L’ultima Primavera colpita al cuore

by redazione | 19 Marzo 2015 8:57

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L’ATTENTATO al Museo del Bardo indica le minacce immediate che pesano sulla giovane democrazia tunisina, nata dalla sola rivoluzione araba riuscita. L’attacco di ieri ha una forte simbologia politica. Da un lato, nella vasta produzione della sfera jihadista su Youtube, prolunga le scene iconoclaste compiute al museo di Mosul. Dall’altro, se collegato agli attentati di Parigi e di Copenaghen, mostra una continuità dell’azione jihadista sulle due rive del Mediterraneo.
Il Bardo, che ospita la più straordinaria collezione di mosaici romani del mondo, è colpito nel momento in cui lo Stato islamico distrugge musei e siti archeologici in Iraq. E anche se a Tunisi l’obiettivo dei terroristi erano i turisti, colpire nel Museo tunisino dimostra ancora una volta l’odio jihadista per tutto ciò che è culturale e non islamico.
Inoltre, il Bardo è situato nel complesso dell’antico palazzo del Bey, che comprende anche il Parlamento, simbolo della democrazia e delle elezioni che si sono svolte nella calma lo scorso dicembre e che hanno segnato il rigetto degli islamisti “moderati” di Ennahda da parte della maggioranza dei tunisini. Quello di ieri non è il primo attentato compiuto nella Tunisia post-rivoluzionaria. Ma è senz’altro il più violento, poiché bisogna risalire al 2002, quando Al Qaeda attaccò la sinagoga di Jerba, per trovare un bilancio di vittime così drammaticamente alto.
Dopo l’Arabia Saudita, la Tunisia è la nazione che ha esportato il più gran numero di jihadisti verso la Siria e l’Iraq. Sono tremila, secondo il ministro degli Esteri tunisino, Taieb Baccouche, il che significa che proporzionalmente la Tunisia ne ha prodotto il più gran numero tra tutti i Paesi arabi. Ora, di questi foreign fighters ne sono rientrati in patria circa cinquecento, e anche se le autorità tunisine cercano di tenerli tutti sotto stretto controllo, i mezzi a disposizione della loro polizia sono di certo molto meno importanti di quelli delle polizie europee.
C’è poi l’agitazione nel sud del Paese, accanto al confine con la Libia, dove in alcune zone il caos ha oggi condotto alla nascita di quasi-emirati islamisti. Ciò comporta una minaccia diretta per la Tunisia: quella di diventare la prima vittima dell’espansione della jihad nell’Africa del nord. Ora, la stessa minaccia grava anche sui suoi Paesi vicini, anzitutto Algeria e Marocco, con conseguenze economiche che potrebbero rivelarsi devastanti. Per esempio, la ripresa del settore turistico, dopo gli anni della crisi provocata dalle “primavere arabe”, rischia di non esserci. Ma l’attacco al Bardo è anche il segnale che il campo di battaglia della jihad si avvicina sempre di più alle coste del Mediterraneo, in particolare all’Italia e alla Francia.
Di fronte a questi pericoli è evidente che l’Unione europea è chiamata a intervenire al più presto, perché non ne va solo della sicurezza della Tunisia e del Maghreb più in generale, ma della stessa Europa. Dall’aiuto offerto alle autorità di Tunisi dipenderà largamente la credibilità europea sui rapporti che intende instaurare con i suoi vicini del sud. E’ questa una delle priorità per l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini.
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