Def, i sindaci evitano nuovi tagli

Def, i sindaci evitano nuovi tagli

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I sin­daci si riten­gono sod­di­sfatti dall’incontro di ieri con il pre­mier Mat­teo Renzi, anche se ancora su alcuni punti si dovrà lavo­rare, come ad esem­pio la ripar­ti­zione dei sacri­fici delle città metro­po­li­tane. «Il pre­si­dente del Con­si­glio ha chia­rito che allo stato attuale un testo del Def non esi­ste, esi­stono bozze di lavoro, che non vanno assunte come deci­sioni adot­tate, e in par­ti­co­lare che il Def che il governo si appre­sta a varare non pre­vede nuovi tagli a carico dei Comuni», ha spie­gato il pre­si­dente dell’Anci Piero Fas­sino uscendo dall’incontro. Restano però in ballo i 10 miliardi di euro da repe­rire per il 2016 attra­verso la spen­ding review, quindi è tutto ancora da scri­vere il capi­tolo sui desti­na­tari di que­sti tagli: pro­ba­bil­mente i mini­steri, e le partecipate.

I sin­daci hanno fatto il punto subito dopo tra di loro, men­tre il pre­si­dente Renzi, che si appre­stava ad andare in con­fe­renza stampa, ha dovuto sospen­dere il brie­fing con i gior­na­li­sti a causa dei fatti di Milano. L’Anci è al lavoro per «avan­zare una pro­po­sta con­di­visa» da sot­to­porre a Palazzo Chigi mer­co­ledì pros­simo, con l’obiettivo di «gestire l’impatto dei tagli pre­vi­sti per le città metro­po­li­tane, in par­ti­co­lare per Roma, Firenze e Napoli», ha spie­gato Fas­sino. «Per esse il taglio, per i cri­teri adot­tati, risulta one­roso e signi­fi­ca­ti­va­mente più alto che per le altre».

E se da un lato i Comuni sem­brano aver sot­ter­rato l’ascia di guerra, dall’altro lato le pro­vince — enti dal futuro ancora piut­to­sto incerto, chiuse per il momento solo vir­tual­mente — hanno spie­gato di essere arri­vate allo stremo, e che non reg­ge­ranno ulte­riori tagli. Se verrà con­fer­mata l’ulteriore ridu­zione di fondi per 5 miliardi di euro nel bien­nio 2016–2017, ha dichia­rato l’Unione pro­vince ita­liane, il rischio è bloc­care la riforma avviata. «Impos­si­bile — ha dichia­rato il pre­si­dente Ales­sando Pastacci, rife­ren­dosi all’ipotesi di ridu­zione delle dota­zioni anche per i pros­simi due anni — Dopo il 2015 non c’è più mar­gine. A un anno esatto dal varo della riforma, si ferma tutto».

«Con la legge di sta­bi­lità 2015 — ha aggiunto il pre­si­dente dell’Upi — 23 Pro­vince su 76 si vedranno ridotti i bilanci in una per­cen­tuale che va dal 20 al 30% della spesa cor­rente in meno. La media nazio­nale è di oltre il 15%, che in valori asso­luti signi­fica quasi 9 milioni in meno a Pro­vin­cia, con pic­chi che arri­vano a quasi meno 35 milioni. È evi­dente che par­lare di mar­gini ulte­riori di ridu­zioni per il pros­simo bien­nio è impos­si­bile. Vuol dire affos­sare la prima grande riforma isti­tu­zio­nale del Paese a un anno dal varo».

Con l’ultima legge di sta­bi­lità i nuovi enti sono stati messi nella con­di­zione di non avere nean­che le risorse suf­fi­cienti a coprire le fun­zioni fon­da­men­tali che la legge ha loro asse­gnato, dalla sicu­rezza delle strade pro­vin­ciali alla gestione delle scuole supe­riori, dalla tutela dell’ambiente ai ser­vizi di sup­porto e assi­stenza ai Comuni. L’Upi ha quindi rile­vato che già nel 2015 sono a rischio dis­se­sto diverse pro­vince «ma è evi­dente che se il governo intende man­te­nere 2 miliardi di tagli per il 2016 e 3 per il 2017, anche quelle che riu­sci­ranno a chiu­dere il bilan­cio 2015 non saranno più in grado di fare nulla nei pros­simi due anni».

E con­tro il governo si sono schie­rati anche i Pic­coli Comuni, che riten­gono «inco­sti­tu­zio­nale» l’accorpamento delle fun­zioni dispo­sto dal governo, e hanno pure fatto ricorso al Tar: l’iniziativa è pro­mossa da Asmel, l’Associazione per la sus­si­dia­rietà e la moder­niz­za­zione degli enti locali, che rag­gruppa oltre 2.200 Comuni in tutta Ita­lia e il ricorso è par­tito dalla Campania.

Intanto, in vista dell’annunciata spen­ding review, la Cgia di Mestre ha con­teg­giato i tagli degli ultimi sette anni: tra il 2009 e il 2015, Comuni e Regioni anche a seguito degli ingenti tagli ai tra­sfe­ri­menti dispo­sti dalle varie mano­vre, hanno ridotto le pro­prie spese di ben 26,4 miliardi di euro, men­tre le ammi­ni­stra­zioni cen­trali — ovvero i mini­steri, le agen­zie fiscali, le auto­rità ammi­ni­stra­tive, etc — hanno tagliato le pro­prie uscite di 6,4 miliardi. Que­sto in cifre asso­lute, ma rispetto ai rela­tivi bilanci si tratta di un 3% di tagli per le ammi­ni­stra­zioni cen­trali con­tro l’11% agli enti locali.

Cri­ti­che al Def sono venute dalla Cgil: «Ancora tagli e nes­suna azione con­tro la disoc­cu­pa­zione», men­tre la Cisl ha chie­sto al governo «corag­gio per sfol­tire le partecipate»



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