Un fiume di denaro per rilanciare l’Europa tassi giù, aiuti all’export ecco la scommessa

by redazione | 9 Marzo 2015 9:55

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L’Eurotower acquisterà fino a settembre 2016 bond europei per un totale di 1.140 miliardi di cui 140 per interventi sui titoli italiani
Esistono coincidenze in cui è possibile leggere più di quanto sia nelle intenzioni dei protagonisti. Tra oggi e domani nell’area euro si accavalleranno tre appuntamenti carichi di conseguenze, ma di segno diverso fra loro.
Domani a Bruxelles il Consiglio dei ministri economico-finanziari (Ecofin) esaminerà la “revisione approfondita” sui piani dell’Italia e la procedura per deficit eccessivo sulla Francia: se arriverà un via libera, come sembra, sarà stato compiuto un altro passo verso un nuovo equilibrio fra una disciplina di bilancio meno rigida e una vigilanza più stretta a Bruxelles sulle riforme in aree come le regole del lavoro, la burocrazia o la giustizia. Prima però, già da oggi, l’Eurogruppo si occuperà del piano della Grecia per poter ricevere una nuova rata di aiuti da 7,2 miliardi. Qui l’intesa non appare vicina. Intanto, proprio in queste ore la Bce varcherà una nuova soglia storica con il varo dell’operazione che tutti conoscono nella sua definizione americana: Quantitative easing (Qe), o “allentamento quantitativo”. Ecco una guida a ciò che sta per fare la Bce, e perché.
1. CHE COSA È IL QUANTITATIVE EASING ALL’EUROPEA?
Dopo la Federal Reserve americana, la Banca d’Inghilterra e la Banca del Giappone, anche l’Eurotower ha deliberato l’acquisto su larga scala di titoli obbligazionari (o bond) sui mercati europei. Da oggi e per i prossimi 19 mesi, l’Eurotower orchestrerà interventi da circa 60 miliardi al mese, per un totale di 1.140 miliardi di euro entro settembre 2016. L’80% di questi titoli, per un valore alla scadenza di 912 miliardi, dovrebbero essere in bond sovrani emessi dai 19 Stati dell’area euro. Poiché gli acquisti nei vari Paesi saranno proporzionali alla quota di ciascuno nel capitale della Bce, gli interventi sui titoli di Stato italiani arriveranno a circa 140 miliardi. Le grandi decisioni sull’operazione sono prese a Francoforte, ma toccherà a ciascuna banca centrale nazionale comprare i titoli di Stato del proprio Paese. Nell’ipotesi del default, le perdite saranno concentrate quasi per intero sulla relativa banca centrale nazionale e non sul bilancio comune della Bce. Il rischio sul debito italiano è al 92% circoscritto in Italia. Verranno comunque comprati bond già scambiati sul mercato, non direttamente all’emissione da parte dei Tesori, e le scadenze potranno essere comprese fra i due e i 30 anni. Le decisioni su cosa esattamente acquistare e quando verranno prese di volta in volta.
2. QUALI SONO LE CONSEGUENZE DEL QUANTITATIVE EASING?
In teoria, la Bce non cerca di aiutare i Paesi più indebitati a finanziarsi. Eppure questa operazione decisa il 22 gennaio scorso avrà l’effetto di una colossale polizza assicurativa: governi il cui debito continua a salire, dall’Italia al Portogallo, ora sono più sicuri di prima che non torneranno in crisi finanziaria nel 2015 e 2016. Per l’Italia il costo degli interessi sul debito calerà, con risparmi fino a 6 miliardi l’anno.
3. QUALI SONO GLI OBIETTIVI DELLA BCE?
Gli obiettivi del Qe però non riguardano nessun Paese in particolare. Con la sua irruzione sui mercati, la Bce intende arrestare l’avvitamento verso la deflazione in area euro. In febbraio la caduta annua dei prezzi al consumo è stata dello 0,3%. La deflazione è pericolosa perché scoraggia le imprese dall’investire e le famiglie dal fare acquisti: in loro si radica l’idea che i prezzi saranno più bassi in futuro, dunque rinviano in continuazione le decisioni di spesa. La Bce non ha più molte armi a disposizione per contrastare questa sorta di paralisi. Poiché i tassi d’interesse ai quali presta alle banche sono già a zero, non le resta che accrescere la liquidità per abbassare ancora di più anche i tassi a lungo termine ai quali le banche prestano a famiglie e imprese.
4. QUALI SONO LE PROBABILITÀ DI SUCCESSO DEL QE?
Già l’attesa che accada, insieme alla prospettiva di un aumento dei tassi della Fed a giugno, provoca un effetto che favorisce la ripresa e la dinamica dei prezzi. Immettere più di mille miliardi nell’economia svaluta l’euro, ormai vicino alla parità con il dollaro dopo aver sfiorato quota 1,40 un anno fa, dunque rende più competitivo l’export e più caro l’import. Del resto i segnali degli ultimi mesi rassicurano. Da quando l’Eurotower ha annunciato il Qe, le attese di inflazione di lungo periodo sono nettamente risalite sui mercati. I tassi ai quali le banche prestano a un anno alle imprese in Italia sono scesi dell’1% (ora sono al 3,3%). E i consumi delle famiglie ora crescono, insieme ai salari, persino nella frugale Germania: negli ultimi sei mesi, hanno accelerato quasi come negli Stati Uniti. La stessa Bce ha ritoccato al rialzo le sue stime: ora prevede che l’area euro crescerà dell’1,5% nel 2015.
5. QUALI SONO I RISCHI DEL QE?
Se ne vedono almeno tre all’orizzonte: uno relativo all’Europa e due all’Italia. In Europa, i germogli di ripresa possono ridare forza alle voci contrarie al Qe. Probabile che presto di torni a discutere se non è il caso di interromperlo anzitempo, indebolendone gli effetti. In Italia invece c’è un doppio rischio. Da un lato, il Qe può alimentare l’illusione che il Paese ormai possa uscire dalla palude senza nuovi sforzi di riforma o di risanamento. Dall’altro, resta il problema tutto italiano del credit crunch prodotto dalla montagna di 184 miliardi di sofferenze bancarie. I tassi dei prestiti a cinque anni alle imprese in Italia sono ancora al 5%, un punto sopra alla Spagna e due sopra Francia e Germania. Su questo la Bce è impotente: tocca a noi, e non ci sono più scuse.
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