Pensioni, il giudice all’Inps: «Rimborsi tutto»
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ROMA Parte da Napoli l’attacco al decreto legge del governo sui mini rimborsi ai pensionati dopo la sentenza della Corte Costituzionale. Con un decreto ingiuntivo di venerdì 29 maggio, il tribunale partenopeo, accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Vincenzo Ferrò, ha dato 40 giorni all’Inps per pagare all’assistito — e parente — dello stesso Ferrò 3.074 euro, cioè il rimborso pieno della mancata indicizzazione della pensione al costo della vita nel 2012-2013, spiega l’avvocato.
La decisione del giudice napoletano della sezione lavoro desta stupore poiché è datata 29 maggio appunto, cioè otto giorni dopo l’entrata in vigore del decreto legge col quale il governo ha disciplinato gli effetti della sentenza numero 70 della Corte Costituzionale. Il giudice quindi sembra non aver tenuto conto della legge intervenuta dopo la presentazione del ricorso, il 13 maggio. È chiaro che l’Inps non pagherà, perché se lo facesse, andrebbe contro la legge. Ma in tal caso, spiega l’avvocato, si aprirà un contenzioso davanti alla stessa magistratura.
Insomma, siamo al primo passo di un percorso lungo. E non unico. Lo stesso Ferrò spiega infatti che nei prossimi giorni depositerà altri ricorsi analoghi, mentre l’associazione Codacons sostiene che la decisione del tribunale «avalla la class action da noi avviata, alla quale hanno già aderito oltre 5 mila pensionati con l’invio di una diffida all’Inps e al ministero del Lavoro». Se l’Inps non restituirà integralmente la mancata indicizzazione, dice il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, «scatteranno migliaia di ricorsi che potranno contare sull’importante precedente del tribunale di Napoli».
Si va quindi verso un contenzioso diffuso, come del resto era stato annunciato da molte associazioni all’indomani del decreto del governo, che ha disposto rimborsi medi di 500 euro, cioè il 20-25% del rimborso pieno e limitatamente alle pensioni fino a 6 volte il minimo (meno di 3mila euro lordi). Contenzioso che, molto probabilmente, finirà nuovamente davanti alla Corte costituzionale, quando un giudice, chiamato a decidere nel merito, chiederà alla Consulta di stabilire se il decreto del governo rispetti o meno la Costituzione.
Nei giorni scorsi, il ministro del Lavoro aveva osservato che, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, i pensionati sono ovviamente liberi di fare ricorso, ma «dovranno tener conto del decreto» che, secondo Giuliano Poletti, «ha pienamente ottemperato a quanto la Corte ha in qualche modo sottolineato come limiti della normativa precedente».
Quel decreto legge che invece non pare aver condizionato le decisioni del giudice del tribunale di Napoli, per la gioia di Ferrò e del suo assistito, un ex dirigente delle poste di 82 anni, che prende una pensione di circa 2mila euro al mese (secondo il decreto dovrebbe ricevere 750 euro di rimborso anziché i tremila richiesti) e col quale «c’è un legame di parentela», dice lo stesso Ferrò.
Che aggiunge: «Abbiamo sempre nutrito la massima fiducia nella magistratura ed il nostro non facile lavoro è stato ripagato. Questo è solo il primo di una serie di ricorsi volti ad ottenere il riconoscimento del diritto alla rivalutazione delle pensioni». Ma la strada è lunga.
La decisione del giudice napoletano della sezione lavoro desta stupore poiché è datata 29 maggio appunto, cioè otto giorni dopo l’entrata in vigore del decreto legge col quale il governo ha disciplinato gli effetti della sentenza numero 70 della Corte Costituzionale. Il giudice quindi sembra non aver tenuto conto della legge intervenuta dopo la presentazione del ricorso, il 13 maggio. È chiaro che l’Inps non pagherà, perché se lo facesse, andrebbe contro la legge. Ma in tal caso, spiega l’avvocato, si aprirà un contenzioso davanti alla stessa magistratura.
Insomma, siamo al primo passo di un percorso lungo. E non unico. Lo stesso Ferrò spiega infatti che nei prossimi giorni depositerà altri ricorsi analoghi, mentre l’associazione Codacons sostiene che la decisione del tribunale «avalla la class action da noi avviata, alla quale hanno già aderito oltre 5 mila pensionati con l’invio di una diffida all’Inps e al ministero del Lavoro». Se l’Inps non restituirà integralmente la mancata indicizzazione, dice il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, «scatteranno migliaia di ricorsi che potranno contare sull’importante precedente del tribunale di Napoli».
Si va quindi verso un contenzioso diffuso, come del resto era stato annunciato da molte associazioni all’indomani del decreto del governo, che ha disposto rimborsi medi di 500 euro, cioè il 20-25% del rimborso pieno e limitatamente alle pensioni fino a 6 volte il minimo (meno di 3mila euro lordi). Contenzioso che, molto probabilmente, finirà nuovamente davanti alla Corte costituzionale, quando un giudice, chiamato a decidere nel merito, chiederà alla Consulta di stabilire se il decreto del governo rispetti o meno la Costituzione.
Nei giorni scorsi, il ministro del Lavoro aveva osservato che, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, i pensionati sono ovviamente liberi di fare ricorso, ma «dovranno tener conto del decreto» che, secondo Giuliano Poletti, «ha pienamente ottemperato a quanto la Corte ha in qualche modo sottolineato come limiti della normativa precedente».
Quel decreto legge che invece non pare aver condizionato le decisioni del giudice del tribunale di Napoli, per la gioia di Ferrò e del suo assistito, un ex dirigente delle poste di 82 anni, che prende una pensione di circa 2mila euro al mese (secondo il decreto dovrebbe ricevere 750 euro di rimborso anziché i tremila richiesti) e col quale «c’è un legame di parentela», dice lo stesso Ferrò.
Che aggiunge: «Abbiamo sempre nutrito la massima fiducia nella magistratura ed il nostro non facile lavoro è stato ripagato. Questo è solo il primo di una serie di ricorsi volti ad ottenere il riconoscimento del diritto alla rivalutazione delle pensioni». Ma la strada è lunga.
Enrico Marro
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