Exploit degli occupati Usa 300mila assunti in un mese Fed pensa al rialzo dei tassi

by redazione | 7 Marzo 2015 10:46

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NEW YORK . La litania delle buone notizie non stanca mai, e l’America ne incassa un’altra. Più 295.000 assunzioni nel mese di febbraio, un dato migliore delle attese. Il tasso di disoccupazione scivola sempre più giù, ora siamo a quota 5,5%. Bisogna risalire al maggio 2008 per ritrovare una disoccupazione così bassa. Ormai il ritmo di creazione di nuovi posti di lavoro è stato superiore ai 200.000 mensili per 12 mesi consecutivi: un exploit che non si verificava dal 1995, quando l’America era nel bel mezzo della presidenza Clinton, una fase di grande vigore economico agli albori della prima New Economy. Tutto va per il meglio, dunque? In realtà in un mercato del lavoro così dinamico continua a deludere un dato importante, quello sulle retribuzioni. Le buste paga sono salite, sì, ma di un modesto 2% annuo. Un aumento degli stipendi che non basta certo a compensare decenni di stagnazione del potere d’acquisto. É possibile che si tratti solo di aspettare ancora un po’, alcuni dati aneddotici sembrano indicare che finalmente il potere contrattuale dei lavoratori è in ripresa. Tra questi c’è l’annuncio recente di Walmart che alzerà i salari di 500.000 fattorini e cassiere nei suoi ipermercati, superando del 20% il salario minimo, una notizia quasi clamorosa per un’azienda nota per la sua tirchieria e i comportamenti antisindacali. C’è anche lo stillicidio di iniziative legislative per alzare a livello locale i salari minimi legali: a New York per esempio è in atto un braccio di ferro tra il governatore dello Stato Andrew Cuomo e il sindaco della città Bill de Blasio. Il governatore democratico vuole aumentare il minimo salariale da 8,75 dollari l’ora (attuali) a 10,50 dollari per il suo Stato e a 11,50 dollari nell’area metropolitana di New York. Il sindaco, più radicale, vorrebbe arrivare fino a 13 dollari l’ora. Sempre di aumenti si tratta comunque, dopo decenni di salari immobili.
Il buon andamento dell’occupazione ha delle conseguenze sulla politica monetaria. Si rafforzano le aspettative per un rialzo dei tassi d’interesse direttivi da parte della Federal Reserve. La banca centrale potrebbe aumentarli già a giugno, o al più tardi a settembre: queste le attese prevalenti sui mercati. Le ha implicitamente avallate la presidente della Fed, Janet Yellen. «La situazione dell’occupazione negli Stati Uniti migliora sotto tanti aspetti — ha dichiarato la Yellen la scorsa settimana nell’ultima audizione al Congresso». Anche lei però ha voluto rimarcare che «la crescita dei salari rimane fiacca, un indicatore di debolezza strutturale ». Per la Fed c’è un altro dato sull’occupazione che va tenuto sotto osservazione: è il tasso di disoccupazione “allargato” in cui entrano anche i lavoratori costretti ad accettare un part-time in assenza di migliori opportunità e altre figure ai margini del mercato. Questo secondo tasso di disoccupazione è tuttora elevato, a quota 11%.
I mercati comunque si vanno convincendo che la Fed non ha ragioni per dilazionare oltremodo il ritorno a una “normalità” della sua politica monetaria, dopo aver tenuto i tassi direttivi inchiodati a zero dalla fine del 2008. Questo spiega l’accelerazione nel rialzo del dollaro, e la conseguente caduta dell’euro. Ieri la divaricazione tra le due monete si è accentuata, con l’euro che ha perso 1,6% del suo valore in una sola seduta, spingendosi sempre più vicino alla parità. La divergenza delle politiche monetarie è la chiave: in vista di un rialzo dei rendimenti americani i capitali tendono a lasciare l’Europa e a rifugiarsi in America in cerca di quel “tasso positivo” che in gran parte del mondo è diventato un ricordo del passato.
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