Quella tendenza a sovrastimare il Pil In sette anni la differenza arriva al 14%

Quella tendenza a sovrastimare il Pil In sette anni la differenza arriva al 14%

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ROMA Tra oggi e venerdì il governo approverà, come ogni anno, il Def, il Documento di economia e finanza e il Pnr, il Programma nazionale di riforme, in pratica il piano economico per i prossimi anni, fondamentale per passare gli esami della commissione europea ed evitare le procedure di infrazione. L’Italia non pare correre questo rischio, anche grazie al fatto che, nel suo semestre di presidenza Ue, è riuscita a far passare una linea di maggior flessibilità nella valutazione dei piani economici, che tenga conto delle riforme per la crescita. Eppure è curioso constatare come questo tira e molla tra governi e commissione europea, che ruota intorno a decimali di punto, cominci su previsioni che si rivelano puntualmente sbagliate e che saranno corrette (a settembre con la nota di aggiornamento e l’anno prossimo col nuovo Def).
Così sbagliate (per l’Italia di più, ma anche per gli altri Paesi) che viene da chiedersi se davvero valga la pena di impegnare così tante risorse umane (a Roma e a Bruxelles) e così tanto tempo attorno a questi documenti, che sono diventati ormai delle enciclopedie — l’anno scorso il Def si componeva di 5 parti, per un totale di 1.069 pagine — che il più delle volte restano in larga parte disattese. Per avere un’idea di quanto sballate si siano rivelate le previsioni sul prodotto interno lordo dall’inizio della crisi a oggi basta dare un’occhiata al grafico, dove abbiamo messo a confronto le stime fatte con i documenti di finanza pubblica di Italia, Germania e Francia nell’autunno precedente l’anno in questione e la variazione del Pil che poi c’è effettivamente stata. Per l’Italia la crescita dell’economia, se si fossero avverate le stime del governo fatte solo tre mesi prima che cominciasse l’anno, sarebbe stata più alta del 14,2% in sette anni, dal 2008 al 2014. Per la Francia del 6,25% e per la Germania del 3,6%. Da noi insomma le stime si sono rivelate davvero sballate e il gap tra previsioni e realtà sarebbe ancora maggiore se il confronto si facesse sul Def rilasciato ad aprile (come quello di domani) anziché sulla nota di aggiornamento che, a settembre, puntualmente fa una prima correzione dei dati.
I dati confermano come l’economia sia una scienza quanto mai inesatta. Tanto è vero che, per restare all’Italia, il gap cumulato 2008-2014 tra previsioni e realtà è molto alto anche quando si confrontano le stime fatte di anno in anno da Banca d’Italia, commissione europea, Fondo monetario internazionale e Ocse (che è quello che sbaglia meno, di “appena” il 10,4%).
Nel Def che il governo presenta oggi, Renzi ha annunciato che la stima per il Pil 2015 sarà prudente: +0,7%. Per non incorrere di nuovo in una sovrastima, come nel Def di un anno fa, che prevedeva per il 2015 una crescita dell’1,3% corretta nella nota di aggiornamento di settembre 2014 a un misero 0,6%. Fatto sta che, di regola, per capire come veramente andrà bisogna aspettare, come riconosce lo stesso governo in un focus sugli «errori di previsione nelle stime ufficiali», il dato sull’anno in corso contenuto nella nota di aggiornamento di settembre, cioè tre mesi prima che finisca l’anno, quando la sovrastima si riduce in media a 0,2 punti percentuali rispetto alla realtà. E questa volta, con un po’ di fortuna, chissà che lo 0,7% per il 2015 non si riveli invece sottostimato, come accadde nel 2010.
Enrico Marro


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