La bonifica della Terra dei Fuochi a un condannato per reati ambientali
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A chi diavolo hanno affidato la bonifica della «discarica più inquinata della Campania», quindi d’Italia, quindi d’Europa? È incredula e sdegnata, al di là delle finezze giuridiche, la lettera di Raffaele Cantone che invita ad annullare gli appalti concessi per risanare la Resit, il bubbone più putrido: i lutti, le lacrime, le agonie della Terra dei Fuochi non hanno insegnato niente?
Intendiamoci, non spetta all’Alto commissariato per la lotta alla corruzione revocare l’affidamento dei lavori. Tocca alla Sogesid, la società pubblica nata per essere il braccio operativo ed efficiente dello Stato nella gestione degli acquedotti e nella bonifica dei siti inquinati e accusata da l’Espresso di esser diventata «una cornucopia di laute consulenze». Ma le undici pagine con cui Cantone invita la società che smista gli appalti a rivedere «in autotutela» le scelte fatte (traduzione: prima che lo facciano i giudici in seguito a qualche ricorso) sono quasi una requisitoria.
Cos’è la Resit di Giugliano, nel cuore di quella che fu la Campania Felix e sotto i Casalesi è diventata un immenso immondezzaio tossico? «È un tumore ambientale ramificato su 58.500 metri quadrati fino a 30 metri sotto terra», spiega Roberto Russo sul Corriere del Mezzogiorno, «Arsenico, cadmio, cromo, zinco, un intero laboratorio di chimica venefica». Da brividi: «Secondo la perizia del geologo Giovanni Balestri, nel 2064 la falda idrica sotto la discarica sarà compromessa da migliaia di tonnellate di veleni colati attraverso il tufo».
Dice tutto lo sfogo del commissario alle Bonifiche Mario De Biase: «La Resit di Giugliano non mi fa dormire. È un incubo. È il peggio che ci sia in Campania, lì sotto sono stati sversati tutti i veleni d’Italia…». A partire da quelli dell’Acna di Cengio che, prima della chiusura del colorificio, avevano infettato il Bormida facendo scrivere a Beppe Fenoglio: «L’acqua ha il colore del sangue raggrumato e sulle sue rive non cresce più un filo d’erba».
Lo Stato avrebbe dovuto affidare quel cancro della Resit ai più bravi, più preparati, più puliti dei medici ambientali. Per riscattare il proprio onore davanti alle famiglie dei morti, agli ammalati, ai bambini di Don Maurizio Patriciello che a sette anni scrivono letterine come quella di Emmanuela Falco: «Grazie che mi fai vivere ogni giorno di più, grazie Gesù…» Invece…
Invece, accusa Raffaele Cantone, quel compito così delicato è stato affidato come fosse una commessa qualunque. A partire dal solito appalto: chi fa il prezzo più basso? Come se decenni di assalti all’appalto taroccato, di ribassi vertiginosi seguiti sempre da tempi lunghissimi e via via da vertiginosi rincari, non avessero insegnato nulla, assolutamente nulla. Ed ecco su nove concorrenti uno che ribassa di quasi il 44%, uno di quasi il 45 e infine i vincitori, il raggruppamento temporaneo di imprese Treerre (Recupero Riciclaggio Riutilizzo) offrirsi a costi stracciatissimi: -45,002%.
Immaginatevi un’asta col banditore che batte: «Chi offre di meno? Assegnato!». Senza una valutazione più seria. Ma almeno alle aste chi compra deve dimostrare di avere i soldi. Qui, dopo anni di saccheggio del territorio, il vincitore avrebbe dovuto dimostrare almeno un profilo al di sopra di ogni sospetto. Macché: come dice Cantone dopo avere acquisito le carte, si è visto di tutto.
Tra i vincitori ecco il commercialista Luigi Lausi, il consulente della magistratura in processi importanti che sarà coinvolto nell’inchiesta su «mafia capitale» perché, secondo l’accusa, era il «facilitatore» delle pratiche di Carminati e soci. Dalla documentazione, scrive il commissario anticorruzione, è stato rivelato che «nel lasso temporale relativo all’espletamento della gara» l’uomo era contemporaneamente nel cda della Treerre e custode giudiziario della società Axsoa delegata «all’attività di attestazione da parte dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture» e come tale generosa nel concedere l’autorizzazione alla Treerre. Un conflitto di interessi «evidente» dato che «non poteva assolutamente essere nominato custode giudiziario dell’Axsoa un soggetto con evidenti partecipazioni e cariche in società di costruzioni».
Poi c’era Riccardo Mancini, presidente della stessa Treerre «già arrestato il 25 marzo 2013 per i reati di concussione e corruzione» nonché indagato per associazione mafiosa. E ancora Pasquale Moccia, legale rappresentante della società Italrecuperi, coinvolto in un’inchiesta sul «risanamento» di Bagnoli e già condannato con «sentenza passata in giudicato riferita a un reato ambientale». Sentenza emessa per la «violazione delle direttive comunitarie relative ai rifiuti», per la gestione di «una discarica di rifiuti speciali senza la prescritta autorizzazione», il mancato rispetto delle leggi europee sulla «eliminazione degli oli di usati», la «violazione delle norme per la tutela delle acque dall’inquinamento»…
Tutte cose che, secondo Cantone, avrebbero dovuto essere pesate. Al contrario, la commissione di gara ammise la Treerre/Italrecuperi con la seguente motivazione: la sentenza del 1997 era ormai vecchia. Quindi «non si riscontrano gli estremi per valutare l’incidente sulla moralità attuale dell’operatore la suddetta condanna». Parere convalidato dalla società «Bentley SOA»: le condanne di Moccia «sono state valutate non incidenti sul requisito della moralità professionale» anche per la «esiguità della pena in concreto applicata». Tanto è vero che l’uomo aveva «chiesto la riabilitazione».
Vero, risponde Cantone, peccato che il Tribunale di sorveglianza avesse «dichiarato l’inammissibilità» di questa riabilitazione «per il mancato pagamento della pena pecuniaria, delle spese processuali e per la presenza di procedimenti pendenti». A farla corta, quell’appalto per quasi 9 milioni di euro per la bonifica della discarica maledetta doveva essere bandito con più cautela. Voi vi fidereste, se la vostra casa fosse assediata da miasmi nauseabondi e assassini, di «risanatori» così?
Cos’è la Resit di Giugliano, nel cuore di quella che fu la Campania Felix e sotto i Casalesi è diventata un immenso immondezzaio tossico? «È un tumore ambientale ramificato su 58.500 metri quadrati fino a 30 metri sotto terra», spiega Roberto Russo sul Corriere del Mezzogiorno, «Arsenico, cadmio, cromo, zinco, un intero laboratorio di chimica venefica». Da brividi: «Secondo la perizia del geologo Giovanni Balestri, nel 2064 la falda idrica sotto la discarica sarà compromessa da migliaia di tonnellate di veleni colati attraverso il tufo».
Dice tutto lo sfogo del commissario alle Bonifiche Mario De Biase: «La Resit di Giugliano non mi fa dormire. È un incubo. È il peggio che ci sia in Campania, lì sotto sono stati sversati tutti i veleni d’Italia…». A partire da quelli dell’Acna di Cengio che, prima della chiusura del colorificio, avevano infettato il Bormida facendo scrivere a Beppe Fenoglio: «L’acqua ha il colore del sangue raggrumato e sulle sue rive non cresce più un filo d’erba».
Lo Stato avrebbe dovuto affidare quel cancro della Resit ai più bravi, più preparati, più puliti dei medici ambientali. Per riscattare il proprio onore davanti alle famiglie dei morti, agli ammalati, ai bambini di Don Maurizio Patriciello che a sette anni scrivono letterine come quella di Emmanuela Falco: «Grazie che mi fai vivere ogni giorno di più, grazie Gesù…» Invece…
Invece, accusa Raffaele Cantone, quel compito così delicato è stato affidato come fosse una commessa qualunque. A partire dal solito appalto: chi fa il prezzo più basso? Come se decenni di assalti all’appalto taroccato, di ribassi vertiginosi seguiti sempre da tempi lunghissimi e via via da vertiginosi rincari, non avessero insegnato nulla, assolutamente nulla. Ed ecco su nove concorrenti uno che ribassa di quasi il 44%, uno di quasi il 45 e infine i vincitori, il raggruppamento temporaneo di imprese Treerre (Recupero Riciclaggio Riutilizzo) offrirsi a costi stracciatissimi: -45,002%.
Immaginatevi un’asta col banditore che batte: «Chi offre di meno? Assegnato!». Senza una valutazione più seria. Ma almeno alle aste chi compra deve dimostrare di avere i soldi. Qui, dopo anni di saccheggio del territorio, il vincitore avrebbe dovuto dimostrare almeno un profilo al di sopra di ogni sospetto. Macché: come dice Cantone dopo avere acquisito le carte, si è visto di tutto.
Tra i vincitori ecco il commercialista Luigi Lausi, il consulente della magistratura in processi importanti che sarà coinvolto nell’inchiesta su «mafia capitale» perché, secondo l’accusa, era il «facilitatore» delle pratiche di Carminati e soci. Dalla documentazione, scrive il commissario anticorruzione, è stato rivelato che «nel lasso temporale relativo all’espletamento della gara» l’uomo era contemporaneamente nel cda della Treerre e custode giudiziario della società Axsoa delegata «all’attività di attestazione da parte dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture» e come tale generosa nel concedere l’autorizzazione alla Treerre. Un conflitto di interessi «evidente» dato che «non poteva assolutamente essere nominato custode giudiziario dell’Axsoa un soggetto con evidenti partecipazioni e cariche in società di costruzioni».
Poi c’era Riccardo Mancini, presidente della stessa Treerre «già arrestato il 25 marzo 2013 per i reati di concussione e corruzione» nonché indagato per associazione mafiosa. E ancora Pasquale Moccia, legale rappresentante della società Italrecuperi, coinvolto in un’inchiesta sul «risanamento» di Bagnoli e già condannato con «sentenza passata in giudicato riferita a un reato ambientale». Sentenza emessa per la «violazione delle direttive comunitarie relative ai rifiuti», per la gestione di «una discarica di rifiuti speciali senza la prescritta autorizzazione», il mancato rispetto delle leggi europee sulla «eliminazione degli oli di usati», la «violazione delle norme per la tutela delle acque dall’inquinamento»…
Tutte cose che, secondo Cantone, avrebbero dovuto essere pesate. Al contrario, la commissione di gara ammise la Treerre/Italrecuperi con la seguente motivazione: la sentenza del 1997 era ormai vecchia. Quindi «non si riscontrano gli estremi per valutare l’incidente sulla moralità attuale dell’operatore la suddetta condanna». Parere convalidato dalla società «Bentley SOA»: le condanne di Moccia «sono state valutate non incidenti sul requisito della moralità professionale» anche per la «esiguità della pena in concreto applicata». Tanto è vero che l’uomo aveva «chiesto la riabilitazione».
Vero, risponde Cantone, peccato che il Tribunale di sorveglianza avesse «dichiarato l’inammissibilità» di questa riabilitazione «per il mancato pagamento della pena pecuniaria, delle spese processuali e per la presenza di procedimenti pendenti». A farla corta, quell’appalto per quasi 9 milioni di euro per la bonifica della discarica maledetta doveva essere bandito con più cautela. Voi vi fidereste, se la vostra casa fosse assediata da miasmi nauseabondi e assassini, di «risanatori» così?
Gian Antonio Stella
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