by redazione | 12 Febbraio 2015 9:58
Nella notte di martedì, l’agenzia russa Interfax aveva diffuso la notizia circa l’avvenuto accordo sull’Ucraina, tra Mosca e Kiev.
Ipotesi smentita immediatamente da francesi e tedeschi e tutto rimandato a ieri, al «giorno x» della contrattazione sul futuro del paese. Le forze in campo sono arrivate a Minsk con stati d’animo differenti. I più ottimisti, ad esempio, erano i russi. Putin sapeva benissimo di essere in una posizione favorevole per arrivare o meno alla conclusione di un accordo favorevole: l’esercito ucraino è spaccato tra defezioni e problemi di corruzione, come ammesso anche sul sito della Reuters da Maxim Eristavi, noto giornalista di Hromadske, tv nazionalista ucraina.
I ribelli hanno invece guadagnato posizioni importanti, conquistando di fatto Debaltsevo, fondamentale snodo ferroviario che congiunge Donetsk a Lugansk, segnando un confine ben preciso a quella che Mosca vorrebbe che fosse riconosciuta come Novorossya. Ma mentre scriviamo, sembra che l’incontro a Minsk abbia invece partorito un accordo un po’ più al ribasso, perché stando a quanto comunicato dalle agenzie russe, i quattro leader avrebbero sottoscritto un testo comune che dovrebbe riportare al rispetto dell’accordo di Minsk dello scorso settembre. Significherebbe un cessate il fuoco nuovamente in bilico, in attesa che – forse – nella serata, il lavoro degli esperti possa concludere un accordo più preciso.
Uniche novità potrebbero essere le questioni legate al riconoscimento dell’autonomia delle regioni orientali e il controllo dei confini, tema sul quale le parti non sembravano particolarmente vicine.
Le foto che ritraevano i quattro protagonisti dell’incontro di Minsk, Poroshenko, Putin, Merkel e Hollande, avevano evidenziato un certo pessimismo da parte francese e tedesca, a causa delle avvisaglie, negative, dei giorni che hanno preceduto il vertice.
Mentre procedevano le tappe diplomatiche, infatti, nelle regioni orientali del paese si è continuato a combattere.
Sarebbero più di 40 le persone uccise nel Donbass nelle 36 ore che hanno preceduto il vertice di Minsk tra i leader di Francia, Russia, Germania e Ucraina. Ieri una staszione di autobus di Donetsk è stata colpita: sei morti.
Il bombardamento sarebbe stato effettuato dalle forze governative e pare abbia mandato in fiamme due minibus. Ma – come riportano le agenzie — nella principale roccaforte dei separatisti altri tre civili sono stati uccisi in un bombardamento notturno.
Mentre nella sola giornata di ieri 19 soldati ucraini sono caduti e 78 sono rimasti feriti a Debaltseve, considerata ormai in mano ai ribelli.
Il presidente ucraino Petro Poroshenko martedì notte si è recato a Kramatorsk, dove c’erano stati pesanti bombardamenti, per incontrare alcuni dei feriti ricoverati in ospedale prima di volare a Minsk (dopo essere tornato a Kiev). «Chiederemo — ha detto — di fermare la guerra, il ritiro delle truppe e l’inizio di un dialogo politico senza alcune interferenza esterna».
Ieri l’esercito ucraino avrebbe lanciato una controffensiva a est di Mariupol, avvalendosi dei volontari nazionalisti del battaglione Azov, che in serata hanno sostenuto di aver strappato ai ribelli tre cittadine: Shirokine, Pavlovo e Kominternovo. «Abbiamo spostato la linea del fronte a 20 chilometri dalla città di Mariupol — ha detto il segretario del Consiglio di sicurezza ucraino, Oleksandr Turcinov — proteggendola dai bombardamenti e rafforzando le difese di questa regione».
A pagare il prezzo più alto nella guerra, sono sempre i civili: in 263 hanno perso la vita in pochi giorni, dal 31 gennaio al 5 febbraio. Mentre, secondo le Nazioni Unite, in questi dieci mesi di combattimenti quasi ininterrotti sono caduto sotto il fuoco di entrambi gli schieramenti almeno 5.486 persone e quasi 13mila sono rimaste ferite. Poco prima degli incontri, il rappresentante permanente della Russia presso l’Ue, Vladimir Chizhov aveva specificato che « La maggior parte dei Paesi membri dell’Unione europea si rende conto che nel caso in cui all’Ucraina venissero fornite armi, aumenterebbe il rischio di coinvolgimento della Russia nel conflitto», aggiungendo che «la posizione formale dell’Ue è che le decisioni vengono prese a livello nazionale da ciascun Paese. Vediamo — ha aggiunto — che la maggior parte dei Paesi europei sono contrari a questa prospettiva, essendo consapevoli che questo vorrebbe dire gettare benzina sul fuoco del conflitto». Anche i ribelli, presenti a Minsk, secondo quanto trapelato nella giornata di ieri, avevano precisato alcune «condizioni», compresa la «neutralità» di Kiev rispetto alla Nato.
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