La rivoluzione del disarmo

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Che la Gre­cia abbia vol­tato pagina dome­nica 25 gen­naio, il giorno della vit­to­ria di Syriza, lo si vede chia­ra­mente dal com­por­ta­mento dei poli­ziotti. Si sono dovuti ade­guare alla nuova situa­zione poli­tica e sociale. Del resto era uno degli impe­gni presi dalla sini­stra radi­cale in cam­pa­gna elet­to­rale: disar­mare gli agenti della poli­zia durante le mani­fe­sta­zioni. «Il ruolo della poli­zia nelle mani­fe­sta­zioni deve cam­biare e l’uso delle armi da fuoco va evi­tato e limi­tato ai soli casi estremi» ha dichia­rato il vice­mi­ni­stro per la Pro­te­zione del cit­ta­dino Yan­nis Panous­sis, il pro­fes­sore di cri­mi­no­lo­gia che ha fatto allon­ta­nare anche le tran­senne anti-facinorosi di fronte al par­la­mento greco. Un gesto sim­bo­lico, ma anche molto concreto.

La deci­sione di disar­mare i poli­ziotti in tenuta anti­som­mossa e gli agenti in moto della squa­dra Delta, famosi per gli attac­chi indi­scri­mi­nati con­tro mani­fe­stanti, era soprat­tutto una neces­sità che veniva dai fatti. Per decenni durante le mani­fe­sta­zioni di pro­te­sta le strade attorno al Poli­tec­nico, sim­bolo della resi­stenza con­tro i colo­nelli, ma anche la Pla­tia Syn­tag­ma­tos, la Piazza della Costi­tu­zione, a pochi passi dal par­la­mento e dalle prin­ci­pali amba­sciate, si tra­sfor­ma­vano in tea­tro di scon­tri duris­simi. Le imma­gini dei poliziotti-rambo armati fino ai denti che lan­cia­vano lacri­mo­geni e gas chi­mici proi­biti e dall’altra parte quelle dei gio­vani incap­puc­ciati che lan­cia­vano sassi, pezzi di marmo e bot­ti­glie molo­tov hanno fatto ogni volta il giro del mondo. «Atene in fiamme» erano i titoli dei media che descri­ve­vano come i Mat, le forze spe­ciali della poli­zia, attac­ca­vano non solo i gio­vani incap­puc­ciati, ma spesso (e volen­tieri) in modo vio­lento e con sostanze chi­mi­che anche i mani­fe­stanti paci­fici, donne o pen­sio­nati in sciopero.

Accanto agli agenti, come hanno dimo­strato video e foto, c’erano di solito uomini in bor­ghese, spesso incap­puc­ciati e con man­ga­nelli in mano: sono i mem­bri delle squa­dre para­sta­tali o di Chrysi Avghi (Alba Dorata). Durante le mani­fe­sta­zioni di pro­te­sta si sono anche visti poli­ziotti in tenuta anti­som­mossa immo­bili men­tre squa­dri­sti neri lan­cia­vano sassi e lacri­mo­geni con­tro i mani­fe­stanti. Alcuni ex espo­nenti neo­na­zi­sti hanno soste­nuto che «c’è una stretta col­la­bo­ra­zione tra i ser­vizi segreti e l’organizzazione di Chrysi Avghi». Lo stesso lea­der Micha­lo­lia­kos sarebbe vicino ai ser­vizi segreti.

Nes­suno però tra i mini­stri dei governi pre­ce­denti, né tra i giu­dici, aveva mai pen­sato di rom­pere que­sto stretto rap­porto tra le forze dell’ordine e orga­niz­za­zioni para­sta­tali e nazi­ste. Tant’è che, come è stato dimo­strato da un’analisi del quo­ti­diano To Vima (La Tri­buna), nelle ele­zioni del mag­gio 2012 la metà degli agenti di poli­zia aveva votato per il par­tito nazi­sta. Un mes­sag­gio pre­oc­cu­pante, ma del tutto spie­ga­bile in una Gre­cia sem­pre più sof­fo­cata dalla crisi e dall’ingovernabilità, dove fin dal periodo della guerra civile degli anni 40 gli agenti sono sem­pre stati la lunga mano della destra.

Gli atti­vi­sti della sini­stra greca hanno vis­suto sulla pro­pria pelle la vio­lenza della poli­zia. Ale­xis Gri­go­ro­pou­los (lo stu­dente ucciso nel 2008 nel quar­tiere Exar­chia di Atene, dalla cui omi­ci­dio è ini­ziata la rivolta) è ’sol­tanto’ il 43esimo della lunga lista di gio­vani assas­si­nati o feriti gra­ve­mente da man­ga­nel­late o da armi da fuoco da poli­ziotti fin dalla caduta della giunta nel 1974. Secondo un rap­porto dell’Onu nel periodo 2003–2007 dei 99 poli­ziotti che hanno fatto uso di armi, ucci­dendo 12 per­sone, solo uno è stato con­dan­nato, men­tre la Gre­cia è stata con­dan­nata quat­tro volte dal Tri­bu­nale euro­peo per i diritti dell’uomo per abuso e uso ille­cito di armi da parte di agenti. «Lo stato siete voi» aveva detto anni fa l’ex pre­mier greco e oggi pre­si­dente ono­ra­rio di Nuova Demo­cra­zia Costan­tino Mitsotakis.

Que­sta è la situa­zione che il nuovo governo di Syriza oggi deve cam­biare. «Quei tempi dovreb­bero essere finiti. Per arri­vare a usare spray chi­mici le cose devono aver rag­giunto un livello estremo. Se si dispone di infor­ma­zioni che lo ren­dono neces­sa­rio, o se suc­cede qual­cosa di impre­ve­di­bile, la poli­zia sarà ovun­que: ma non con le armi» ha sot­to­li­neato Panous­sis. All’inizio, secondo gior­nali con­ser­va­tori, i poli­ziotti in tenuta anti­som­mossa «pre­po­sti a man­te­nere l’ordine pub­blico, rischiando mol­tis­sime volte la vita nei vio­lenti scon­tri di piazza, hanno rea­gito al disarmo con scet­ti­ci­smo», poi «con con­fu­sione e incer­tezza».
La realtà, però, li ha si è inca­ri­cata di dar loro torto. Sabato scorso un migliaio di nazi­sti di Alba Dorata hanno orga­niz­zato una mani­fe­sta­zione in memo­ria dei tre eli­cot­te­ri­sti greci morti nel 1996 sull’isoletta di Imia nel corso di un con­fronto armato con le forze armate tur­che. Cin­que mila anti­fa­sci­sti sono scesi in pla­tia Syn­tag­ma­tos. Nel pas­sato lo scon­tro sarebbe stato ine­vi­ta­bile. Que­sta volta la poli­zia anti-sommossa è stata dispie­gata senza armi da fuoco e ha rice­vuto l’ordine di tenersi a debita distanza dai dimo­stranti. Risul­tato: nes­sun inci­dente. Qual­cuno ha dise­gnato graf­fiti selle auto di poli­zia.
«Le istru­zioni erano pre­cise» ha spie­gato un alto fun­zio­na­rio di poli­zia. Ed erano: restare defi­lati, non accet­tare pro­vo­ca­zioni, tenere aperte le sta­zioni del metrò. Le nuove dispo­si­zione del governo impe­di­scono l’utilizzo di poli­ziotti in bor­ghese e le regole d’ingaggio sono chiare: «Met­tere un nastro di pla­stica a 50 metri dalle bar­ri­cate con i pull­man. Un fun­zio­na­rio da solo tratta con il cor­teo. Solo se i mani­fe­stanti mostrano aggres­si­vità e rom­pono il nastro sarà con­sen­tito l’uso della forza agli agenti».

A com­ple­ta­mento dell’opera, il primo mini­stro Ale­xis Tsi­pras ha nomi­nato un nuovo capo dei ser­vizi segreti elle­nici (Eyp): è Yan­nis Rou­ba­tis, gior­na­li­sta, ex euro­par­la­men­tare socia­li­sta e autore di un libro in cui denun­cia le ammi­ni­stra­zioni ame­ri­cane e i par­titi con­ser­va­tori greci del dopo­guerra di aver col­la­bo­rato con i ser­vizi segreti statunitensi



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