Ucraina, da Minsk, si ritorna a Minsk

Ucraina, da Minsk, si ritorna a Minsk

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Nella notte di mar­tedì, l’agenzia russa Inter­fax aveva dif­fuso la noti­zia circa l’avvenuto accordo sull’Ucraina, tra Mosca e Kiev.

Ipo­tesi smen­tita imme­dia­ta­mente da fran­cesi e tede­schi e tutto riman­dato a ieri, al «giorno x» della con­trat­ta­zione sul futuro del paese. Le forze in campo sono arri­vate a Minsk con stati d’animo dif­fe­renti. I più otti­mi­sti, ad esem­pio, erano i russi. Putin sapeva benis­simo di essere in una posi­zione favo­re­vole per arri­vare o meno alla con­clu­sione di un accordo favo­re­vole: l’esercito ucraino è spac­cato tra defe­zioni e pro­blemi di cor­ru­zione, come ammesso anche sul sito della Reu­ters da Maxim Eri­stavi, noto gior­na­li­sta di Hro­mad­ske, tv nazio­na­li­sta ucraina.

I ribelli hanno invece gua­da­gnato posi­zioni impor­tanti, con­qui­stando di fatto Debal­tsevo, fon­da­men­tale snodo fer­ro­via­rio che con­giunge Done­tsk a Lugansk, segnando un con­fine ben pre­ciso a quella che Mosca vor­rebbe che fosse rico­no­sciuta come Novo­ros­sya. Ma men­tre scri­viamo, sem­bra che l’incontro a Minsk abbia invece par­to­rito un accordo un po’ più al ribasso, per­ché stando a quanto comu­ni­cato dalle agen­zie russe, i quat­tro lea­der avreb­bero sot­to­scritto un testo comune che dovrebbe ripor­tare al rispetto dell’accordo di Minsk dello scorso set­tem­bre. Signi­fi­che­rebbe un ces­sate il fuoco nuo­va­mente in bilico, in attesa che – forse – nella serata, il lavoro degli esperti possa con­clu­dere un accordo più preciso.

Uni­che novità potreb­bero essere le que­stioni legate al rico­no­sci­mento dell’autonomia delle regioni orien­tali e il con­trollo dei con­fini, tema sul quale le parti non sem­bra­vano par­ti­co­lar­mente vicine.

Le foto che ritrae­vano i quat­tro pro­ta­go­ni­sti dell’incontro di Minsk, Poro­shenko, Putin, Mer­kel e Hol­lande, ave­vano evi­den­ziato un certo pes­si­mi­smo da parte fran­cese e tede­sca, a causa delle avvi­sa­glie, nega­tive, dei giorni che hanno pre­ce­duto il vertice.

Men­tre pro­ce­de­vano le tappe diplo­ma­ti­che, infatti, nelle regioni orien­tali del paese si è con­ti­nuato a combattere.

Sareb­bero più di 40 le per­sone uccise nel Don­bass nelle 36 ore che hanno pre­ce­duto il ver­tice di Minsk tra i lea­der di Fran­cia, Rus­sia, Ger­ma­nia e Ucraina. Ieri una staszione di auto­bus di Done­tsk è stata col­pita: sei morti.

Il bom­bar­da­mento sarebbe stato effet­tuato dalle forze gover­na­tive e pare abbia man­dato in fiamme due mini­bus. Ma – come ripor­tano le agen­zie — nella prin­ci­pale roc­ca­forte dei sepa­ra­ti­sti altri tre civili sono stati uccisi in un bom­bar­da­mento notturno.

Men­tre nella sola gior­nata di ieri 19 sol­dati ucraini sono caduti e 78 sono rima­sti feriti a Debal­tseve, con­si­de­rata ormai in mano ai ribelli.

Il pre­si­dente ucraino Petro Poro­shenko mar­tedì notte si è recato a Kra­ma­torsk, dove c’erano stati pesanti bom­bar­da­menti, per incon­trare alcuni dei feriti rico­ve­rati in ospe­dale prima di volare a Minsk (dopo essere tor­nato a Kiev). «Chie­de­remo — ha detto — di fer­mare la guerra, il ritiro delle truppe e l’inizio di un dia­logo poli­tico senza alcune inter­fe­renza esterna».

Ieri l’esercito ucraino avrebbe lan­ciato una con­trof­fen­siva a est di Mariu­pol, avva­len­dosi dei volon­tari nazio­na­li­sti del bat­ta­glione Azov, che in serata hanno soste­nuto di aver strap­pato ai ribelli tre cit­ta­dine: Shi­ro­kine, Pavlovo e Komin­ter­novo. «Abbiamo spo­stato la linea del fronte a 20 chi­lo­me­tri dalla città di Mariu­pol — ha detto il segre­ta­rio del Con­si­glio di sicu­rezza ucraino, Olek­sandr Tur­ci­nov — pro­teg­gen­dola dai bom­bar­da­menti e raf­for­zando le difese di que­sta regione».

A pagare il prezzo più alto nella guerra, sono sem­pre i civili: in 263 hanno perso la vita in pochi giorni, dal 31 gen­naio al 5 feb­braio. Men­tre, secondo le Nazioni Unite, in que­sti dieci mesi di com­bat­ti­menti quasi inin­ter­rotti sono caduto sotto il fuoco di entrambi gli schie­ra­menti almeno 5.486 per­sone e quasi 13mila sono rima­ste ferite. Poco prima degli incon­tri, il rap­pre­sen­tante per­ma­nente della Rus­sia presso l’Ue, Vla­di­mir Chi­z­hov aveva spe­ci­fi­cato che « La mag­gior parte dei Paesi mem­bri dell’Unione euro­pea si rende conto che nel caso in cui all’Ucraina venis­sero for­nite armi, aumen­te­rebbe il rischio di coin­vol­gi­mento della Rus­sia nel con­flitto», aggiun­gendo che «la posi­zione for­male dell’Ue è che le deci­sioni ven­gono prese a livello nazio­nale da cia­scun Paese. Vediamo — ha aggiunto — che la mag­gior parte dei Paesi euro­pei sono con­trari a que­sta pro­spet­tiva, essendo con­sa­pe­voli che que­sto vor­rebbe dire get­tare ben­zina sul fuoco del con­flitto». Anche i ribelli, pre­senti a Minsk, secondo quanto tra­pe­lato nella gior­nata di ieri, ave­vano pre­ci­sato alcune «con­di­zioni», com­presa la «neu­tra­lità» di Kiev rispetto alla Nato.



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