Tanti redditi non fanno pri­ma­vera

Tanti redditi non fanno pri­ma­vera

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In que­ste ultime set­ti­mane sem­bra di assi­stere a una pri­ma­vera per il red­dito garan­tito, minimo, di cit­ta­di­nanza, di dignità, che dir si voglia. Qui in Ita­lia, l’unico Paese della «vec­chia Europa», insieme con la Gre­cia, che non ha que­sta misura uni­ver­sa­li­stica nel pro­prio sistema di Wel­fare. E nono­stante la stessa (fan­to­ma­tica?) Europa ce lo chieda dal 1992, con la Rac­co­man­da­zione 92/441/CEE.

Così oggi ci saranno i 19 chi­lo­me­tri di mar­cia Perugia-Assisi per il red­dito di cit­ta­di­nanza, pro­mossa dal Movi­mento 5 Stelle, in soste­gno del loro pro­getto di legge, incar­di­nato al Senato da qual­che mese, insieme con la pro­po­sta sul red­dito minimo garan­tito pre­sen­tata da Sel. Men­tre da giorni sul sito del lea­der pen­ta­stel­lare Beppe Grillo c’è una «mar­cia vir­tuale», sem­pre per il red­dito di cit­ta­di­nanza, che curio­sa­mente riprende la gra­fica usata ora­mai un decen­nio fa per una May­Day parade. Ver­rebbe da sco­mo­dare Giam­bat­ti­sta Vico e Frie­drich Nie­tzsche, piut­to­sto che la tanto sban­die­rata inno­va­zione crea­tiva. O forse il Karl Marx della ripe­ti­zione della sto­ria come farsa. Rischiando di spro­fon­dare tutti nel ridicolo.

Sem­pre noti­zia di ieri: l’area rifor­mi­sta del Pd si com­patta nella pro­po­sta della depu­tata Pd Enza Bruno Bos­sio per un «red­dito minimo: una scelta rifor­mi­sta con­tro la povertà», come ripor­tava il mani­fe­sto dell’affollato incon­tro svol­tosi ieri a Cosenza alla pre­senza, tra gli altri, del Mini­stro del lavoro Giu­liano Poletti. Ma poi si sco­pre sulle pagine di La Repub­blica on line che si è par­lato di un «sus­si­dio uni­ver­sale per chi perde il lavoro»: una pro­po­sta che com­patta l’intero Pd, par­tito di governo. Si spera nei pros­simi giorni si rie­scano ad avere mag­giori chia­ri­menti. E qui si è costretti a tor­nare su que­stioni piut­to­sto note, ma forse non chia­ris­sime: anche a chi ci governa.

Sus­si­dio uni­ver­sale di disoc­cu­pa­zione e red­dito minimo garan­tito sono due misure diverse, che si com­ple­tano in un moderno sistema di Wel­fare uni­ver­sale, ma che non pos­sono sosti­tuirsi o con­fon­dere. Con il primo si pre­vede un soste­gno mone­ta­rio tem­po­ra­neo per tutte le per­sone che per­dono il lavoro, indi­pen­den­te­mente dal tipo di con­tratto di lavoro pre­ce­dente (dipen­dente, auto­nomo, tem­po­ra­neo, a tempo inde­ter­mi­nato, etc.), cui si aggiunge una serie di altri bene­fits. Con il secondo, il red­dito minimo garan­tito, si sosten­gono quelle per­sone che non arri­vano a una deter­mi­nata soglia di red­dito, quan­ti­fi­cata dalle stesse isti­tu­zioni euro­pee nel 60% del red­dito mediano di cia­scun Paese, al quale nor­mal­mente si affian­cano altri benefits.

È una misura volta a tute­lare le per­sone non solo dalla man­canza di una retri­bu­zione, ma anche dai ricatti del lavoro povero (Wor­king Poors), in modo tale che cia­scuno sia nelle con­di­zioni di poter con­durre un’esistenza degna, libera e attiva, come nelle inten­zioni del cele­bre rap­porto di Lord Beve­ridge del 1942: non a caso a fon­da­mento del Wel­fare anglo­sas­sone che ruota intorno agli stru­menti del sus­si­dio uni­ver­sale di disoc­cu­pa­zione (comu­ne­mente defi­nito The Dole, le cui ori­gini si per­dono negli anni Venti) e dell’Income sup­port, per le per­sone che hanno un red­dito basso. Detto per inciso, ricor­dando una sto­ria anche que­sta assai cele­bre, ma che potrebbe dare una spinta punk all’attuale governo del Pd: tra il 1976 e il 1977 i cele­bri The Clash di Joe Strum­mer si for­ma­rono acqui­stando i primi stru­menti e ampli­fi­ca­tori pro­prio gra­zie a que­sti sussidi.

Tor­nando al nostro Paese c’è per for­tuna un ampio fronte di società e di forze poli­ti­che che si com­patta intorno alla cam­pa­gna «red­dito di dignità» pro­mossa da Libera e soste­nuta dal Basic Income Net­work – Ita­lia e dal Cilap, in favore di una legge sul red­dito minimo o di cit­ta­di­nanza che si basi su alcuni, fon­da­men­tali, cri­teri: indi­vi­dua­lità dell’erogazione per tutti i resi­denti, suf­fi­cienza della misura, con­gruità dell’eventuale offerta lavo­ra­tiva. Pro­prio di que­sto si par­lerà il pome­rig­gio del 13 mag­gio nella sede della Fon­da­zione Basso, in via del Governo Vec­chio a Roma, sotto la pro­mo­zione del Bin Ita­lia, con la par­te­ci­pa­zione tra gli altri di Luigi Fer­ra­joli e Ste­fano Rodotà, oltre che dei par­la­men­tari Nun­zia Catalfo (M5S), Ileana Piaz­zoni (Pd), Anto­nio Pla­cido (Sel) per rilan­ciare le ragioni del red­dito e pro­muo­vere un’intesa par­la­men­tare mag­gio­ri­ta­ria intorno alle pro­po­ste di legge attual­mente in discus­sione al Senato.

Difatti siamo a un pas­sag­gio par­la­men­tare forse fon­da­men­tale, qua­lora dav­vero ci fosse que­sta volontà. Così i rav­ve­duti par­la­men­tari «rifor­mi­sti» del Pd potreb­bero incon­trare Anna­ma­ria Parente. Non dovrebbe risul­tare dif­fi­cile, essendo Parente una sena­trice sem­pre Pd, inca­ri­cata rela­trice del pro­getto di legge che uni­fica le pro­po­ste di legge su red­dito minimo garan­tito (Sel) e red­dito di cit­ta­di­nanza (M5s) attual­mente nella Com­mis­sione lavoro del Senato. Ce la faranno ad incon­trarsi? Stando nello stesso par­tito e Par­la­mento non dovrebbe risul­tare così ostico.



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