Renzi vuole stringere in settimana: con l’ostruzionismo ci sarà la fiducia

Renzi vuole stringere in settimana: con l’ostruzionismo ci sarà la fiducia

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ROMA «È arrivato il momento di decidere: ognuno si dovrà prendere le proprie responsabilità, avanti tutta»: è un Matteo Renzi determinato quello che ieri ha mobilitato il partito sull’Italicum. A dargli manforte il ministro Boschi, Luca Lotti, sempre fondamentale, per il premier, nei passaggi difficili, Lorenzo Guerini, che ha ottenuto il sì all’Italicum di 20 su 21 segretari regionali, e il vicecapogruppo vicario a Montecitorio Ettore Rosato.
Con questa squadra il presidente del Consiglio affronta la partita dell’Italicum, scegliendo di prendere di petto la situazione. Oggi ci sarà la prova fedeltà — le votazioni sulle pregiudiziali — dopodiché, se andranno come Renzi spera, si procederà per tutta la settimana a ritmo serrato. L’idea del rinvio, sebbene tecnico, è stata archiviata dallo stesso premier per non dare impressione di «arrendevolezza». «Io — ha spiegato ai suoi Renzi — credo sul serio alla riforma e perciò non mi fermerò, perché non si può sottostare alla dittatura di una minoranza della minoranza».
Il che non significa che, sotto traccia, non vi siano delle mediazioni in corso con l’area riformista (uno dei più attivi nelle trattative è il ministro della Giustizia Andrea Orlando) per limitare il numero degli emendamenti. Ma questo non cambia di una virgola gli intendimenti del segretario: la legge va mandata in porto speditamente. «Alla fine — dice Renzi ai fedelissimi — vedrete che il Pd apparirà più compatto di quanto possa sembrare ora. Quelli che si schiereranno con noi saranno più del previsto. I numeri ci sono tutti e più alcuni esasperano lo scontro, più aumentano quelli che stanno con noi. Senza contare che Forza Italia sta esplodendo e che quindi è fisiologico che alcuni di loro ci supportino nel voto».
I numeri ci sono, ma il premier non rinuncia all’idea di mettere la fiducia. Anche se deciderà probabilmente oggi se utilizzare questo strumento. «Fosse per me — ha confidato l’inquilino di Palazzo Chigi ad alcuni parlamentari — non porrei la fiducia, ma se parte l’ostruzionismo diventa l’unica scelta possibile per evitare la paralisi. Certo non possiamo rischiare di essere risucchiati dalla palude».
Dunque, il premier non sembra temere di dividere il partito in modo clamoroso, andando avanti e mettendo nel conto la fiducia e una serie di votazioni a ritmo incessante per tutta la settimana, rinviando alla prossima la fiducia e lo scrutinio finale. Nella minoranza, Renzi, vede anche tanti giochi di «posizionamento» e alcune «finte», oltre che la volontà «dei più di non rompere con la linea del partito e con il vincolo di lealtà che esiste nella nostra comunità». Il premier non sembrerebbe temere nemmeno una scissione, sulla scia dell’Italicum: «Io non ci credo», continua a ripetere ai collaboratori, sottolineando che la linea dei pasdaran anti-riforma elettorale «è minoritaria». «Anche tra i militanti del partito — è il succo dei ragionamenti che Renzi fa in questi giorni — questa resistenza all’Italicum non c’è, anzi viene vista come una cosa incomprensibile, frutto dell’atteggiamento di alcuni che sono prevenuti nei confronti del governo e che prescindono dal merito della legge elettorale». Perciò quello che gli premeva (di qui la lettera ai circoli del Pd) era di «spiegare bene al Partito democratico la posta in gioco e mi pare che i segretari regionali lo abbiamo compreso perfettamente».
Nessuna ansia di rottura, nessuna «prova di forza tanto per farla», quindi, piuttosto, «la consapevolezza che, dopo mesi di lavoro e dopo aver accettato alcune delle migliorie proposte dalla minoranza, non si può indugiare oltre»: «Allora si che la gente non ci capirebbe più».
Oggi si vedrà quanti, in Parlamento, sono dalla parte di Renzi: una verifica importante anche se, secondo il premier, «la maggioranza del nostro elettorato ha già scelto con chi stare».
Maria Teresa Meli


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