Tunisi, terrore e sangue attacco al museo 4 italiani tra i 22 morti

Tunisi, terrore e sangue attacco al museo 4 italiani tra i 22 morti

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TUNISI . Gli schizzi di sangue scendono lentamente sulla figura di un antico romano in tunica bianca, come se la ferita fosse del personaggio sul mosaico. Corpi di turisti straziati giacciono per terra, in mezzo alle sale del Museo del Bardo, che racconta la nobiltà del passato tunisino. In un angolo, davanti a una parete bianca crivellata di colpi, c’è un giovane vestito da poliziotto, più avanti un altro in tuta da ginnastica. Tutt’e due sono ancora avvinghiati al kalashnikov con cui dovevano dimostrare che l’unica via verso Allah è quella del loro credo fanatico. Hanno massacrato i turisti, risorsa fondamentale del Paese, senza esitare nemmeno quando davanti al mitragliatore vedevano bambini terrorizzati.
Ma se volevano mettere la Tunisia in ginocchio, non ci sono riusciti. A fine giornata, il bilancio del sangue è impressionante: 22 persone uccise, fra cui almeno quattro turisti italiani, e una quarantina di feriti, con due terroristi abbattuti dalle forze speciali, uno arrestato e due o tre in fuga. Il bilancio politico è ben diverso. Più ancora che lo sgomento, per le vie di Tunisi e fra i manifestanti subito raccolti a migliaia davanti al Teatro Nazionale si respirava la rabbia e allo stesso tempo la decisione di andare avanti comunque, a dimostrare che il modello di Bourghiba regge anche davanti all’assalto del fondamentalismo. Niente città blindata: le strade erano piene e le famiglie camminavano tranquille. Non è ancora del tutto chiaro chi abbia organizzato l’attacco: i due terroristi uccisi erano anch’essi tunisini, Jabeur Khachnaoui, di Kasserine, e Yassine Laâbidi, di Ibn Khaldoun. Adesso gli analisti segnalano che i siti jihadisti sono un florilegio di celebrazioni da parte dei militanti del sedicente Stato islamico. Ma per ora un legame diretto con gli uomini di Abu Bakr Al Baghdadi non è chiarito. La ricostruzione dell’assalto, ancora provvisoria, sembra indicare che qualcosa è andato storto da subito nei piani dei jihadisti. Il commando era composto di cinque uomini, travestiti da poliziotti, e poco dopo mezzogiorno si era diretto verso l’edificio del Parlamento, che sta vicino al museo del Bardo. Sembra probabile che l’attacco fosse stato pianificato in coincidenza con la discussione di una nuova legge anti-terrorismo. Le guardie del Parlamento, però, hanno individuato e respinto i finti poliziotti. A quel punto, il gruppo ha deciso di attaccare il museo del Bardo, pieno di turisti occidentali come sempre. Prima di entrare nell’edificio, i jihadisti hanno aperto il fuoco su un pullman parcheggiato davanti al museo, uccidendo almeno otto persone.
Poi sono entrati nelle sale del museo. «Ho sentito una raffica, ho capito che c’era qualcosa che non andava», racconta il romano Alberto Di Porto dal suo letto nell’ospedale Charles Nicolle: «Con mia moglie e un gruppo di altre persone ci siamo nascosti dietro una loggetta, abbiamo fatto proprio come a Parigi, nel market Hyper Kosher. Non si sono accorti di noi. Abbiamo sentito esplodere almeno una granata, e raffiche continue. Ho visto solo un falso poliziotto, per un attimo, so solo che aveva il passamontagna».
Il commando ha preso in ostaggio quanti più turisti possibile, bambini compresi, trattenendoli con i mitragliatori e aprendo il fuoco, ma molti sono riusciti a fuggire. A quanto si può capire, non c’è stato nessun tentativo di negoziazione: il blitz delle forze speciali è stato quasi immediato, due terroristi sono rimasti uccisi e gli altri sono fuggiti. La caccia all’uomo è partita immediatamente: un membro del commando è stato catturato, degli altri — due o forse tre — non si sa con certezza, anche se le autorità tunisine parlano di due sospetti già fermati.
Per gli ostaggi, il momento di respirare. «I giapponesi che erano con noi sono usciti dal museo con le mani alzate, erano terrorizzati», racconta ancora Di Porto: «Alla fine di tutto, quando siamo usciti, ho visto un corpo in una pozza di sangue. Quando ci hanno portato fuori, temevamo che avessero messo qualche bomba. Non sono ferito, mi sono fatto male a un piede perché sono caduto andando via dal museo». Al Charles Nicolle c’è anche un’altra italiana, la signora B. S., che ieri sera è stata operata per una leggera ferita alla gamba: secondo il racconto degli infermieri, la turista è stata colpita di striscio da una pallottola mentre cercava di coprire il figlioletto dalle raffiche dei jihadisti.
La reazione della Tunisia è già partita. «Il nostro Paese è in pericolo. E non avremo nessuno scrupolo per difenderlo», ha detto il primo ministro Habib Essid. E il presidente Beji Caid Essebsi gli ha fatto eco in un discorso tv: «Terremo la testa alta. E faremo tutto il possibile per impedire che un fatto come questo si ripeta». I tunisini intanto si commuovono per il cane poliziotto ucciso durante il blitz, ma soprattutto piangono il loro nuovo eroe: è Ajman Murjan, l’ufficiale di sicurezza caduto durante l’attacco. Un tunisino pronto a sacrificarsi per gli altri, un uomo della stessa pasta di Mohamed Bouazizi.


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