Syriza contro il muro di Berlino, rottura all’Euro­gruppo

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Muro con­tro muro al secondo Euro­gruppo sulla Gre­cia. Atene ha defi­nito «assurde e inac­cet­ta­bili» le pro­po­ste dei 18 mini­stri dell’eurozona, che insi­stono per una «esten­sione» del pro­gramma in vigore. Per tro­vare un’intesa dun­que ci vor­ranno i tempi sup­ple­men­tari: l’eurogruppo è «sospeso» in attesa della rispo­sta del governo di Syriza e una nuova riu­nione potrebbe essere con­vo­cata venerdì 20.
Per la zona euro l’unica solu­zione sul tavolo resta l’«estensione» del piano attuale – il secondo, con «aiuti» pari a 130 miliardi, di cui deve ancora essere ver­sata l’ultima tran­che di 7 miliardi – che scade il 28 feb­braio, per tro­vare poi, entro qual­che mese, come aveva chie­sto Atene, un nuovo accordo. Ma «esten­sione» signi­fica pro­se­guire con le regole dell’austerità e le dosi di «fles­si­bi­lità» già pre­vi­ste. Anche la pre­si­dente del Fmi Lagarde afferma che senza il sì di Atene all’estensione del pro­gramma da Washing­ton non arri­ve­ranno altri fondi.

Dal canto suo, l’Ue ha accet­tato di non nomi­nare più la «troika» (anche se nel fine set­ti­mana ad Atene erano pre­senti gli stessi rap­pre­sen­tanti di Ue, Bce e Fmi, ormai chia­mati le «isti­tu­zioni»). Il mini­stro greco Varou­fa­kis aveva pre­ci­sato nel week-end i «punti di osta­colo»: 1) le pri­va­tiz­za­zioni, che Atene vuole sospen­dere e che avreb­bero dovuto por­tare almeno 20 miliardi nelle casse del paese, e 2) un’ulteriore libe­ra­liz­za­zione del lavoro, a riprova che la Ue, domi­nata dai con­ser­va­tori, con­ti­nua a voler imporre il suo dik­tat libe­ri­sta, una «linea rossa» inva­li­ca­bile per il governo di Syriza. Il nuovo governo greco, che ha già rinun­ciato a chie­dere l’annullamento di parte del debito e l’azzeramento di tutto il Memo­ran­dum (Atene è dispo­sta ad appli­carne il 70% e a ridi­scu­tere il restante 30%), pro­pone invece un programma-ponte di qual­che mese, fino all’estate, per poter con­clu­dere un «nuovo accordo» con la Ue, che tenga conto della situa­zione sociale e del voto demo­cra­tico. Ma i tempi degli uni e degli altri non coincidono.

Dal 28 feb­braio Atene può tro­varsi sola di fronte ai cre­di­tori e ai mer­cati, senza soldi e con even­tuali pre­stiti solo a tasso di usura. A marzo la Gre­cia deve ver­sare un rim­borso all’Fmi e a luglio e ago­sto sca­dono le cam­biali con la Bce, in tutto sono più di 10 miliardi. Sul fronte oppo­sto, per quat­tro paesi della zona euro – Ger­ma­nia, Olanda, Austria e Fin­lan­dia, che tra l’altro ha le ele­zioni ad aprile – anche solo un programma-ponte che non sia l’«estensione» di quello attuale deve essere votato dai rispet­tivi par­la­menti per entrare in vigore. I tempi per­ciò sono strettissimi.

All’Eurogruppo straor­di­na­rio dell’11 feb­braio, che è fal­lito, Varou­fa­kis era stato accu­sato di essere arri­vato senza un pro­gramma con le «cifre». Ma la Gre­cia ha pre­ci­sato le sue pro­po­ste: dimez­za­mento dell’avanzo pri­ma­rio impo­sto dal Memo­ran­dum (cioè prima del paga­mento degli inte­ressi sul debito) dal 3% all’1,5%; vuole gli utili già rea­liz­zati dalle ban­che cen­trali sui bond di Atene, pari a 1,9 miliardi di euro; vuole poter uti­liz­zare gli 11 miliardi che le sue ban­che non hanno speso e pro­pone che le ban­che elle­ni­che pos­sano acqui­sire una mag­giore per­cen­tuale di debito pub­blico per poterla poi col­lo­care come «col­la­te­rale», cioè in garan­zia, alla Bce. La Bce però ha già chiuso que­sto rubi­netto di finan­zia­mento all’inizio di feb­braio, per fare pres­sioni sul nuovo governo, anche se per il momento man­tiene aperto l’Ela, la liqui­dità di emer­genza (aumen­tata da 60 a 65 miliardi) alle ban­che greche.

Men­tre la poli­tica cerca una media­zione, Mario Dra­ghi con­ti­nua ad affer­mare che «un’uscita della Gre­cia dall’euro non avrebbe senso» e che si tratta di «uno sce­na­rio pura­mente speculativo».

Chi invece è molto pes­si­mi­sta è Wol­fgang Schäu­ble che ieri era aper­ta­mente «scet­tico» sull’esito del ver­tice. Anzi, inter­vi­stato da una radio tede­sca prima della riu­nione, il super­mi­ni­stro tede­sco ha accu­sato il governo greco di avere un «atteg­gia­mento irre­spon­sa­bile», frase che ha poi pro­vo­cato le ire uffi­ciali del por­ta­voce del governo di Atene.

Fran­cia e Ita­lia pro­vano a mediare, almeno a parole.

Secondo Padoan se la Gre­cia non chie­desse l’estensione del pro­gramma «ci sarebbe un pro­blema di finan­zia­menti a breve ter­mine che si esau­ri­scono e si esau­ri­scono anche le pro­spet­tive a più lungo ter­mine». L’Italia si augura «viva­mente una solu­zione con­di­visa nell’ambito del mec­ca­ni­smo euro­peo che ha fles­si­bi­lità e che può acco­mo­dare tutte le richie­ste di prio­rità che i greci ci hanno riba­dito fino ad oggi».

Al ter­mine dell’eurogruppo salta per la seconda volta il comu­ni­cato uffi­ciale e i nervi restano tesi.

L’Ue afferma che l’unica pos­si­bi­lità per una nuova riu­nione dell’eurozona è la capi­to­la­zione dei greci sull’«estensione del programma».

D’altro canto, una «manina» ha dif­fuso in sala stampa la bozza di accordo rifiu­tata dalla Gre­cia con tanto di frasi sot­to­li­neate e cancellate.

Bozza che esclu­deva «atti uni­la­te­rali» di Atene, accet­tava il pro­lun­ga­mento dell’austerity e impe­gni pre­cisi della Gre­cia su: avanzo pri­ma­rio, debito pub­blico, fisco, pri­va­tiz­za­zioni, riforma del lavoro, riforma delle ban­che e pen­sioni. Gli stessi punti che ad Atene vedono come fumo negli occhi. Anche se la que­stione non è sul tavolo, se ne ripar­lerà di sicuro all’Ecofin di oggi.

Al ter­mine della riu­nione Varou­fa­kis, citando indi­ret­ta­mente la cele­bre frase di Dra­ghi, afferma che Atene farà “tutto il neces­sa­rio” (“wha­te­ver it takes”) per rag­giun­gere un accordo euro­peo entro le “pros­sime 48 ore”: “Non ho dubbi: alla fine rag­giun­ge­remo un’intesa che sarà molto ‘tera­peu­tica’ per la Gre­cia”. Secondo alcune fonti, Syriza potrebbe accet­tare un pro­lun­ga­mento di 4 mesi con alcune “con­di­zioni” nuove sta­bi­lite in modo pre­ciso.  “Il nostro governo — ha con­cluso — è stato eletto per ripen­sare il pro­gramma e non per pro­lun­garlo, visto che ha fal­lito nello sta­bi­liz­zare e rifor­mare la Gre­cia. Il pro­gramma attuale non può essere com­ple­tato con suc­cesso, biso­gna anche rispet­tare la democrazia».



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