«Riforme, il Pil crescerà del 3,6%» Il pacchetto lavoro va a Bruxelles

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ROMA «Le riforme annunciate e implementate dal governo italiano avranno un impatto molto significativo sul Pil, pari al 3,6% nel 2020», una previsione anche migliore di quella dell’Ocse (+3,3%). Il ministero dell’Economia, in uno dei documenti inviati alla Commissione Europea, quantifica così gli effetti positivi del Jobs act e degli altri interventi strutturali promossi dall’esecutivo e concordati con la stessa Ue.
Entro pochi giorni saranno pubblicati sulla Gazzetta ufficiale i decreti del Jobs act che cambieranno l’accesso al mondo del lavoro per i giovani.
Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, dopo avere definito il varo dei decreti «un successo storico», sottolinea che «il governo fa delle riforme strutturali un elemento centrale della propria politica economica. In Italia sono almeno 20 anni che ostacoli impediscono di crescere, ma questo vale, in misura diversa, per tutti i Paesi europei». Il tema delle riforme, secondo Padoan, è un tema da portare sempre di più a livello di politica europea, «perché le riforme economiche hanno un impatto non solo su un Paese, ma anche sul suo vicino».
Secondo le stime del governo, la sola riforma del mercato del lavoro avrà un impatto positivo sul Pil al 2020 dello 0,9%, mentre sul periodo di tempo più lungo il beneficio potrà arrivare, sempre in termini di maggior prodotto interno lordo, all’1,6%. Il Jobs act inoltre avrà, sostiene il Mef nel documento inviato a Bruxelles, «effetti benefici per gli investimenti. E con l’aumento dell’occupazione la riforma assicurerà anche la sostenibilità del sistema pensionistico».
Se si calcola l’impatto cumulato di tutti gli interventi messi in campo dall’esecutivo la crescita del Pil nel lungo termine, ipotizzata dal governo, è compresa tra +7,3% e +10,7%.
L’effetto delle riforme sulla crescita dell’economia è un elemento cruciale in vista del nuovo esame dei conti pubblici italiani da parte della Ue. La legge di Stabilità del 2015 prevede un allentamento del percorso di risanamento dei conti, giustificato in parte dalla lunghezza della crisi molto superiore al previsto, dall’altra proprio dall’esigenza di finanziare e attuare le riforme strutturali cui affidare il rilancio dell’economia. Ad ottobre, esaminando il bilancio preventivo italiano, la Ue aveva sospeso il proprio giudizio e concesso al governo fino a marzo per dimostrare l’effettiva capacità delle riforme di stimolare la crescita. Trasmesse tutte le carte a Bruxelles, saranno i servizi della Commissione, ora, ad esaminare quadro e numeri presentati dall’esecutivo. Il rapporto della Direzione Affari economici sui conti italiani, ma anche su quelli di Francia e Belgio, sarà presentato e discusso all’Eurogruppo il prossimo 9 marzo e all’Ecofin il giorno dopo.
Probabilmente se ne discuterà anche al tavolo dei capi di Stato che si riuniscono in un Consiglio europeo il 19 e 20 marzo.
Tornando alle riforme piovono molte critiche. La Cgia di Mestre commenta: «A eccezione di medicinali e telefonia, i prezzi e le tariffe sono aumentati in misura maggiore dell’inflazione». In pratica, sostiene la Cgia, «l’obiettivo di favorire i consumatori finali non è stato raggiunto». Analoga opinione sul provvedimento dall’Associazione italiana giovani notai (Asign): il ddl «tende alla distruzione progressiva di un sistema che attualmente funziona perfettamente, dà sicurezza in ogni cittadino che si avvicina a un acquisto immobiliare o a un’operazione societaria». Se Federconsumatori e Adusbef sono delusi per i contenuti su energia, assicurazioni e farmaci, parere diverso da Assofarm che commenta: «La vendita di medicine di fascia C solo in farmacia è una scelta di buon senso». Ma la Coop replica: «È una occasione persa per gli italiani che continueranno a pagare i medicinali di fascia C in farmacia a un prezzo più alto».
Francesco Di Frischia
Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, dopo avere definito il varo dei decreti «un successo storico», sottolinea che «il governo fa delle riforme strutturali un elemento centrale della propria politica economica. In Italia sono almeno 20 anni che ostacoli impediscono di crescere, ma questo vale, in misura diversa, per tutti i Paesi europei». Il tema delle riforme, secondo Padoan, è un tema da portare sempre di più a livello di politica europea, «perché le riforme economiche hanno un impatto non solo su un Paese, ma anche sul suo vicino».
Secondo le stime del governo, la sola riforma del mercato del lavoro avrà un impatto positivo sul Pil al 2020 dello 0,9%, mentre sul periodo di tempo più lungo il beneficio potrà arrivare, sempre in termini di maggior prodotto interno lordo, all’1,6%. Il Jobs act inoltre avrà, sostiene il Mef nel documento inviato a Bruxelles, «effetti benefici per gli investimenti. E con l’aumento dell’occupazione la riforma assicurerà anche la sostenibilità del sistema pensionistico».
Se si calcola l’impatto cumulato di tutti gli interventi messi in campo dall’esecutivo la crescita del Pil nel lungo termine, ipotizzata dal governo, è compresa tra +7,3% e +10,7%.
L’effetto delle riforme sulla crescita dell’economia è un elemento cruciale in vista del nuovo esame dei conti pubblici italiani da parte della Ue. La legge di Stabilità del 2015 prevede un allentamento del percorso di risanamento dei conti, giustificato in parte dalla lunghezza della crisi molto superiore al previsto, dall’altra proprio dall’esigenza di finanziare e attuare le riforme strutturali cui affidare il rilancio dell’economia. Ad ottobre, esaminando il bilancio preventivo italiano, la Ue aveva sospeso il proprio giudizio e concesso al governo fino a marzo per dimostrare l’effettiva capacità delle riforme di stimolare la crescita. Trasmesse tutte le carte a Bruxelles, saranno i servizi della Commissione, ora, ad esaminare quadro e numeri presentati dall’esecutivo. Il rapporto della Direzione Affari economici sui conti italiani, ma anche su quelli di Francia e Belgio, sarà presentato e discusso all’Eurogruppo il prossimo 9 marzo e all’Ecofin il giorno dopo.
Probabilmente se ne discuterà anche al tavolo dei capi di Stato che si riuniscono in un Consiglio europeo il 19 e 20 marzo.
Tornando alle riforme piovono molte critiche. La Cgia di Mestre commenta: «A eccezione di medicinali e telefonia, i prezzi e le tariffe sono aumentati in misura maggiore dell’inflazione». In pratica, sostiene la Cgia, «l’obiettivo di favorire i consumatori finali non è stato raggiunto». Analoga opinione sul provvedimento dall’Associazione italiana giovani notai (Asign): il ddl «tende alla distruzione progressiva di un sistema che attualmente funziona perfettamente, dà sicurezza in ogni cittadino che si avvicina a un acquisto immobiliare o a un’operazione societaria». Se Federconsumatori e Adusbef sono delusi per i contenuti su energia, assicurazioni e farmaci, parere diverso da Assofarm che commenta: «La vendita di medicine di fascia C solo in farmacia è una scelta di buon senso». Ma la Coop replica: «È una occasione persa per gli italiani che continueranno a pagare i medicinali di fascia C in farmacia a un prezzo più alto».
Francesco Di Frischia
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