Show di unità fra Barack e Angela Il presidente americano è scettico sull’idea di una soluzione militare

Show di unità fra Barack e Angela Il presidente americano è scettico sull’idea di una soluzione militare

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 NEW YORK Barack Obama parla per la prima volta pubblicamente della possibilità che gli Usa aiutino l’Ucraina non solo sul piano diplomatico e coi sostegni economici e logistici, ma anche con l’invio di armi definite «difensive»: un’espressione con la quale gli americani intendono droni da ricognizione, radar capaci di individuare cannoni e batterie missilistiche e anche moderni razzi anticarro per bloccare l’avanzata dei tank inviati da Mosca nelle regioni nelle quali le truppe di Kiev combattono con i ribelli filorussi.
Ma, incontrando la stampa durante la visita a Washington di Angela Merkel, il presidente americano ha dato l’impressione di non essere per ora orientato a battere questa strada. E non solo per non compromettere le possibilità del negoziato che la cancelliera tedesca dovrebbe continuare domani a Minsk con Vladimir Putin, le autorità ucraine e il presidente francese Francois Hollande.
Obama si rende conto che diplomazia e sanzioni contro Mosca fin qui non hanno funzionato, ma continua a non credere che possa esistere una soluzione militare della crisi: «La Russia ha un esercito straordinariamente potente, l’Ucraina non potrebbe mai batterlo. Quello che si può fare è alzare, per Mosca, il costo delle violazioni dell’integrità territoriale dell’Ucraina. L’abbiamo già fatto con le sanzioni economiche che stanno avendo per la Russia un costo significativo. Vedremo se procedere anche in altri modi».
Pressato da un lato dalla Merkel e dagli altri leader europei contrari a sfidare la Russia con le armi, dall’altro dal Congresso a guida repubblicani, dai think tank di Washington e dallo stesso Pentagono, convinti che si debba fare di più anche sul piano militare, Obama ha detto chiaramente di non essere ancora pronto a prendere una decisione. Da un lato c’è la volontà di non alimentare dissidi con gli europei in una fase negoziale nella quale è fondamentale, per l’Occidente, presentarsi compatto davanti a Putin. Dall’altro il presidente americano non vuole ripetere l’errore commesso nel conflitto siriano: l’avvertimento ad Assad che sarebbe stato bombardato qualora avesse usato le armi chimiche, seguito dalla rinuncia a lanciare l’attacco nonostante l’esercito di Damasco avesse usato gas letali contro i ribelli.
Stavolta, quando un giornalista tedesco gli ha chiesto se c’è una scadenza per decidere se inviare armi a Kiev, Obama ha risposto di no: non c’è nessuna «linea rossa». Un’affermazione che Merkel ha registrato con sollievo: la cancelliera tedesca ha minimizzato le diversità di vedute tra americani ed europei sull’assistenza militare all’Ucraina e ha anche dichiarato sostanzialmente superata la crisi nei rapporti Washington-Berlino provocata dalle rivelazioni sullo spionaggio della Nsa anche nei confronti dell’alleato tedesco.
Merkel ha mostrato di apprezzare la correzione di rotta imposta nell’ultimo anno da Obama ai servizi segreti e ha comunque precisato che, vista la gravità delle minacce terroristiche che incombono su tutti, è opportuno che gli Stati Uniti mantengano un sistema di sorveglianza molto avanzato e penetrante.
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Quanto all’Ucraina, la cancelliera non ha nascosto il rischio che anche il nuovo negoziato, domani a Minsk, si risolva in un nulla di fatto. «Ma noi — ha aggiunto con veemenza — continuiamo a perseguire la ricerca di una soluzione diplomatica anche se veniamo sconfitti. Proviamo e riproviamo: per questo abbiamo scelto di fare i politici, altrimenti avremmo fatto il mestiere di ricercatori o altro. Quando Ronald Reagan chiese all’Urss di abbattere il muro di Berlino fu considerato un ingenuo e invece di lì a poco il muro cadde».
Ma se a Minsk non si apriranno prospettive almeno per un cessate il fuoco, sicuramente tornerà all’ordine del giorno la questione delle armi.
Massimo Gaggi


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