L’Indonesia non cede Plotone d’esecuzione per i narcotrafficanti

by redazione | 29 Aprile 2015 12:10

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PECHINO In Indonesia ogni giorno cinquanta persone muoiono per droga, è un’emergenza nazionale alla quale bisogna rispondere con durezza: «Nessun compromesso», dice il presidente Joko Widodo, un democratico riformista entrato in carica a ottobre. Per questo Widodo a dicembre ha messo fine alla moratoria sulla pena capitale. E ieri a mezzanotte, otto condannati sono stati portati davanti al plotone d’esecuzione: erano due australiani, quattro nigeriani, un brasiliano e un indonesiano.
La loro vicenda ha aperto una crisi internazionale. I due australiani, Andrew Chan e Myuran Sukumaran, erano stati arrestati a Bali nel 2005 con l’accusa di aver fatto parte di una banda di trafficanti di eroina basata a Bali, il paradiso dei turisti. Andrew aveva 22 anni allora, Myuran 24. In cella sono cambiati: il primo è diventato un cristiano fervente che ha trascorso i suoi giorni in preghiera e cercando di confortare i compagni di detenzione; il secondo ha cominciato a disegnare ed è considerato un artista: il suo ultimo quadro, un cuore dal quale cadono gocce di sangue. Al brasiliano, Rodrigo Gularte, nel 2004 avevano trovato sei chili di cocaina nella sacca della sua tavola da surf: durante il processo e gli appelli è stato dichiarato due volte malato di schizofrenia. I quattro nigeriani erano piccoli corrieri della droga, l’indonesiano uno spacciatore al dettaglio. Nella lista di ieri notte c’era anche una donna filippina, Mary Jane Veloso, 30 anni: all’ultimo minuto è stata risparmiata.
Per loro si sono mobilitati governi, l’Onu, l’Unione europea, celebrità internazionali come il campione di pugilato filippino Manny Pacquiao. Il più attivo è stato il primo ministro australiano Tony Abbott, che ha chiesto clemenza per motivi umanitari e quando si è visto inascoltato è arrivato a ricordare al presidente indonesiano l’aiuto economico prestato al Paese nel 2004, dopo la tragedia dello tsunami; infine ha prospettato gravi conseguenze nelle relazioni diplomatiche e commerciali. In Australia si era costituito anche un movimento popolare che ha invocato il boicottaggio turistico dell’isola di Bali. Qualcuno in Indonesia ha reagito proponendo una colletta per ripagare gli australiani del soccorso dato dopo lo tsunami. Anche il Brasile ha protestato, richiamando l’ambasciatore da Giacarta. Tutto inutile. Widodo non ha cambiato idea. Già a dicembre aveva respinto la domanda di grazia e commutazione della pena per un olandese e un brasiliano.
Pare che la donna filippina abbia ottenuto il rinvio grazie a una telefonata da Manila a Widodo del presidente Benigno Aquino, che ha suggerito di risparmiare la sua connazionale per permetterle di testimoniare contro il cartello della droga.
Lunedì, come ultima volontà, Andrew Chan che oggi ha 31 anni, ha sposato in cella la fidanzata indonesiana. Myuran aveva chiesto solo di poter disegnare fino alla chiamata del boia. Ieri mattina gli incontri dell’addio con i familiari nel carcere di massima sicurezza di Nusakambangan, dove la giustizia indonesiana salda i conti con i condannati a morte. Le nove bare, bianche, con i nomi dei condannati, erano arrivate su una processione di ambulanze. A Nusakambangan ci sono altri 54 condannati nel braccio della morte .
A mezzanotte (le sette del pomeriggio ora italiana) i prigionieri sono stati fatti uscire dalle celle e portati in una radura tra gli alberi, mani e piedi legati. Il sistema usato in Indonesia è la fucilazione. Davanti al plotone d’esecuzione si può scegliere solo se essere bendati, stare in piedi, inginocchiarsi o sedere in attesa della scarica. I dodici fucilatori vengono selezionati in base alle loro capacità come tiratori e «alla salute fisica e psicologica», dice il codice di procedura. Debbono mirare a un panno nero fissato all’altezza del cuore. Solo tre di loro hanno pallottole vere così che non si possa mai identificare chi ha sparato i colpi mortali e l’esecutore si senta meno responsabile. L’ultima ipocrisia .
Guido Santevecchi
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