Le armi a disposizione sono la liquidità nelle casse di Francoforte (in fondo il quantitative easing è già un intervento preventivo per attenuare i possibili effetti di un crac greco), le squadre di esperti e legali dell’istituto, assieme — in questi casi può servire — a un po’ di finanza creativa: al culmine della crisi ellenica del 2012, con centinaia di milioni di euro in fuga ogni giorno dalle banche greche, la Banca centrale europea — come ha scritto il Daily Mail senza mai essere smentito — avrebbe spedito da Francoforte ad Atene aerei-cargo carichi di euro in banconote per non far saltare il sistema creditizio.
Anche questa volta sul tavolo ci sono strumenti di difesa non proprio convenzionali: Eurotower, ha scritto la Reuters, avrebbe esaminato nelle ultime settimane la possibilità di dribblare il rischio di default greco emettendo una valuta parallela (i cosiddetti Iou, dall’inglese “I owe you”, “Pagherò”) con cui pagare stipendi e pensioni senza mandare subito in soffitta la moneta unica. Questo pezzo di carta potrebbe diventare in tempi brevi una sorta di moneta valida anche per gli acquisti di beni di prima necessità. Con ogni probabilità si svaluterebbe in tempi molto rapidi sull’euro ma almeno non butterebbe fuori corso la divisa Ue come farebbe la dracma.
A difendere l’euro appena dietro la prima linea presidiata dagli esperti di Mario Draghi, ci saranno da Bruxelles gli esperti della Comunità e da Washington quelli del Fondo monetario internazionale. Di ufficiale, ovvio, non c’è niente. «A questo punto però è chiaro che tutti sono molto, molto preoccupati di un possibile default di Atene», ha dichiarato a Euroinsight Fleming Larsen, ex direttore generale dell’Fmi, dando per certo che a Washington è stato creato da tempo un piccolo gruppo segreto di supertecnici per preparare le barricate necessarie ad evitare un drammatico effetto contagio sul resto dell’economia mondiale. E in fondo la rilettura storica ex-post di altre situazioni d’emergenza (in primis quella della stessa Grecia nel 2010) ha confermato come dietro le quinte si siano sempre mossi in modo preventivo legali, banchieri, trader ed esperti informatici, impegnati a coordinarsi per prefigurare ogni tipo di scenario e adottare le eventuali contromisure.
L’ex Troika non è però l’unica a mettere le mani avanti. Quasi tutti i singoli stato stanno valutando in camera caritatis le loro road map in caso di Grexit. Anche se l’unica a uscire allo scoperto finora è stata Londra. Lo scorso febbraio Downing Street ha ammesso che David Cameron ha incontrato i vertici della Banca d’Inghilterra, del Tesoro e della comunità finanziaria invitandoli a coordinarsi per pianificare le misure necessarie nel caso l’euro rischiasse di saltare. Lavori che sono proseguiti nelle settimane successive come confermano le ultime minute della Bank of England. Un piano preciso sarebbe stato messo a punto pure dalla Finlandia, come rivelato da un memo pubblicato dal quotidiano Helsingin Samomat e anche Lisbona «ha studiato in passato nei dettagli come reagire in caso di default della Grecia», ha ammesso l’ex ministro Rebelo de Sousa. Procedure tornate di stretta attualità in questi giorni.