Cosa serve davvero per integrare i Rom

Cosa serve davvero per integrare i Rom

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POCHI argomenti scatenano reazioni più viscerali delle discussioni sui rom, di cui oggi ricorre la giornata internazionale. Stereotipi, sensazionalismo e luoghi comuni spesso hanno la meglio sui fatti. Molte persone sembrano credere che i rom scelgano di vivere ai margini della società in accampamenti di baracche in condizioni abominevoli, e che rientri nella loro cultura far crescere i bambini nella melma, togliendoli dalla scuola per mandarli a chiedere l’elemosina. Eppure, nella maggior parte dei casi, coloro che nutrono questi pregiudizi nei confronti dei rom e alimentano queste voci non hanno mai rivolto loro la parola.
Ho fatto visita ad alcuni campi rom in Italia e in molti altri paesi europei, e le persone con le quali ho parlato non volevano vivere lì. Non vogliono vivere in luoghi demoralizzanti nei quali sono segregati contro la loro stessa volontà. Non ci si dovrebbe dimenticare che molti rom che vivono in accampamenti ghetto sono stati scacciati a forza dai loro alloggi precedenti, e nessuno degli abitanti di quei campi che ho conosciuto durante il mio sopralluogo del 2012 ha dichiarato di essersi trasferito lì di sua volontà. Anzi: mi sono stati riferiti molti esempi che spiegano in che modo — rispetto alla loro situazione abitativa precedente — vivere in quei campi limita il contatto, e quello dei loro figli, con la popolazione in generale, e in che modo vivere lì contribuisce quindi alla loro emarginazione.
Già nel mio rapporto del 2012 sull’Italia e in una lettera spedita al sindaco di Roma nel 2013 raccomandavo alcune misure atte a facilitare l’integrazione dei rom nella società tradizionale e facevo presente la necessità di porre fine alle politiche che portano alla creazione di campi isolati ed emarginati e agli sfratti coatti. Malgrado ciò, sono stati fatti pochi passi avanti: queste pratiche proseguono e così pure continuano a esserci ostacoli che precludono ai rom che vivono in accampamenti fatiscenti di accedere all’edilizia popolare. In alcuni comuni, tra i quali Roma, Torino e Milano, sono stati costruiti o ristrutturati campi ghetto.
Questa strada è chiaramente sbagliata. I campi ghetto portano a gravi violazioni dei diritti umani. Violano sia i parametri internazionali e nazionali sia la politica delle stesse autorità italiane in materia: la Strategia nazionale per l’inclusione dei rom del 2012 non lascia spazio alcuno agli accampamenti che emarginano. Si devono dunque trovare valide alternative abitative.
Per agevolare l’inclusione dei rom nella società, si rende necessario un cambiamento di politica. Gli sfratti coatti e i campi ghetto devono finire nel dimenticatoio. Nuovi sforzi devono essere fatti per andare incontro alle necessità abitative dei rom. Tutto ciò è importante perché l’accesso a un’abitazione decorosa è un requisito fondamentale per usufruire di molti altri diritti umani, in particolare l’istruzione. Come possono i bambini che vivono in baraccopoli di località remote, circondate da fango e prive di accesso all’acqua potabile, a sistemi fognari, alla rete elettrica e ai trasporti pubblici, frequentare la scuola con regolarità e apprendere, restando alla pari con gli altri bambini?
Per cercare alternative migliori, l’Italia non ha bisogno di guardare tanto lontano. Alcune esperienze incoraggianti portate avanti a livello locale potrebbero essere prese a esempio. A Messina alcuni edifici comunali abbandonati sono stati ristrutturati direttamente dai rom del campo di San Ranieri che in seguito vi si sono trasferiti. Ad Alghero il 15 gennaio è stato chiuso il campo di Arenosu e 51 rom hanno ricevuto un aiuto quadriennale dalla Regione, dal Comune e dalle associazioni per pagare l’affitto di normali appartamenti.
Queste iniziative dimostrano che, con un adeguato impegno politico, alcuni progetti ben strutturati possono effettivamente migliorare l’integrazione dei rom e una reciproca comprensione con la popolazione maggioritaria. È di fondamentale importanza finanziare e attuare la strategia nazionale di inclusione di rom e sinti. Alcune risorse, comprese quelle provenienti da finanziamenti Ue, potrebbero essere convenientemente mobilitate per promuovere iniziative adeguate di edilizia e integrazione.
È giunto il momento di smettere di trattare i rom come cittadini di serie B. Emarginarli non può che portare a maggiore alienazione, emarginazione, pregiudizi. L’Italia deve mostrare molta più determinazione nel risolvere i problemi di abitazione che i rom si trovano ad affrontare, anche facilitando il loro accesso all’edilizia popolare. Le vigenti leggi anti-discriminatorie dovrebbero renderlo possibile: le si deve quindi applicare. Questo è il prerequisito di base per garantire che i diritti umani dei rom, siano essi italiani o originari di altri paesi europei, siano interamente rispettati.
* L’autore è il Commissario ai Diritti Umani del Consiglio d’Europa
( Traduzione di Anna Bissanti)


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