In ricordo di Nils Chri­stie

In ricordo di Nils Chri­stie

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«Il vero pro­blema non è la droga, ma il modo scel­le­rato in cui si pensa di com­bat­terla. Ci sono molte cose pes­sime al mondo, cose che io per­so­nal­mente disap­provo, ma la que­stione è se esse costi­tui­scano dei reati oppure no: è un pro­blema di defi­ni­zione. Noi dob­biamo deci­dere cosa è cri­mi­nale e cosa non lo è. Cosa asso­mi­glia al cri­mi­nale: il cat­tivo, l’incomprensibile, l’involontario? Niente di tutto que­sto lo è neces­sa­ria­mente, c’è una grande libertà nelle defi­ni­zioni. La mag­gior parte dei com­por­ta­menti che con­si­de­riamo cri­mi­nali hanno a che vedere con dei con­flitti, ma i con­flitti pos­sono anche essere mediati. Pos­siamo leg­gerli come le con­trad­di­zioni insite nella natura umana. Dob­biamo lavo­rare su vie alter­na­tive al sistema delle pene, dob­biamo occu­parci di ricon­ci­lia­zione e di com­pen­sa­zione delle vit­time. Nella vita civile accade che sorga un con­flitto, segno di un disa­gio, e che si entri in con­tra­sto con la poli­zia, con le isti­tu­zioni. A quel punto non dob­biamo essere inte­res­sati alla solu­zione più facile, ossia alla vit­to­ria dello stato che scon­figge il cri­mi­nale. Rispon­dere a un disa­gio con la puni­zione signi­fica legit­ti­mare un sistema di paure a par­tire dalla paura di chi punisce».

Così Nils Chri­stie in un dia­logo pub­bli­cato sulle pagine di que­sto gior­nale quin­dici anni fa.

Nils Chri­stie, padre dell’abolizionismo penale insieme a Louk Hul­sman e Tho­mas Mathie­sen, è morto il 27 mag­gio scorso. Aveva ottan­ta­sette anni, molti dei quali impe­gnati a soste­nere che il reato non esi­ste. È un arti­fi­cio di chi governa.

Esce in Ita­lia nel 1996 per Elèu­thera Il busi­ness del peni­ten­zia­rio. La via occi­den­tale al gulag. E’ un rac­conto degli affari pla­ne­tari pro­dotti dal sistema del con­trollo penale e dell’internamento di massa. Lo sguardo in primo luogo è agli Usa, capaci di espor­tare su scala glo­bale il grande imbro­glio della sicu­rezza. Fio­ri­scono negli anni della Rea­go­mics le pri­gioni pri­vate. Le mul­ti­na­zio­nali della sicu­rezza sono una lobby potente che con­di­ziona le poli­ti­che cri­mi­nali. La war on drugs vive dello stesso imbro­glio politico-culturale delle prigioni.

Il reato non esi­ste, dun­que. Chri­stie rac­con­tava come le car­ceri, negli Usa come in Rus­sia, sono il luogo della reclu­sione delle minoranze.

«Quanti dete­nuti avete in Ita­lia? 54.000? Quante guar­die? 44.000? E allora non abbiate paura dei troppi poli­ziotti… ognuno potrebbe por­tarsi a casa un dete­nuto, e avre­ste risolto il pro­blema delle car­ceri!». Quest’altro breve estratto dell’intervista pub­bli­cata dal Mani­fe­sto nel 2000 fun­ziona per­fet­ta­mente in quanto oggi abbiamo più o meno lo stesso numero di dete­nuti di allora.

La sua non era una pro­vo­ca­zione ma una pro­po­sta. In Ita­lia stu­diosi a noi vicini e cari come Giu­seppe Mosconi, Mas­simo Pava­rini e Vin­cenzo Rug­giero hanno aperto e por­tato avanti nel tempo la discus­sione intorno alla pro­spet­tiva abo­li­zio­ni­sta. Un dibat­tito di recente rivi­ta­liz­zato da due bei libri ovvero Abo­lire il car­cere di Luigi Man­coni, Ste­fano Ana­sta­sia, Valen­tina Cal­de­rone e Fede­rica Resta (Chia­re­let­tere) già recen­sito sulle pagine di que­sto gior­nale e No pri­son. Ovvero il fal­li­mento del car­cere di Livio Fer­rari con pre­fa­zione di Mas­simo Pava­rini (Rubbettino).

A fronte di tutto que­sto però negli ultimi anni c’è un fio­rire con­fuso di pro­po­ste legi­sla­tive intorno alla media­zione in sede penale. Con molta appros­si­ma­zione si parla di giu­sti­zia ricon­ci­lia­tiva e di rap­porto vittima-detenuto. In alcuni tri­bu­nali di sor­ve­glianza si chiede ai dete­nuti infatti di avvi­ci­narsi alle vit­time e da que­sto si fa dipen­dere il loro per­corso peni­ten­zia­rio e dun­que l’abbreviazione della pena. Nils Chr­stie abor­ri­rebbe di fronte a que­sti esiti.

La media­zione per lui era l’alternativa al sistema delle pene e non una parte della pena. Anche se lo spa­zio poli­tico e giu­ri­dico per la pro­po­sta abo­li­zio­ni­sta non è facile da vedersi, la scuola nor­dica di Chri­stie, Hul­sman e Mathie­sen ci ha lasciato in ere­dità un campo vasto di ragionamento.

La loro era una pro­po­sta che potremmo defi­nire uma­no­cen­trica in quanto con­trap­po­sta a un sistema penale e peni­ten­zia­rio che ha mostrato nel tempo tutta la sua mostruo­sità. Non è tanto impor­tante inda­garne la prag­ma­ti­cità o la soste­ni­bi­lità quanto capire la dire­zione che ci sug­ge­ri­sce di percorrere.



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