Stretta sul trattato Usa-Ue flash mob e proteste in 600 piazze del mondo

Stretta sul trattato Usa-Ue flash mob e proteste in 600 piazze del mondo

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NEW YORK . Seicento manifestazioni di protesta in tutto il mondo, di cui duecento nella sola Germania. Ieri è stata la giornata di mobilitazione di tutte le forze che si oppongono al nuovo trattato di libero scambio fra Europa e Stati Uniti, Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip). Il calendario della protesta ha preceduto di 48 ore la ripresa dei negoziati: da domani a venerdì le delegazioni tornano a discuterne qui a New York.
La Germania si conferma come l’epicentro della resistenza, e il suo è un ruolo paradossale se visto dagli Stati Uniti. L’economia tedesca infatti è da sempre “vincitrice” nella liberalizzazione degli scambi, continua ad accumulare giganteschi attivi commerciali nei suoi scambi con il resto del mondo (regolarmente criticati dall’Amministrazione Obama, perché quei surplus dimostrano che Berlino non fa nulla per sostenere la ripresa anzi sono un freno alla crescita altrui). Ma tant’è, i sondaggi rivelano che solo il 39% dei tedeschi è favorevole al Ttip. Su 1,7 milioni di firme raccolte dall’iniziativa “Stop Ttip”, ben un milione sono tedesche, 50 volte più delle firme raccolte in Italia.
Il fronte del no accusa il Ttip di abbassare le tutele per la salute dei consumatori su molti fronti: organismi geneticamente modificati, additivi alimentari, pesticidi. Poi c’è la controversa clausola “Investor-State Dispute Settlement”, quella che darebbe alle aziende il diritto di fare ricorso contro decisioni degli Stati che ritengono lesive dei propri legittimi interessi. In particolare gli avversari denunciano la facoltà che verrebbe data alle multinazionali, di opporsi alle decisioni prese da Stati sovrani e democratici, contestandole presso delle corti di arbitrato private. “Privatizzazione della giustizia”, l’ha definita perfino un partito di governo tedesco, la Spd socialdemocratica.
Il fronte dei favorevoli, finora è stato certamente meno efficace nella sua strategia di comunicazione. Non l’aiuta il fatto che per molto tempo le trattative sul Ttip sono state condotte in gran segreto, avallando il sospetto che fossero monopolizzate dai tecnocrati di governo e dalle lobby del business. Sui benefici potenziali del Ttip circolando stime ondivaghe: si va da 100 miliardi di dollari di aumento del Pil suddiviso tra le due sponde dell’Atlantico, fino a 120 miliardi di euro per la sola economia europea.
Barack Obama e Matteo Renzi sono tornati a spezzare una lancia a favore di una rapida e positiva conclusione dei negoziati, venerdì in occasione del vertice bilaterale alla Casa Bianca. Obama ha rilanciato la sua tesi: «Se non siamo noi a varare le nuove regole della globalizzazione, inserendo più tutele per i lavoratori e l’ambiente, prevarranno le regole cinesi che certo non ci favoriscono ». Obama si trova inuna situazione inedita: per un volta sono i repubblicani ad appoggiarlo, mentre gran parte del suo partito democratico non vuole nuovi trattati. Il primo ad essere in dirittura d’arrivo è il trattato “gemello” che si chiama Tpp, tra l’America e l’Asia-Pacifico. La settimana scorsa il Tpp ha fatto un passo in avanti significativo: il Congresso di Washington ha accettato di discuterlo usando la procedura del “fast track” o corsia veloce, in cui si approva a scatola chiusa senza poter emendare i singoli dettagli. Ma sono stati i repubblicani a regalare questo successo a Obama, mentre in campo democratico prevalgono le opposizioni. Con argomenti – dai sindacati agli ambientalisti – molto simili a quelli degli oppositori europei.
Per l’Italia ci sono alcuni vantaggi specifici dal Ttip, che spiegano la forte adesione del gover- no Renzi. Ce li ha illustrati il viceministro Carlo Calenda che si occupa dei negoziati. Il Ttip potrebbe smantellare delle barriere occulte che gli americani usano contro il made in Italy. Il protezionismo ci colpisce con dazi, tariffe doganali, ostacoli regolamentari: dall’agroalimentare ai gioielli, dal tessile ai macchinari. «Gli americani – ha ricordato Calenda – non hanno mai riconosciuto i marchi locali, come la denominazione del prosciutto di Parma; per loro esistono solo marchi aziendali». Con effetti perversi come il dilagare del cosiddetto Italian Sounding, cioè nomi che suonano italiani, assomigliano agli originali, e traggono in inganno la massa dei consumatori meno avveduti: “Parmeggiano” e simili.
Mesi di proteste europee hanno ottenuto qualcosa. L’Ue ha reso pubblico il “mandato negoziale” accogliendo le richieste di trasparenza. Il principio di precauzione europeo resterà in piedi contro gli ogm. Eccezione culturale e servizi pubblici resteranno fuori dal Ttip.


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