Il caso del superministro Varoufakis Tsipras adesso chiede silenzio

Il caso del superministro Varoufakis Tsipras adesso chiede silenzio

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 Che potesse rubare la scena e crearsi qualche nemico si era capito. Lo hanno dipinto come un dio sceso dall’Olimpo per salvare i greci dalla finanza e dall’europolitica, vestito da Spock o Terminator a seconda dell’occasione. Uno che potrebbe tranquillamente rispondere come Bruce Willis in Die Hard : «Ho abbattuto un elicottero con la macchina. Avevo finito le pallottole».
In Europa è diventato un sex symbol, impazza persino tra i terribili tedeschi. In Grecia tutti sanno a che ora esce di casa ogni mattina, dove va a fare jogging, come passa i weekend. Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis è un idolo, e gli idoli non hanno il posto fisso.
Ieri è tornato a Bruxelles preceduto dalle polemiche per la sovraesposizione mediatica che sta aggiungendo incomprensioni ed elettricità a un negoziato sempre più teso. Nei giorni scorsi era stato preso di mira da I Avgi , il quotidiano della sinistra radicale del premier Alexis Tsipras (Varoufakis siede nella maggioranza di Syriza da indipendente): «Yanis, non strafare. L’economia deve far quadrare i conti, ma anche risparmiare le parole».
I grandi giornali non rinunciano a commenti ironici e vignette sull’ubiquità del ministro superstar che compare in tv a tutte le ore e nelle pause interviene alla radio. E in un’intervista sull’ultimo numero del settimanale tedesco Der Spiegel lo stesso Tsipras ha ribadito quella che è sempre stata la linea indicata alla squadra: «Ho chiesto meno annunci e più azione a tutti gli esponenti del governo, non solo a Varoufakis».
Ma c’è anche il gioco delle parti tra i due frontmen che, spiegano fonti dell’esecutivo, all’interno hanno voluto ristabilire una comunicazione diretta con gli elettori dopo anni di disinformazione e all’esterno hanno cercato di cambiare la percezione del dramma greco, contrastando un clima ostile e spostando il discorso sulla crisi umanitaria e i sacrifici della popolazione. Che continua a fidarsi: in un sondaggio diffuso ieri circa il 70 per cento degli intervistati era favorevole a un «compromesso onorevole» con i creditori internazionali.
Le voci di un ridimensionamento del ruolo di Varoufakis nel negoziato europeo a favore del vicepremier Yannis Dragasakis, alimentate ieri dal ministro delle Finanze irlandese Michael Noonan, sono state subito smentite con forza: Dragasakis ha sempre avuto un ruolo di supervisore esteso alle questioni finanziarie e partecipa regolarmente alle riunioni dell’Eurogruppo.
Il governo fa quadrato, anche con comunicati dai toni forti che denunciano tentativi di demolire il profilo del professore marxista esperto di teoria dei giochi, finito al centro della tempesta perfetta: «Yanis Varoufakis è il nostro ministro delle Finanze. Se all’estero vogliono qualcuno che dica sempre sì come il suo predecessore Gikas Hardouvelis (che proprio in questi giorni ha ammesso di aver portato soldi oltreconfine nel 2012, ndr ), resteranno delusi».
Il tempo stringe, le scadenze dei pagamenti si avvicinano e domani riprendono i colloqui tecnici. Ieri a Bruxelles Varoufakis ha parlato poco, guardato a vista sia dal tedesco Wolfgang Schäuble, che non pare ancora conquistato dal suo stile irrituale e ha provocatoriamente ripescato la parola «troika», sia dall’olandese Jeroen Dijsselbloem, il presidente dell’Eurogruppo deciso a rispedire i rappresentanti delle istituzioni (Commissione, Bce e Fondo monetario) ad Atene, una delle «vecchie abitudini» che il governo ellenico vorrebbe cancellare.
Parla invece il ministro della Difesa Panos Kammenos, leader della destra nazionalista dei Greci indipendenti in coalizione con Syriza: «Se l’Europa ci abbandona la inonderemo di immigrati, terroristi compresi, i documenti per arrivare a Berlino glieli daremo noi».
Maria Serena Natale


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