attraverso due canali: la vendita delle polizze «da parte della casa madre Cslp che ha sede in Liechtenstein»,e la «vendita da parte della Credit Suisse Life con sede nelle isole Bermuda».
Somme «scudate»
Secondo l’Agenzia, i prodotti emessi dal «canale bermudese» sono stati «appositamente ideati per sfuggire anche alla tassazione sugli interessi maturati sui depositi di capitali detenuti in Svizzera, la cosiddetta “euroritenuta”», vale a dire la tassazione all’origine sancita dall’accordo tra la Confederazione e l’Unione europea. Un sistema che sembra escogitato appositamente per eludere i controlli e nascondere soldi allo Stato da parte di cittadini italiani. «Le disponibilità estere dei clienti — sottolinea ancora il direttore dell’Agenzia delle entrate — sono state impiegate in differenti attività d’investimento finanziario localizzate in un Paese a fiscalità privilegiata (Svizzera), mediante la corresponsione di un “premio” per la sottoscrizione di un prodotto finanziario denominato Life Portfolio International che solo formalmente ha natura assicurativa». In realtà la vera ragione dei contratti sottoscritti «era finalizzata ad occultare all’erario ingenti disponibilità finanziarie, con garanzie dell’anonimato grazie all’interposizione della compagnia assicurativa con sede nelle Bermuda o nel Lichtenstein, che l’avrebbe gestito attraverso depositi collocati presso istituti di credito elvetici».
Che l’obiettivo fosse l’occultamento di capitali per sfuggire alle tasse sarebbe confermato dal fatto che alcune polizze sono state già oggetto di adesione al programma di voluntary disclosure , cioè lo scudo fiscale che ha permesso il rientro dei soldi dietro pagamento di una multa ridotta. L’indagine della Finanza e della Procura milanese — che procede per i reati di frode fiscale, ostacolo all’attività di vigilanza, riciclaggio e abusivismo finanziario — prosegue per accertare le responsabilità della banca e dei funzionari che hanno promosso l’iniziativa con i facoltosi clienti italiani, oltre che per individuare le centinaia di nomi ancora nascosti di chi ha sottoscritto le polizze truffaldine.
Giovanni Bianconi, Giuseppe Guastella
Ipotesi riciclaggio
Fra i 351 nomi di clienti indiziati di voler nascondere le proprie ricchezze, ce n’è uno già noto alle cronache giudiziarie e che fra due settimane comparirà davanti al tribunale di Messina per rispondere, insieme a una ventina di altri imputati, di associazione per delinquere finalizzata al peculato, truffa, falso in bilancio e altri reati: è il deputato del Pd (ex Dc, Cdu, Udr, Ppi e Margherita) Francantonio Genovese, arrestato lo scorso maggio su richiesta della Procura siciliana e del gip dopo l’autorizzazione concessa dalla Camera. Mandato quasi subito agli arresti domiciliari, un mese fa la corte di Cassazione l’ha rispedito in carcere. Genovese s’è quindi rivolto al tribunale per tornare ai domiciliari che però gli sono stati negati; la parola è ora al Riesame. Nel frattempo la Procura ha ricevuto da Milano gli atti sul coinvolgimento del deputato nella sospetta maxi-evasione orchestrata attraverso la filiale della banca svizzera. Nel solo 2005, anno per il quale l’Agenzia delle entrate ha inviato la segnalazione ai sospetti evasori in modo da evitare la prescrizione, Genovese avrebbe portato all’estero poco più di 16 milioni. Una somma spropositata rispetto a redditi e attività ufficiali, che ha fatto aprire a suo carico un nuovo fascicolo penale con l’ipotesi di riciclaggio.
Il grosso dell’indagine resta a Milano ed è quella di cui ha fatto cenno il procuratore Bruti Liberati nel «bilancio sociale» di fine 2014: inchiesta guidata dall’aggiunto Francesco Greco su «circa mille clienti italiani che hanno investito, al di fuori del rispetto delle norme sul monitoraggio fiscale, in polizze vita di Paesi black list ». Ora la comunicazione dell’Agenzia delle entrate fornisce ulteriori dettagli. Gli «strumenti finanziari finalizzati a occultare capitali all’estero sarebbero stati commercializzati in Italia da dipendenti di società del gruppo Credit Suisse, ovvero da soggetti terzi esterni», attraverso due canali: la vendita delle polizze «da parte della casa madre Cslp che ha sede in Liechtenstein»,e la «vendita da parte della Credit Suisse Life con sede nelle isole Bermuda».
Somme «scudate»
Secondo l’Agenzia, i prodotti emessi dal «canale bermudese» sono stati «appositamente ideati per sfuggire anche alla tassazione sugli interessi maturati sui depositi di capitali detenuti in Svizzera, la cosiddetta “euroritenuta”», vale a dire la tassazione all’origine sancita dall’accordo tra la Confederazione e l’Unione europea. Un sistema che sembra escogitato appositamente per eludere i controlli e nascondere soldi allo Stato da parte di cittadini italiani. «Le disponibilità estere dei clienti — sottolinea ancora il direttore dell’Agenzia delle entrate — sono state impiegate in differenti attività d’investimento finanziario localizzate in un Paese a fiscalità privilegiata (Svizzera), mediante la corresponsione di un “premio” per la sottoscrizione di un prodotto finanziario denominato Life Portfolio International che solo formalmente ha natura assicurativa». In realtà la vera ragione dei contratti sottoscritti «era finalizzata ad occultare all’erario ingenti disponibilità finanziarie, con garanzie dell’anonimato grazie all’interposizione della compagnia assicurativa con sede nelle Bermuda o nel Lichtenstein, che l’avrebbe gestito attraverso depositi collocati presso istituti di credito elvetici».
Che l’obiettivo fosse l’occultamento di capitali per sfuggire alle tasse sarebbe confermato dal fatto che alcune polizze sono state già oggetto di adesione al programma di voluntary disclosure , cioè lo scudo fiscale che ha permesso il rientro dei soldi dietro pagamento di una multa ridotta. L’indagine della Finanza e della Procura milanese — che procede per i reati di frode fiscale, ostacolo all’attività di vigilanza, riciclaggio e abusivismo finanziario — prosegue per accertare le responsabilità della banca e dei funzionari che hanno promosso l’iniziativa con i facoltosi clienti italiani, oltre che per individuare le centinaia di nomi ancora nascosti di chi ha sottoscritto le polizze truffaldine.
Giovanni Bianconi, Giuseppe Guastella
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