Gli squadroni della morte del dittatore ceceno Kadyrov in guerra con gli 007 dell’Fsb

Gli squadroni della morte del dittatore ceceno Kadyrov in guerra con gli 007 dell’Fsb

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MOSCA. C’È UN foglietto con un lungo appunto scritto a mano sulla scrivania di Vladimir Putin. Ci sono i nomi degli organizzatori, dei killer e anche dei mandanti del delitto Nemtsov. Il presidente russo lo custodisce da almeno una settimana. Lo ha preteso, subito dopo l’omicidio, dai suoi fedelissimi vertici dell’Fsb, i servizi segreti russi tra le cui file ha militato anche lui sotto la sigla sovietica di Kgb. Consapevole di essere già in una situazione difficile quanto a immagine internazionale, Putin vede in quelle indagini riservate un problema ancora più grande: i “suoi” gli descrivono le responsabilità dirette di un altro pupillo, quel Ramzan Kadyrov da lui nominato governatore della Cecenia ribelle e coccolato come un figlio adottivo. Le brigate di Kadyrov, gli dicono, spadroneggiano in Cecenia ma anche nel resto della Russia, hanno una lista di nemici da eliminare, fanno operazioni di pedinamento, godono di immunità assoluta e uccidono quando gliene capita l’occasione, perfino davanti alla cattedrale di San Basilio, come la notte del 27 febbraio.
E la prima volta che una delle strutture di forza più fedeli a Putin ne attacca così decisamente un’altra sua pari. «E come se la torre Spasskaja avesse dichiarato guerra alla torre Borovitskaja », dice Orkhan Dzhemal, presidente dei giornalisti russi musulmani, alludendo alle torri più celebri del Cremlino. Addirittura sadica la conclusione di un lungo articolo di Novaja Gazeta, giornale martire che annovera tra i caduti non solo la celebre Anna Politkovskaja ma una lunga serie di illustri giornalisti, collaboratori, simpatizzanti: «Sarà come sempre il presidente a dover indirizzare l’esito finale di questa inchiesta. Ma adesso gli toccherà scegliere tra un gruppo di patrioti e un altro».
Il foglietto riservato a Putin contiene infatti una ricostruzione che punta tutto sul governatore ceceno. Organizzatore del delitto, secondo una ricostruzione incrociata tra Novaja e il leader dell’opposizione Navalnyj, sarebbe stato infatti un certo maggiore Ruslan Geremeev, membro del battaglione Nord delle forze di sicurezza e nipote di ben due deputati ceceni al Parlamento di Mosca. Geremeev è stato interrogato a lungo, lunedì a Grozny, dagli uomini dei servizi che hanno informato unicamente il presidente dribblando sia la stampa che lo stesso Kadyrov.
Ma come è possibile che uomini dello staff del governatore possano avere tanta libera iniziativa addirittura nel cuore della capitale? I servizi avrebbero dato una dettagliata serie di spiegazioni che evocano un loro antico astio per il giovane Kadyrov ma che creano un quadro inquietante. Dal 2006, da prima dell’omicidio Politkovskaja, a Mosca servizi segreti e polizia si sono imbattuti decine di volte in personaggi armati, attrezzati come killer, beccati nei pressi di personaggi dell’opposizione, o di oligarchi e politici in posizioni dissidenti. Novaja Gazeta riporta casi di arresti di giovani armati che si qualificavano come “agenti segreti ceceni” e che riuscivano a eclissarsi non si sa bene come dopo qualche giorno di fermo in cella. Il più clamoroso risale al 2006 quando un ufficiale di polizia arrestò uno zio di Geremeev, non ancora deputato, mentre si aggirava con un fucile a prova di pareti blindate davanti alla casa moscovita dell’ex sindaco di Grozny, nemico giurato di Kadyrov. Pare che l’arrestato si dissolse nel nulla senza neanche passare dalle celle del commissariato locale.
Più clamorosa ancora la vicenda del 2009 quando gli agenti dell’Fsb fecero la loro prima e unica protesta della storia dei servizi segreti russi. Mosca era stata invasa da uomini armati che si definivano «scorte personali dei notabili ceceni nella capitale». Arrestavano, rapivano e torturavano senza che nessuno intervenisse. La grana fu ridimensionata almeno formalmente, ma i militari ceceni continuano a godere di protezioni.
Pare, anche se non ci sono conferme, che agenti segreti russi stessero pedinando da qualche giorno Boris Nemtsov, come si fa abitualmente con i leader della protesta alla vigilia di una manifestazione. Le loro testimonianze sono state molto utili al comitato investigativo. Erano dunque presenti. Ma alla domanda «Perché non siete intervenuti?», la risposta è stata: «Abbiamo ordine preciso di non interferire e di limitarci a guardare». E c’è di più. I clan di ceceni lavorerebbero con un si- stema, definito infallibile, chiamato in gergo il “tender”: si commissiona lo stesso delitto a due squadre autonome di killer e il primo che uccide l’obiettivo incassa il premio stabilito.
Il dilemma di Putin non è da poco. Kadyrov ha licenza di fare quello che crede pur di tenere a bada la Cecenia. Viene coperto su ogni iniziativa di rapimenti, torture, rastrellamenti. Ed è soprattutto un grande esecutore di lavoro sporco. I suoi uomini combattono nel Donbass. Sono stati in Crimea nei giorni cruciali. Terrorizzano gli oppositori rafforzando le fila del movimento anti-Majdan. Non si sa quanto autorizzate, ma le loro spedizioni punitive sono altamente efficienti, con ribelli ceceni eliminati a Vienna, Istanbul, Mosca. Adesso però un delitto ai piedi del Cremlino rischia di travolgere tutto e spaccare le due Torri armate del regime. E Putin deve scegliere.


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