La Libe­ra­zione del giorno prima

by redazione | 25 Aprile 2015 12:18

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Liberi vuol dire anche essere liberi di festeg­giare lascian­dosi un po’ andare, senza farsi inges­sare dalla reto­rica del rito nazio­nale. Il gio­chino è riu­scito alla per­fe­zione, anzi quasi è sfug­gito di mano, per­ché quest’anno a Milano c’è dav­vero una strana voglia di festeg­giare diver­sa­mente. E così il rituale del set­tan­te­simo della Libe­ra­zione è stato scar­di­nato da un’idea di Radio­Po­po­lare — sot­to­scritta da Anpi, Arci e Insmli — che ha con­ta­giato l’Italia, rubando il tempo alle decine di cor­tei che oggi riem­pi­ranno le piazze, a par­tire dagli ottan­ta­mila di piazza Duomo. Poteva sem­brare una fol­lia comin­ciare il 25 aprile con un giorno di anti­cipo e invece è andata alla grande, con almeno 150 feste not­turne da Torino a Lecce, dal Tren­tino alla Sici­lia e natu­ral­mente a Milano, il set più affol­lato; ma c’è chi si è libe­rato ancheg­giando a Mar­ra­kech, Amburgo, Bue­nos Aires e Dublino.

Que­sta l’idea: ren­dere omag­gio ai par­ti­giani can­tando e bal­lando nelle piazze e nei cor­tili, come fece set­tanta anni Milano su ini­zia­tiva del sin­daco Anto­nio Greppi (era il 14 luglio, un’altra data che fa la sua bella figura). Ad aprire le danze, ieri alle 18,30, un flash­mob orga­niz­zato dalla radio all’Arco della Pace, poi sono state decine e decine le feste a sor­presa. Case, cir­coli, cor­tili, strade, oste­rie. Sono imma­gini e ricordi già desti­nati a restare in un’altra nuova sto­ria, e anche que­sta pic­cola non è. La sera, in un cor­tile non lon­tano dall’Isola, men­tre un dj alterna mazurke e pop anni Set­tanta, dal terzo piano rotola uno stri­scione lungo dieci metri: “Libe­riamo il Medi­ter­ra­neo”. Libe­rare cosa? La signora che da bam­bina ha visto il duce in piazza Loreto è con­tenta per la sor­presa, ma non capi­sce bene: allora glielo spie­gano dei ragaz­zini, quando si dice l’incontro tra gene­ra­zioni. E vai con un pezzo di Inoki. Si balla!

La Libe­ra­zione del giorno prima è comin­ciata al mat­tino, con l’inaugurazione della Casa della Memo­ria di via Con­fa­lo­nieri, tre piani inca­strati tra i grat­ta­cieli di Porta Nuova con spazi per ospi­tare mostre, pro­ie­zioni e semi­nari dedi­cati alle vit­time delle stragi e del ter­ro­ri­smo. Il sin­daco di Milano Giu­liano Pisa­pia, uomo sen­si­bile, ha riser­vato un pen­siero anche ad altri morti, ad altri uomini che stanno cer­cando la loro libe­ra­zione e invece affo­gano nell’indifferenza dell’Europa e anche di molti di coloro che oggi scen­de­ranno in piazza. «Que­sto edi­fi­cio — ha detto — deve essere anche un rife­ri­mento per le stragi del pre­sente, per appro­fon­dire e tro­vare solu­zioni a una tra­ge­dia che non può riguar­dare solo il nostro paese». Il sin­daco sem­bra l’unico, o quasi, ad essersi accorto in mezzo a quali tra­ge­die cade il “nostro” set­tan­te­simo della Libe­ra­zione. Spe­riamo che oggi sap­pia tro­vare le parole giu­ste anche per spie­garlo alle decine di migliaia di per­sone che sfi­le­ranno per le vie del cen­tro, visto che anche lui inter­verrà dal palco di piazza Duomo insieme a Lella Costa, Susanna Camusso e al pre­si­dente dell’Anpi Carlo Smu­ra­glia. Anche l’Arci ha voluto sot­to­li­neare che que­sto è uno dei giorni più impor­tanti per chi ama la libertà, «lo è in maniera par­ti­co­lare in que­sto 70esimo anni­ver­sa­rio della Libe­ra­zione, quando di fronte all’ennesima cata­strofe uma­ni­ta­ria nel Medi­ter­ra­neo non manca chi sem­bra voler ripro­porre vec­chi e tra­gici discorsi». Il rife­ri­mento ai nuovi fasci­smi è l’altro filo con­dut­tore per dare un senso a que­sta gior­nata senza pie­garsi alla reto­rica nazio­nale della «festa di tutti e per tutti».

Si vedrà in cor­teo se Milano, con un altro colpo di reni fuori pro­gramma, sarà in grado di rom­pere il pro­to­collo delle cele­bra­zioni man­dando un segnale di un’altra resi­stenza che sta facendo sto­ria in que­ste gior­nate dram­ma­ti­che, aprendo pagine di cui un giorno ci ver­go­gne­remo. Non è que­stione di un minuto di silen­zio in più — e sarebbe il minimo — è che que­sto 25 aprile potrebbe essere una buona occa­sione per dimo­strare che non tutto è per­duto. Non è que­sto il sen­tire comune, ma in quel per­corso che va da Porta Vene­zia a piazza Duomo sono acca­dute a volte cose sor­pren­denti. Altri­menti sarà la solita straor­di­na­ria mani­fe­sta­zione, una sor­presa per chi nei restanti 364 giorni dell’anno si chiede scon­so­lato dove sia mai finita la “sini­stra”. Per la stretta cro­naca, “la noti­zia del giorno” è già stata scritta in anti­cipo, ma sono solo sba­va­ture che tra­vi­sano il 25 aprile: ci saranno gli “attimi di ten­sione” tra la bri­gata ebraica e i gruppi di mani­fe­stanti filo pale­sti­nesi. Non come a Roma, qui sfi­lano tutti, ma è peg­gio degli anni scorsi. Merito del Pd, il par­tito che ormai si inse­ri­sce come un corpo estra­neo nella sto­rica piazza della sini­stra. Per dare un senso alla sua imba­raz­zata par­te­ci­pa­zione, per rita­gliarsi una parte da pro­ta­go­ni­sta che non può più avere, il par­tito di Renzi ha deciso “scor­tare” la bri­gata ebraica per pro­teg­gerla da chissà quali aggres­sioni. In realtà si nasconde. La con­clu­sione è noiosa: con­te­sta­zioni, fischi, pole­mi­che. Ine­zie. Ma è quanto basta per gua­stare il rac­conto della gior­nata più bella della Repubblica.

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