“La riforma non va privilegia i più ricchi e divide i precari rinviando le assunzioni”

“La riforma non va privilegia i più ricchi e divide i precari rinviando le assunzioni”

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CAMUSSO , ma non è paradossale uno sciopero della scuola contro una riforma che prevede 100 mila assunzioni di precari?
«Ma secondo lei — risponde il segretario generale della Cgil — un sindacato può scioperare contro delle assunzioni? La verità è che il governo non è in condizioni di farle per l’inizio dell’anno. E ha posto criteri assai discutibili che dividono in modo arbitrario i precari».
Non è che protestate contro una legge che vi ha tagliato fuori, che ha ignorato il tradizionale potere di veto dei sindacati?
«Francamente mi paiono argomenti vecchi e strumentali. Le cose sono assai più serie. Questa è una riforma che lede il diritto costituzionale della libertà di insegnamento, che affida a un singolo, il dirigente scolastico come si chiama oggi il preside, la totale discrezionalità su chi debba insegnare o meno. Non è quello che prevede la nostra Carta Costituzionale ».
Lei pensa che sia una riforma di impianto autoritario?
«Emerge una scuola che non ha più una funzione di carattere generale, che non punta più a formare cittadini con spirito critico. È una scuola elitaria, non di tutti. Le risorse che ci sono, peraltro scarse, vanno a chi primeggia e delle scuole di Scampìa o dello Zen di Palermo che ne facciamo?».
Eppure la competizione tra istituti scolastici può accrescere la qualità dell’offerta formativa. Non crede che possa essere un vantaggio per le famiglie?
«Guardi, io penso che la scuola debba essere migliorata. Nella nostra Costituzione la scuola vuol dire il diritto allo studio. Bene, nella riforma non c’è traccia di questo. Non c’è una visione del futuro della scuola, non c’è nulla per combattere la dispersione scolastica nel Paese che detiene il record di giovani Neet, che cioè non lavorano, non studiano, non si formano. Alla fine accederanno alla scuola coloro che appartengono a famiglie che se lo possono permettere».
Abbiamo il record dei Neet e quello dei giovani disoccupati. Secondo lei perché nonostante il Jobs Act, il superamento dell’articolo 18, lo sgravio contributivo per le nuove assunzioni, le aziende non assumono?
«Perché non ci sono investimenti a partire da quelli pubblici. Perché non basta dire a un imprenditore: ti ho tolto l’articolo 18, ti ho fatto gli sconti, ora pensaci tu. Non funziona così. Gli incentivi senza vincoli si traducono nella sola sostituzione di contratti. Serve una politica industriale che indirizzi e sostenga la crescita e l’occupazione ».
Si passa dai contratti a termine a quelli a tempo indeterminato. Non è positivo?
«Certo che lo è. Ma siamo nel terreno di Monsieur Lapalisse. Se non si pone come obiettivo quello della piena occupazione richiamato autorevolmente dal Presidente Mattarella, non ci sarà alcun cambiamento di verso ».
La manovra sugli sgravi contributivi ci è costata circa 10 miliardi. Il governo ne dovrà recuperare quasi altrettanti per fronteggiare gli effetti cumulati della sentenza della Consulta sul mancato adeguamento delle pensioni. La Cgil ha esultato dopo la sentenza. Ora si devono trovare le risorse. Come?
«La Corte si era già pronunciata in senso negativo su soluzioni che colpivano solo parte dei pensionati. Il governo è in grave ritardo e ora è indispensabile sedersi intorno ad un tavolo per cambiare la legge Fornero che non funziona per mille motivi».
D’accordo, le risorse dove le prenderebbe?
«Ora i diritti delle persone vanno garantiti e le risorse, come abbiamo più volte detto, ci sono o si possono trovare. Questa potrebbe anche essere l’occasione per rivedere i criteri di una effettiva progressività del sistema fiscale e per contrastare seriamente l’evasione».
Facendo pagare ai ricchi? È la vostra proposta della patrimoniale?
«Senza rinunciare alla riforma complessiva del fisco, la patrimoniale sulla grandi ricchezze ha un’efficacia immediata».
Come giudica la legge elettorale su
cui la Camera esprimerà la fiducia?
«Non mi convince essendo tutta piegata al principio della governabilità. È una legge che surrettiziamente porta al premierato senza che siano stati previsti i necessari contrappesi. Dissi al congresso della Cgil che eravamo di fronte ad una torsione del sistema democratico. Non ho cambiato idea».
“Il sindacato visita la sinistra tutti i giorni del calendario”, ha scritto Eugenio Scalfari nell’editoriale di domenica. Lei che sinistra visita?
«La sinistra che visito è quella che tenta di recuperare alcune parole e alcuni valori: uguaglianza, ricostruzione dei diritti sociali, povertà non come colpa, disoccupazione non come vergogna. La sinistra che vuole un altro Paese».
Sta dicendo che non è nel Pd, partito che lei ha annunciato non voterebbe, che trova questa sinistra?
«C’è anche nel Pd. È che oggi sono sempre di meno i luoghi della partecipazione democratica, ma non è vero che i cittadini non vogliano partecipare. L’iniziativa di oggi (ieri, ndr) di Milano ne è la riprova».
E cosa pensa di coloro che invece hanno devastato Milano?
«Si è trattato di violenza pura e gratuita che non può avere alcuna giustificazione politica».
Ma lei si impegnerebbe a dar vita a una nuova sinistra?
«La mia è un’altra funzione. Sarebbe un errore confondere i ruoli, ma sono convinta che ci sia un grande bisogno di sinistra».
Ci vorrebbe un altro partito di sinistra?
«Ci vorrebbe un partito di sinistra».
In autunno ci sarà la conferenza di organizzazione della Cgil anche per fissare le nuove regole per l’elezione dei gruppi dirigenti. Come sarà scelto il suo successore?
«Siamo ben coscienti che dobbiamo cambiare. La contrattazione non può limitare a tutelare chi è già organizzato, dobbiamo includere tutto il mondo del lavoro. Sarà la nostra riforma strutturale all’interno della quale ci saranno le nuove regole per selezionare i dirigenti. Il prossimo segretario della Cgil sarà eletto da un organismo nel quale la presenza dei delegati dei posti di lavoro sarà superiore a quella degli apparati. E sono certa che queste modalità renderanno protagoniste le nuove generazioni».


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