Expo, l’esercito dei volontari in 17mila pronti a lavorare gratis “Ma non chiamateci schiavi”

by redazione | 20 Marzo 2015 11:05

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MILANO . Ci sono dei bandi ai quali iscriversi, poi si fa un “colloquio di orientamento” con un team che esamina i candidati. A chi passa la selezione e il “test di verifica” viene assegnato un periodo di servizio di 15 giorni più eventuali altri 15, e una volta partiti alle squadre verranno assegnati dei turni da 5 ore e mezzo l’uno. Ma non si tratta di un lavoro vero e proprio, cioè pagato, anche se procedura e terminologie sono quelle tipiche da ufficio di collocamento o agenzia interinale: è tutta la macchina che si è messa in moto per dotare Expo dei volontari che «faciliteranno la permanenza dei visitatori nell’intero sito espositivo» (7.500 “posti disponibili”).
Ad oggi all’appello della società Expo Spa hanno risposto in 15.829: età media 27 anni, due terzi sono italiani (in testa i lombardi, poi piemontesi, siciliani, emiliani e campani), il 62 per cento sono studenti, il 40 per cento hanno già una laurea in tasca. Vanno aggiunti i mille volontari richiesti dal padiglione dell’Unione Europea, e lì bisogna avere un’età compresa tra i 18 e i 30 anni (oltre a saper parlare un buon inglese). In casa Ciessevi, il Centro servizi per il volontariato che gestisce l’attività di “intercettazione, orientamento e matching”, si va dritti al punto: «Le polemiche sono un po’ futili — dice il presidente milanese Ivan Nissoli — queste persone sono dei volontari a tutti gli effetti e vogliamo che vivano così questa bella esperienza. Si sta formando un “capitale volontariato” sotto i nostri occhi che ci fa guardare al futuro con fiducia».
Jenny Rizzo ha 34 anni e viene dalla Brianza. Ha fatto il corso online, «moduli dove si va dalla storia delle esposizioni universali alle misure di sicurezza da adottare ». Sarà sul decumano della fiera prima a maggio e poi a ottobre. Dice di avere «il volontariato nel Dna, in passato l’ho fatto nelle carceri». Qui però sarebbe un evento dalla natura più commerciale che sociale, «ma io non guardo quell’aspetto, voglio cogliere un’opportunità; certi discorsi non li considero, ognuno è libero di scegliere cosa fare, poi ho già un lavoro». E però no, non prenderà le ferie per i 30 giorni da volontaria, «sono una libera professionista». Alessio Quaglieri, 25 anni, parla di una esperienza «che comunque mi farà curriculum, arricchirà la mia formazione. Insomma, non chiamateci schiavi, non lo siamo ».
Il regolamento del bravo volontario prevede norme base da seguire — ad esempio presentarsi all’inizio del turno con 10 minuti di anticipo o accettare i controlli della sicurezza all’entrata — e anche qualche diritto minimo, tipo poter rimanere dentro la fiera anche alla fine del turno, un buono pasto, un’assicurazione, il rimborso delle spese di trasporto in città, la divisa (felpa, cerata, zaino, cappellino e prontuario) più il regalone finale: un tablet. Ci si prende un impegno formale, ma se una mattina non ti presenti sul posto di lavoro-volontariato «nessuno potrà dirti nulla, ci mancherebbe », garantiscono gli organizzatori. A chi viene da fuori Lombardia verrà rimborsato il viaggio fino a un massimo di 100 euro e garantita l’ospitalità in strutture ricettive milanesi; ma «in un’ottica di condivisione e accoglienza, ogni volontario, anche attraverso i propri amici e familiari, potrà ospitare altri volontari che, come lui, parteciperanno all’evento internazionale».
Anna, una delle orientatrici che valutano i partecipanti ai bandi, spiega che «a noi interessa la motivazione: deve essere quella di condividere con gli altri e saper lavorare in gruppo». E anche se tecnicamente si parla di volontariato la parola “lavoro” scappa sempre. Cgil, Cisl e Uil hanno firmato un accordo ad hoc con Expo Spa, che tra l’altro prevede pure una specie di “moratoria degli scioperi” per i lavoratori del sito (quelli stipendiati) durante i sei mesi. Unica voce fuori dal coro, quella della Fiom. Che tiene il punto. «Il problema non è il volontariato — ragiona il segretario lombardo Mirco Rota — ma il sindacato che sottoscrive accordi di questo tipo. Per lavorare gratis non c’è mica bisogno di noi. Il nostro compito è garantire salario e diritti. Lavorassimo tutti gratis avremmo risolto il problema della disoccupazione…». Se per Ciessevi Expo è comunque un “bene comune”, per la Fiom il volontariato «è quando uno va a aiutare anziani, la parrocchia, il disabile: una Spa è una società a scopo di lucro, mica una confraternita. Allora se me lo chiede Bombassei alla Brembo, perché non fare volontariato lì? A Vittorio Sgarbi per Expo la Regione ha dato 1,9 milioni. Poi però a migliaia di persone si illustrano le magnifiche virtù del volontariato ».
E quando tutto questo finirà, diatribe comprese, cosa resterà ai volontari? La risposta la dà direttamente il sito di Expo Spa: «Se i tuoi nuovi amici torneranno a casa in altri Paesi, potrai continuare a restare in contatto con loro via Internet e magari andarli anche a trovare. O perché no, fare il volontario nel loro Paese al prossimo grande evento».
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