Raid dal Kenya sulle milizie somale

Raid dal Kenya sulle milizie somale

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WASHINGTON Colpito duro con la strage degli studenti a Garissa, il Kenya reagisce. L’aviazione ha lanciato domenica e lunedì diversi raid nella regione di Gedo, in Somalia, bombardando campi d’addestramento dei militanti islamisti Shebab. I caccia hanno sganciato bombe su Gondodowe e Ismail, località dove la fazione ha diverse dozzine di elementi.

L’attacco aereo, affermano i portavoce, è solo la prima risposta, anche se ci vuole altro per contrastare i jihadisti africani. L’area di Gedo è già stata teatro di incursioni, senza però incidere in modo netto sulle attività dei guerriglieri. Va ricordato che anche gli Usa hanno inseguito gli estremisti usando droni e caccia. Operazioni segnate da successi, con l’eliminazione del capo degli Shebab, Godane, e di almeno tre dirigenti di alto livello. Perdite rapidamente superate dal movimento. O comunque non sufficienti a fermare i piani di Mohamed Kuno, responsabile per la campagna in Kenya e nascosto nella regione di Juba.
Insieme ai raid, il governo ha annunciato la preparazione di una lista contenente i nomi dei cittadini kenyoti sospettati di essersi uniti agli insorti islamisti. Una mappatura che doveva essere fatta ben prima, ma che ha trovato nuova urgenza dopo il massacro di Garissa, costato la vita a 148 studenti. La polizia ha confermato che tra gli assalitori c’era Abdirahim Abdullahi, ex bancario e figlio di un esponente politico locale. Un giovane che ha lasciato famiglia e lavoro per entrare nella fazione estremista secondo un percorso di militanza seguito da molti kenyoti.
L’attentato al college ha poi messo in evidenza — ancora una volta — due aspetti. Il primo è l’impreparazione delle forze di sicurezza. C’erano un allarme specifico su possibili attacchi alle scuole, segnalazioni che risalivano a dicembre e legate proprio al nome di Kuno. Eppure la polizia non è stata in grado di fermare il piano. A questo si sono aggiunte le incredibili carenze nella reazione: le unità speciali sono intervenute a Garissa sette ore dopo a causa di problemi logistici. E ciò ha provocato la grande rabbia di chi ha perso un figlio nella strage.
Il secondo elemento è il fronte interno. Il pericolo per il Kenya è rappresentato non solo dagli Shebab, ma anche dagli islamisti nati e cresciuti nel Paese. Alcuni agiscono in coordinamento con Kuno, violando agevolmente una frontiera di 700 chilometri. Altri sono legati alla formazione al Hijra, presente nella comunità musulmana del Paese. La situazione è ancora più preoccupante perché gli osservatori ritengono siano possibili altri attentati. I messaggi con minacce arrivati dal movimento somalo sono giudicati attendibili. Ed è anche concreto il rischio di azioni in Uganda, dove le autorità hanno messo in guardia la popolazione.
Sempre grande fermento sugli altri teatri jihadisti. In Nigeria, miliziani di Boko Haram si sono travestiti da predicatori ed hanno ucciso una cinquantina di persone in un villaggio. In Siria 300 curdi sono stati sequestrati ad un posto di blocco nei pressi di Idlib. Gli uomini si stavano recando ad Aleppo a bordo di alcuni bus per ritirare gli stipendi quando un gruppo di guerriglieri li hanno bloccati. Incerta la responsabilità. Informazioni iniziali hanno accusato i qaedisti di al Nusra ma fonti locali hanno attribuito il rapimento alla fazione Jaysh al Islam. I 300, militanti dell’Unione democratica curda, sono poi stati tutti liberati .
Guido Olimpio

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