Kiev, da 100 giorni verso il default

Loading

Gli ultimi scon­tri tra il Pre­si­dente Petro Poro­shenko e l’ex Gover­na­tore (dimis­sio­nato dal Pre­si­dente) della regione di Dne­pro­pe­tro­vsk, il magnate Igor Kolo­mo­j­skij, stanno met­tendo a nudo gli inte­ressi reali pri­vati delle più alte sfere pub­bli­che, che fanno capo­lino die­tro gli slo­gan su libertà e democrazia.
Il debito estero
La situa­zione ucraina vede una ridu­zione del 22% della pro­du­zione, la chiu­sura di un quarto delle imprese e la cre­scita smi­su­rata del debito estero, che ha rag­giunto i 136 miliardi di dol­lari. Secondo la valu­ta­zione di Moody’s dello scorso 24 marzo, le pro­ba­bi­lità di default del paese sono del 100%; l’agenzia ha abbas­sato il rating a lungo ter­mine da Caa3 al penul­timo gra­dino della scala, Ca, il che potrebbe signi­fi­care per­dite signi­fi­ca­tive per i deten­tori di obbli­ga­zioni ucraine. La stessa agen­zia indica che il debito estero, pur con la ristrut­tu­ra­zione delle eurob­bli­ga­zioni, ora in discus­sione, rimarrà «molto alto»: l’Ucraina dovrà riser­vare 15,3 miliardi di dol­lari (dei 40 pre­vi­sti come aiuto dal Fmi) in quat­tro anni ai ser­vizi sul debito. In gene­rale, rispetto al 2014, si parla di un defi­cit di oltre 40 miliardi di dol­lari: un terzo del PIL.

Già lo scorso gen­naio l’Ucraina si era rivolta a Mosca per la ristrut­tu­ra­zione del pro­prio debito con la Rus­sia. Secondo l’accordo sot­to­scritto tra i due paesi nel dicem­bre 2013 per un cre­dito di 3 miliardi di dol­lari con l’acquisto di obbli­ga­zioni ucraine, Kiev non avrebbe potuto allar­gare il pro­prio debito oltre il 60% del Pil. Con tale limite supe­rato da mesi, Mosca avrebbe potuto chie­dere il paga­mento imme­diato del debito, con il con­se­guente default dell’Ucraina; ma, per ora, il Crem­lino non intende anti­ci­pare la sca­denza nor­male del dicem­bre 2015, data a cui, però, Mosca si aspetta come aveva dichia­rato lo scorso gen­naio il Mini­stro delle finanze russo Anton Siluanov.

In effetti, nei giorni scorsi, la Mini­stra delle finanze ucraina, Nata­lja Jare­sko (nata e cre­sciuta in Illi­nois, da emi­grati ucraini; adde­strata al Dipar­ti­mento di Stato e natu­ra­liz­zata ucraina lo scorso dicem­bre da Petro Poro­shenko, per con­sen­tirle di entrare nel governo), ha dichia­rato che Kiev non ha inten­zione di ristrut­tu­rare il debito con la Rus­sia, aggiun­gendo che il paese rischia di non rice­vere la seconda tran­che di aiuti del Fmi, rima­nendo fuori dai pro­grammi se, entro il pros­simo mag­gio, non por­terà a posi­tiva con­clu­sione le trat­ta­tive sulla ristrut­tu­ra­zione del debito con i cre­di­tori esteri. Tra que­sti ultimi, pare che il prin­ci­pale sia il fondo di inve­sti­menti sta­tu­ni­tense «Frank­lin Tem­ple­ton», che deter­rebbe un terzo delle eurob­bli­ga­zioni ucraine.

La situa­zione sociale
Per quanto riguarda la situa­zione sociale del paese, secondo il Pc ucraino, a gennaio-febbraio 2015 il com­mer­cio al det­ta­glio si è ridotto del 21,2%. «Ciò testi­mo­nia — scrive il Segre­ta­rio del PC Pëtr Simo­nenko — che i cit­ta­dini hanno comin­ciato a fare eco­no­mie sugli stessi pro­dotti di prima neces­sità e che l’economia sta per­dendo il suo “prin­ci­pale inve­sti­tore”, il comune con­su­ma­tore». Hanno ces­sato l’attività circa 4.200 imprese agri­cole, 47.500 imprese indu­striali pri­vate, oltre 1.500 sta­tali e 2.500 comunali.

Lo scorso 11 marzo, in occa­sione dei primi «100 giorni» del suo secondo governo, Jatse­n­juk ha chia­mato gli ucraini a «pen­sare non a sé, ma i pro­pri figli e alle gene­ra­zioni future e a come sol­le­vare il paese da que­sto pre­ci­pi­zio». Ciò signi­fica, ha rile­vato Simo­nenko, ammet­tere che la «situa­zione è cata­stro­fica e che come risul­tato delle cosid­dette riforme adot­tate da Jatse­n­juk secondo le ricette del Fmi, l’attuale gene­ra­zione è pri­vata di ogni chance a godere di una vita normale».

E tra i risul­tati «del governo dei gastar­bei­ter» (parola mutuata dal tede­sco, usata per indi­care i vari mini­stri e vice mini­stri stra­nieri che com­pa­iono nel governo ucraino ndr) i comu­ni­sti ucraini elen­cano: riserve valu­ta­rie pre­ci­pi­tate da 22 a 5 miliardi di dol­lari; disoc­cu­pa­zione al 10%; caduta del PIL del 20% e, in alcuni set­tori, del 50%; moneta sva­lu­tata del 100%; aumen­tati del 100% i prezzi di generi ali­men­tari e medi­ci­nali, con i salari con­ge­lati. D’altronde, que­ste sono esat­ta­mente le con­di­zioni det­tate dal Fmi per la con­ces­sione di un cre­dito che, un mese fa, si annun­ciava di 40 miliardi di dol­lari in quat­tro anni: taglio di circa 230mila posti di lavoro pub­blici, innal­za­mento dell’età pen­sio­na­bile, prezzi dei ser­vizi comu­nali (gas, elet­tri­cità, ecc.) aumen­tati di 5–6 volte, nuove tasse e aumento delle attuali, minac­cia di non pagare gli sti­pendi (che in alcune imprese sono già fermi da oltre un anno.

Secondo i sin­da­cati ucraini, il sala­rio minimo è di tre volte infe­riore al livello di povertà decre­tato dall’Onu, di 7 volte più basso che in Esto­nia o Slo­vac­chia e dalle 15 alle 40 volte meno che in Austria o Ger­ma­nia. D’altronde, scrive Simo­nenko «parte dei cre­diti del Fmi fini­sce nel ser­vi­zio del debito estero, cioè torna in Occi­dente, un’altra parte va nel fondo di riserva (affin­ché Jatse­n­juk abbia di che rubare) e il resto va a rifi­nan­ziare le ban­che e le spe­cu­la­zioni degli oli­gar­chi. L’economia reale non riceve nulla. L’Ucraina ha pra­ti­ca­mente perso la sovra­nità eco­no­mica e si è tra­sfor­mata in un paese arre­trato neo­co­lo­niale del “terzo mondo”, con­dotto da una élite alle dipen­denze degli Usa e degli stroz­zini occidentali».

A parere del poli­to­logo ucraino Oleg Soskin i cre­diti occi­den­tali non aiu­tano a sta­bi­liz­zare il bilan­cio sta­tale ucraino, ma, «attra­verso schemi di clep­to­ma­nia ban­di­te­sca» fini­scono nelle tasche degli oli­gar­chi di governo e delle loro cor­date. Degli ultimi 5 miliardi di dol­lari con­cessi dal Fmi, pare che il 45% sia andato alla banca nazio­nale e il 55% al governo: ecco per­ché la gri­vna, invece di raf­for­zarsi, con­ti­nua a cadere. Uno dei mec­ca­ni­smi pre­fe­riti di arric­chi­mento pri­vato è quello del rifi­nan­zia­mento di alcune ban­che pri­vate; tra que­ste la «Pri­vat­bank» (di pro­prietà dell’oligarca Igor Kolo­mo­j­skij, che vi ha bloc­cato i conti dell’oligarca Poro­shenko) o altre ban­che con­trol­late da Poro­shenko o dal tan­dem Jatsenjuk-Turcinov.

Anche l’attuale con­flitto tra Petro Poro­shenko e Igor Kolo­mo­j­skij, a pro­po­sito del con­trollo di Ukr­nafta e Ukr­tran­snafta, sem­bra rien­trare nella guerra per l’accaparramento delle risorse natu­rali interne e dei soldi occi­den­tali. «Ritengo che il FMI chia­rirà pre­sto la situa­zione e non con­ce­derà altri mezzi finan­ziari» con­clude Soskin.



Related Articles

PENSIONI D’ORO, È L’ORA DELLA TRASPARENZA

Loading

Non sappiamo cosa abbia spinto il sottosegretario Carlo Dell’Aringa a pubblicare l’elenco delle dieci pensioni più generose erogate dall’Inps. Non crediamo che il suo intento fosse quello di alimentare l’invidia.

Brasile, la rinascita di Lula

Loading

Oggi il ballottaggio delle presidenziali: il capo dello stato in crisi al primo turno torna favorito È riuscito a risorgere

Iran. Rohani promette lavoro ma le proteste continuano, con 12 morti

Loading

Iran. Il presidente ieri è tornato a schierarsi con le ragioni che da cinque giorni spingono gli iraniani a riversarvi nelle strade

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment