Le ruspe su Nimrud L’Unesco: «Crimine contro l’umanità»

Le ruspe su Nimrud L’Unesco: «Crimine contro l’umanità»

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Cresce con il passare delle ore il coro delle condanne internazionali contro l’ennesima operazione criminale dell’Isis. Questa volta i fanatici jihadisti hanno iniziato la devastazione metodica dell’antica città assira di Nimrud, uno dei siti mesopotamici più celebri al mondo e studiato dagli archeologi fin dall’Ottocento. Dal 1949 vi lavorò anche Max Mallowan, marito di Agatha Christie.

È come se la furia distruttrice dei terroristi fosse stata rinfocolata dalle battaglie che stanno combattendo negli ultimi giorni intorno alla città siriana di Raqqa e a quella irachena di Tikrit, dove la presenza massiccia di truppe scelte iraniane e milizie sciite sta creando loro gravi difficoltà. Una settimana fa avevano diffuso i video dei loro militanti ripresi mentre prendevano a mazzate statue e bassorilievi assiri nel museo di Mosul, nell’antica città di Hatra e sul sito di Ninive.
Adesso si accaniscono contro Nimrud, fondata quasi quattro millenni orsono sulle rive del Tigri una trentina di chilometri a sud dell’attuale Mosul, citata dalla Bibbia. Un nucleo urbano vasto e articolato, ricco di statue, simboli, resti di palazzi sontuosi, culla della civilizzazione della Mezzaluna Fertile, che tra l’VIII e VI secolo a.C. fu anche capitale dell’impero assiro. Tra i suoi re più importanti vi fu quello stesso Assurbanipal che generazioni di studenti in tutto il mondo hanno studiato sui banchi di scuola. Il ministero del Turismo e delle Antichità iracheno due giorni fa denunciava i vandalismi condotti con «bulldozer e pesanti mezzi militari». Nelle ultime ore sono emersi nuovi dettagli dei vandalismi corredati da immagini, ma ancora non è chiara la loro dimensione. In passato l’Isis ha cercato di vendere i manufatti sul mercato nero. Il sito è ampio, restano larghe sezioni ancora da scavare. Inoltre sin dalla metà dell’Ottocento diversi reperti preziosi sono stati portati all’estero (parecchi nel British Museum a Londra) e nell’ultimo mezzo secolo al museo di Bagdad.
Le grida di allarme sono numerose. Irina Bokova, responsabile dell’Unesco, parla di «crimine contro l’umanità», una sorta di «pulizia etnica culturale». In termini simili si esprime l’amministrazione Usa. L’ayatollah Ali al-Sistani, leader spirituale degli sciiti iracheni, accusa i militanti dell’Isis di essere «barbari selvaggi» impegnati non solo a combattere gli iracheni, ma decisi anche a cancellare la loro storia antica.
Lorenzo Cremonesi


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