Slot, le nuove regole I sindaci perderanno la possibilità di limitarle
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ROMA A Ravenna bisogna fare come Cenerentola, tutti a casa prima di mezzanotte perché a quell’ora le slot machine vanno spente. A Padova, invece, non si può andare oltre le 10 di sera. In Lombardia le macchinette devono stare ad almeno 500 metri da scuole e chiese, mentre in Abruzzo ne bastano 300.
A partire dal prossimo anno tutto questo potrebbe non esserci più. Stop al federalismo dell’azzardo, fine del diritto di veto per sindaci e assessori. Con la scomparsa delle barriere tirate su per arginare quella che, tra passioni antiche e crisi moderne, è la terza industria del Paese e copre il 12% della spesa delle famiglie. È questa la vera sostanza del decreto legislativo sui giochi, un testo ancora allo studio che potrebbe arrivare in Consiglio dei ministri la prossima settimana.
Le nuove sale da gioco
Il numero totale delle macchinette dovrebbe scendere entro l’inizio del prossimo anno dalle 350 mila di adesso a 250 mila. Mentre, entro il 2017, tutte le slot dovrebbero essere collegate a un sistema centrale in grado di limitare truffe e leggere i comportamenti border line senza però alzare il livello minimo delle giocate. Su tutto il territorio nazionale, sempre per le slot, devono valere le stesse tre regole. La prima: vanno limitate nei bar e nelle tabaccherie, dove ce ne può essere una ogni sette metri quadri e comunque non più di sei. La seconda: vanno eliminate dagli altri locali come cinema, ristoranti, alberghi e circoli privati, a meno che non richiedano una specifica licenza sui giochi di cui oggi non hanno bisogno (e infatti sono arrivate persino nelle lavanderie). La terza: vanno concentrate nelle cosiddette gaming hall , sale giochi di almeno 50 metri quadri con una macchinetta ogni tre metri quadri e il controllo di una persona. Tutte le altre regole «locali» cadranno, dopo un periodo cuscinetto di sei mesi: «Naturalmente discuteremo con gli amministratori locali per trovare un accordo — dice Pier Paolo Baretta, il sottosegretario all’Economia che ha in mano la questione — ma l’obiettivo è avere regole omogenee su tutto il territorio nazionale. Altrimenti si rischia di alimentare il gioco in nero, che per definizione sfugge a qualsiasi controllo, fiscale o di legalità».
Ma questo non era anche l’obiettivo delle cosiddette campagne no slot? «Per carità, i sindaci hanno sicuramente reagito a un problema reale e con le migliori intenzioni» dice Massimo Passamonti, presidente di Confindustria sistema gioco, che rappresenta gran parte delle aziende del settore presenti in Italia. «Ma ragionare solo in termini di divieti e restrizioni — continua — significa davvero fare un favore all’offerta illegale». Qualcosa di vero c’è.
Il gioco in nero
In Liguria, una delle zone dove il federalismo dell’azzardo ha messo più limiti alle slot, si stanno moltiplicando i cosidetti totem: macchinette che permettono di giocare direttamente su internet, su siti stranieri non autorizzati nel nostro Paese, con tanti saluti a tutte le regole di buona volontà e anche al fisco italiano che non incassa nemmeno un euro.
Ma non tutti sono convinti. Matteo Iori fa parte di «Mettiamoci in gioco», campagna contro i rischi dell’azzardo partita due anni fa: «Non mi piace che non si voglia ascoltare chi vive questi problemi sul territorio. E credo che dietro tutto questo ci sia uno scambio: da una parte lo Stato fa in modo che le aziende del settore possano esercitare la loro attività senza intralci locali, dall’altra chiede alle stesse aziende di pagare un po’ di tasse in più».
Le tasse
Sulle slot, secondo i calcoli dell’agenzia specializzata Agipro, il decreto farebbe salire il prelievo fiscale dal 13,1% al 15,6%. In realtà il confronto è complicato perché la tassa non si calcola più sulle somme giocate ma sul «margine», cioè la differenza tra quanto le aziende incassano con le puntate e quanto pagano con le vincite. Una tassa sul profitto, in sostanza, simile a quelle usate nel resto del mondo e che dovrebbe favorire i gruppi più grandi. «Alla fine — dice ancora il sottosegretario Baretta — tra calo del numero delle macchinette e aumento della tassazione il gettito dello Stato dovrebbe rimanere più o meno stabile». E, considerando tutte le voci dell’azzardo, bisogna ricordare che nelle casse pubbliche entrano ogni anno 8 miliardi di euro, il doppio della Tasi sulla prima casa.
Ma la vera scommessa è vedere se quelle nuove regole nazionali riusciranno davvero a controllare gli 800 mila italiani per i quali l’azzardo è già una malattia, e gli altri 2 milioni considerati a rischio. Ancora Iori, il tipo della campagna contro i rischi dell’azzardo, che il problema lo conosce da vicino: «È vero che limitare le slot nei bar può aiutare perché sarà più difficile che le persone si avvicinino alle scommesse per caso. Ma è anche vero che nelle nuove sale gioco ci sarà meno controllo sociale. Saranno tutti giocatori, sarà normale puntare più forte. Vantaggi e svantaggi, insomma, e non so quali saranno più forti». In fondo anche questa è una scommessa.
Lorenzo Salvia
Le nuove sale da gioco
Il numero totale delle macchinette dovrebbe scendere entro l’inizio del prossimo anno dalle 350 mila di adesso a 250 mila. Mentre, entro il 2017, tutte le slot dovrebbero essere collegate a un sistema centrale in grado di limitare truffe e leggere i comportamenti border line senza però alzare il livello minimo delle giocate. Su tutto il territorio nazionale, sempre per le slot, devono valere le stesse tre regole. La prima: vanno limitate nei bar e nelle tabaccherie, dove ce ne può essere una ogni sette metri quadri e comunque non più di sei. La seconda: vanno eliminate dagli altri locali come cinema, ristoranti, alberghi e circoli privati, a meno che non richiedano una specifica licenza sui giochi di cui oggi non hanno bisogno (e infatti sono arrivate persino nelle lavanderie). La terza: vanno concentrate nelle cosiddette gaming hall , sale giochi di almeno 50 metri quadri con una macchinetta ogni tre metri quadri e il controllo di una persona. Tutte le altre regole «locali» cadranno, dopo un periodo cuscinetto di sei mesi: «Naturalmente discuteremo con gli amministratori locali per trovare un accordo — dice Pier Paolo Baretta, il sottosegretario all’Economia che ha in mano la questione — ma l’obiettivo è avere regole omogenee su tutto il territorio nazionale. Altrimenti si rischia di alimentare il gioco in nero, che per definizione sfugge a qualsiasi controllo, fiscale o di legalità».
Ma questo non era anche l’obiettivo delle cosiddette campagne no slot? «Per carità, i sindaci hanno sicuramente reagito a un problema reale e con le migliori intenzioni» dice Massimo Passamonti, presidente di Confindustria sistema gioco, che rappresenta gran parte delle aziende del settore presenti in Italia. «Ma ragionare solo in termini di divieti e restrizioni — continua — significa davvero fare un favore all’offerta illegale». Qualcosa di vero c’è.
Il gioco in nero
In Liguria, una delle zone dove il federalismo dell’azzardo ha messo più limiti alle slot, si stanno moltiplicando i cosidetti totem: macchinette che permettono di giocare direttamente su internet, su siti stranieri non autorizzati nel nostro Paese, con tanti saluti a tutte le regole di buona volontà e anche al fisco italiano che non incassa nemmeno un euro.
Ma non tutti sono convinti. Matteo Iori fa parte di «Mettiamoci in gioco», campagna contro i rischi dell’azzardo partita due anni fa: «Non mi piace che non si voglia ascoltare chi vive questi problemi sul territorio. E credo che dietro tutto questo ci sia uno scambio: da una parte lo Stato fa in modo che le aziende del settore possano esercitare la loro attività senza intralci locali, dall’altra chiede alle stesse aziende di pagare un po’ di tasse in più».
Le tasse
Sulle slot, secondo i calcoli dell’agenzia specializzata Agipro, il decreto farebbe salire il prelievo fiscale dal 13,1% al 15,6%. In realtà il confronto è complicato perché la tassa non si calcola più sulle somme giocate ma sul «margine», cioè la differenza tra quanto le aziende incassano con le puntate e quanto pagano con le vincite. Una tassa sul profitto, in sostanza, simile a quelle usate nel resto del mondo e che dovrebbe favorire i gruppi più grandi. «Alla fine — dice ancora il sottosegretario Baretta — tra calo del numero delle macchinette e aumento della tassazione il gettito dello Stato dovrebbe rimanere più o meno stabile». E, considerando tutte le voci dell’azzardo, bisogna ricordare che nelle casse pubbliche entrano ogni anno 8 miliardi di euro, il doppio della Tasi sulla prima casa.
Ma la vera scommessa è vedere se quelle nuove regole nazionali riusciranno davvero a controllare gli 800 mila italiani per i quali l’azzardo è già una malattia, e gli altri 2 milioni considerati a rischio. Ancora Iori, il tipo della campagna contro i rischi dell’azzardo, che il problema lo conosce da vicino: «È vero che limitare le slot nei bar può aiutare perché sarà più difficile che le persone si avvicinino alle scommesse per caso. Ma è anche vero che nelle nuove sale gioco ci sarà meno controllo sociale. Saranno tutti giocatori, sarà normale puntare più forte. Vantaggi e svantaggi, insomma, e non so quali saranno più forti». In fondo anche questa è una scommessa.
Lorenzo Salvia
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